Pinacoteca Civica Domenico Inzaghi
Via Mentana, 32
Budrio (BO)
Ferretti Giovanni Domenico detto Giovanni Domenico da Imola
1692/ 1768
dipinto

tela/ pittura a olio
cm. 104 (la) 133 (a)
sec. XVIII (1720 - 1739)
L'attribuzione all'estroso artista toscano, che fu allievo a Bologna di Francesco Torelli, è stata formulata indipendentemente da R. Roli e M. Ferretti (com. orali) e può essere dimostrata agevolmente attraverso il confronto con le sue opere mature. La stessa amplificazione formale, desunta dai bolognesi (Dal Sole, Crespi, il giovane Monti), ricorre nelle opere eseguite dal Pittore negli anni '20-'30 del XVIII secolo: si ricordino ad esempio l'ovato con le Sante Caterina da Siena e Teresa d'Avila del Museo di Castiglion Fiorentino, datato 1723, o il Redentore benedicente, firmato e datato 1726, già nella Cattedrale di Imola ed ora ad Albereto, nel faentino (cfr. E. G. Maser, Gian Domenico Ferretti, Firenze, 1968, nn. 35, 38, figg. 28, 31), nonchè i bellissimi affreschi nella Badia di Firenze, eseguiti entro il 1735. Ancora negli anni '20 dovrebbe cadere, secondo Maser (op. cit., nn. 21-22, figg. 12-13), un pendant di ovali raffiguranti la Madonna e San Giuseppe tuttora conservati nella cappella Vespucci della chiesa di Ognissanti a Firenze, dove il pittore ripropone con modeste varianti la stessa immagine della Vergine usata nel quadro di Budrio. Le ripetute occasioni di lavoro fornite all'artista, anche dopo che questi si era trasferito in Toscana, dal bolognese Ulisse Gozzadini, vescovo di Imola dal 1710 al 1728 e suo protettore (cfr. D. Benati, Per Antonio Corbara: tre temi romagnoli dal '500 al '700, in Atti del Convegno in onore di Antonio Corbara, Faenza, 1994, pp. 144-146), possono giustificare la presenza di questo dipinto tra i quadri raccolti da Domenico Inzaghi. In proposito si può ricordare che, pur senza specificare il soggetto, nella seconda metà del XVIII secolo Marcello Oretti riferiva al Ferretti anche la "tavola d'altare", al momento dispersa, della cappella di villa Gozzadini a Villanova di Castenaso. E' assai probabile che il dipinto ora a Budrio, il cui formato ben si addice all'ornamento di oratorio aristocratico, vada appunto identificato con quello citato.