Palazzo Magnani
Corso Garibaldi, 29
Reggio Emilia (RE)
dipinto
tela/ pittura a olio

sec. XX

"L'avvio [di Catellani] è in chiave realista, ponendosi presto, però, sulla via dell'astrazione, derivando valenze cromatiche e compositive da Birolli e De Stael. [...]. La sua, [...], è una pittura all'opposto dell'impeto gestuale, poichè nasce da un lento lavoro di stesura di forme e colori, ciascuno dei quali occupa una precisa porzione di spazio, [...]." (Berti G., Gualdi S., Mussini M., 1998, p. 16)
In relazione alla distanza di Catellani dall'impeto gestuale si pone anche l'”intimismo”, vivo e sempre presente nelle sue opere che segnala la repulsione per ogni forma di spettacolarità. Umberto Nobili nel 1997 sottolinea infatti come “l'artista persino nei lavori di significato celebrativo e di grande impianto dimensionale ha puntato su nodi compositivi che esigono il colloquio da vicino e ispirano il canto sussurrato e confidenziale invece che il proclama gridato […]. Il fondo tematico è costantemente pronto ad assorbire i turbamenti, le inquietudini, le malinconie o le tenerezze piuttosto che le certezze assolute o le felicità dichiarate a gran voce; i toni con cui viene declinata la flessibilità interiore sono quelli della pacatezza […]”. (Nobili U., 1997, p. 15)
“Lo spunto paesaggistico è [per Catellani] un'occasione per ricreare sull'onda di emozioni visive assolutamente soggettive o sul filo di personali memorie un universo incantato ove cielo, terra, acqua, sole e notte, alberi e cose si incontrano per svelare all'uomo la loro intima essenza racchiusa in quella sfera incontaminata di purezza che alimenta da sempre i sogni degli artisti e dei poeti” (op. cit., p. 23)