Museo Internazionale e Biblioteca della Musica
Strada Maggiore, 34
Bologna (BO)
Simiot Jacques Francois
notizie 1803-1835
clarinetto in Do

legno di bosso,
legno di ebano,
avorio,
ottone,
cuoio
mm
Misure: lu. totale 601,8//lu. del bocchino 74,8//distanza tra l'estremità superiore del barilotto e p 130,8//I 148,8//II 174,5//III 200,5//IV 237,3//V 264,4//VI 291,2//m 319,5//diametro della cameratura nel pezzo superiore 14.,
Altre misure approssimative: lu. del tenone del bocchino 16//lu. del banlotto 48//lu. del pezzo superiore 160,2//lu. del tenone superiore del pezzo superiore 20//lu. del tenone inferiore del pezzo superiore 20//lu. del pezzo centrale 91,2//lu. del tenone
sec. XIX (1810 - 1810)
n. 1835
In sei pezzi. Il barilotto è tornito a rigonfiamento; c'è un altro rigonfiamento all'estremità superiore del pezzo inferiore. Il pezzo superiore ha due anelli torniti dal legno del tubo per il supporto delle chiavi La e Sib. 11 bocchino è di ebano. Ci sono anelli di avorio alle due estremità del barilotto, alle estremità superiori del pezzo centrale, del pezzo inferiore e della campana, e intorno all'uscita. C'è un foro boemo per Fa2.
Sei chiavi (le cinque normali per Mi2, Fadiesis2, Soldiesis2, La3 e Sib3, e inoltre una chiave chiusa di risonanza per Si2 per l'anulare destro). Le chiavi sono di ottone. I piattini sono rettangolari e piatti, e hanno una guarnizione di cuoio. Dei piattini delle chiavi chiuse quelli di Soldiesis, Si, La e Sib sono fatti in un solo pezzo con le leve, mentre quello di Fadiesis è saldato alla leva. Le palette sono ovali tranne quella di Soldiesis che ha una curvatura di 180°. La leva di Mi come pure le chiavi Fadiesis e Soldiesis hanno supporti nel rigonfiamento del pezzo inferiore; il piattino di Mi e la chiave Si hanno supporti in blocchetti ricavati dal legno del tubo; le chiavi La e Sib hanno supporti nei due anelli del pezzo superiore. Le molle di ottone sono ribadite alle palette.

Negli strumenti ad ancia quest'ultima era spesso doppia, anche se a volte era applicata un'ancia semplice battente. Questo tipo ha la sua origine nel bacino orientale del Mediterraneo, essendo usato anche dagli Egizi e dai Fenici. Tali strumenti, benché ormai senza raddoppiamento, sono usati nel Caucaso, in Cina (kuantzu) e in Giappone (hiciriki). A prescindere dal Caucaso, questo tipo è ormai estinto in Europa.
I clarinetti popolari furono il punto di partenza per lo sviluppo del clarinetto in Europa all'inizio del secolo XVIII.
Dal clarinetto popolare con ancia battente semplice con un unico tubo, chiamato chalumeau, Johann Christoph Denner a Norimberga sviluppò uno chalumeau con un maggior numero di possibilità all'inizio del secolo XVIII. Egli sostituì il tubetto idioglotto con un bocchino in forma di becco d'uccello, a cui l'ancia separata viene legata con una corda di seta. Dato che bocchino e ancia sono parti separate in tali strumenti, questi sono chiamati nella terminologia organologica eteroglotti. Già nel secolo XVIII gli chalumeaux erano costruiti in vari formati, quindi con fondamentali diversi. Gli chalumeaux soprani constano di due pezzi: il bocchino in forma di becco d'uccello, a cui è applicata l'ancia semplice, con un rigonfiamento all'estremità inferiore con mortasa, dove è inserito il tenone all'estremità superiore della parte principale della strumento, e appunto questa parte principale coi fori I-VI sul davanti. Questi ultimi emettono, quando vengono aperti uno dopo l'altro, la scala diatonica di Sol maggiore da Sol3 a Fadiesis4. Sul davanti c'è poi un foro duplicato per il mignolo destro oppure sinistro (m); quando questo viene chiuso lo strumento emette Fa3. C'è inoltre sul retro un foro per il pollice (p), più alto del foro I. Aprendo questo foro, lo strumento emette Sol4. Infine ci sono due chiavi chiuse montate in supporti in un anello tornito vicino all'estremità superiore della parte principale. Aprendo con l'indice della mano superiore la chiave sul davanti del tubo, si produce La4 quando si apre col pollice della mano superiore la chiave sul retro, lo strumento emette Si4. Uno chalumeau soprano ha quindi l'ambito da Fa3 a Si4. Gli armonici sono praticamente impossibili; eccezionalmente si trova Do5, armonico di Fa3.
