Museo dell'Abbazia di San Colombano

Abbazia di San Colombano Bobbio
Notizie storico-critiche:
Giunge alla Basilica di San Colombano con atto/donazione papale nel 1207.
Si tratta della parte cava di una zanna d'elefante (per reperibiltà all'epoca dell'esecuzione si potrebbe dedurre che fosse africano piuttosto che indiano) dello spessore di ca. 6-12mm alla base e di ca. 7-10mm alla sommità.

Stato di conservazione:
Il bordo superiore interno è stato smussato per ottenere un effetto estetico di maggiore sottigliezza e di una certa omogeneità. La parte inferiore è stata fortemente mutilata: si riconoscono teste e corpi tagliati oltre che un pezzo tagliato al di sotto della figura di Orfeo.
La patina marrone chiaro/giallastro indica un invecchiamento di vari secoli aggiunta a uno strato di sporco superficiale che dà una colorazione grigiastra.
Lungo il bordo superiore si notano alterazioni di colore causate da un filo di ferro sottile ancora presente nella profondità dell'intaglio. L'ossidazione del ferro e la conseguente formazione di ruggine sono penetrate nell'avorio tingendolo di marrone scuro. La pisside è divisa in quattro parti di larghezze diverse (11,5cm, 4,4cm, 8,3cm, 17cm esterno- base). Mancano alcuni elementi dell'intaglio, soprattutto nelle parti più sporgenti ( braccio del fauno, zampa della leonessa, muso del leone, parte posteriore del cane, piede del cavaliere, zampa del cervo clava del centauro, mano e punta del piede di Orfeo). Un altro danno è causato dal taglio della base eseguito in modo imperfetto. Sono presenti fori (ca. 24) praticati in maniera irregolare sulla superficie esterna e interna.
Descrizione dell'intervento:
-pulitura da polveri ed altri residui appoggiati nel tempo sulla superficie eburnea tramite batuffoli di cotone inumiditi di acqua demineralizzata, con l'ausilio legni con punte fini e cotone.
-incollaggio delle singole parti con la colla K 60 (reversibile in acetone, applicabile e resistente anche in spessori piccoli). Per rassicurare ulteriormente la tenuta fra i frammenti sono state applicate delle "graffette" in osso composte da due perni appoggiati tramite colla nei fori già esistenti e tenuti insieme da una tavoletta liscia, incollata anch'essa sempre con K60. Il trattamento della superficie dopo la pulitura è stato studiato con attenzione: l'avorio si presentava molto impoverito, secco, di conseguenza è stato nutrito utilizzando olio di mandorla steso a pennello.