La cameratura dello chalumeau è cilindrica. Ora, una Cameratura cilindrica in combinazione con un 'ancia (semplice o doppia) ha certe caratteristiche acustiche. Il tubo d'un tale strumento si comporta come un tubo d'organo chiuso. La prima conseguenza è la lunghezza del tubo: un tubo d'organo chiuso o uno strumento ad ancia con cameratura cilindrica ha una lunghezza che è circa la metà di quella necessaria per un tubo d'organo aperto o d'uno strumento che si comporta come tale, con lo stesso fondamentale. Un flauto dolce con fondamentale Fa3 ha una distanza tra il bordo superiore della bocca e l'uscita di 440-480 mm, uno chalumeau col fondamentale Fa3 misura poco più di 220 mm. - La seconda conseguenza è che uno strumento ad ancia con cameratura cilindrica, come un tubo d'organo chiuso, ha armonici diversi da quelli emessi da tubi di organi aperti o da strumenti comportantisi come questi. Come s'è già detto, gli armonici d'un flauto dolce sono l'ottava, la duodecima la decima quinta, la decimasettima, la decimanona ecc. del fondamentale. Uno strumento come lo chalumeau invece ha come armonici: la duodecima, la decimasettima ecc. del fondamentale. Questa produzione di armonici non solo influisce sul timbro, ma anche sull'estensione dell'ambito verso gli acuti. E per questa ragione che abbiamo detto che l'eventuale Do5 sullo chalumeau soprano si produce come armonico di Fa3.
Ci sono anche chalumeaux più grandi, soprattutto coi fondamentali Do3 e Fa2. Questi sono fatti normalmente in tre pezzi: dalla parte principale è staccato il piede col foro m. Dato che il piede è girevole, basta fornire un unico foro m.
La parte principale del tubo ha tenoni alle estremità superiore e inferiore che corrispondono a mortase all'estremità inferiore del bocchino, e a quella superiore del piede. Il bocchino e il piede hanno rigonfiamenti intorno alle mortase; il foro m attraversa il rigonfiamento del piede. Un tale chalumeau assomiglia molto a un flauto dolce. Non è da dimenticare che Johann Christoph Denner e suo figlio Jacob erano soprattutto costruttori di flauti dolci. Non è dunque da meravigliarsi che i loro chalumeaux diano l'impressione d'essere flauti dolci.
Uno chalumeau su Do3 ha una lunghezza di circa 330 mm, uno su Fa2 di circa 440 mm. (Flauti dolci su questi fondamentali avrebbero approssimativamente la lunghezza doppia). Ci sono anche chalumeaux con tubi più lunghi, specialmente strumenti col fondamentale Fa1, eventualmente con chiavi aperte d'estensione per portare l'ambito sino a Do1. Chalumeaux di quest'ultimo tipo hanno quindi quasi l'ambito del fagotto.
Gli chalumeaux sono prescritti da vari compositori dell'epoca barocca sino agli anni 1760. Antonio Vivaldi dà come traslitterazione del nome dello strumento scialmò.
Lo chalumeau in senso stretto è un tipo di strumento non rappresentato in questa collezione. Abbiamo però trattato di questo tipo di strumento perché funzionale alla comprensione dei clarinetti.
Lo chalumeau col fondamentale Fa2 fu il punto di partenza dello sviluppo del clarinetto normale. Poco tempo dopo, ancora nel secolo XVIII, furono derivati dal clarinetto normale altri strumenti simili - il clarinetto basso, il corno bassetto e il clarinetto d'amore - che formano una nuova famiglia.
La transizione dallo chalumeau col fondamentale Fa2 al clarinetto normale è dovuta a Johann Christoph Denner, costruttore di strumenti a fiato in legno a Norimberga, il quale realizzò tale transizione nei primi anni del secolo XVIII. Il cambiamento consiste soprattutto in due elementi. In primo luogo il piede dello chalumeau, in cui la cameratura cilindrica è continuata sino all'uscita, viene sostituito con una vera campana, in cui la cameratura, dopo la sezione cilindrica, si allarga notevolmente verso l'uscita. Tuttavia, la maggior parte della cameratura del clarinetto rimane cilindrica, quindi il clarinetto si comporta acusticamente come un tubo d'organo chiuso. La conseguenza più importante di ciò è che anche qui gli armonici sono non l'ottava, la duodecima, la decimaquinta ecc., del fondamentale, bensì solo la duodecima e la decimasettima. In secondo luogo, la chiave posteriore per il pollice della mano superiore fu spostata un poco in su, e vi fu immesso un tubetto di ottone (più tardi eventualmente di alpacca). Tale tubetto si trova ancora oggi nei clarinetti. Con questa chiave per il pollice della mano superiore aperta si produce Sib invece di Si, e con l'aiuto di questa chiave è relativamente facile produrre gli armonici. Così, l'ambito del clarinetto è portato per lo meno sino a Do5 (armonica di Fa3), successivamente persino più oltre, attualmente sino a Do6.
Anche col clarinetto le note cromatiche si producono con l'aiuto di chiusure parziali dei fori, o mediante diteggiature a forcella. Un'unica nota rimane impossibile con un clarinetto come quello descritto sopra: il Sib3 si produce con l'apertura di tutti i fori e entrambe le chiavi, il Do4 si realizza come armonico di Fa2, ma non c'è il Si3.
I primi clarinetti constano, come gli chalumeaux e i flauti dolci della stessa epoca, di tre pezzi: il bocchino con un rigonfiamento all'estremità inferiore; il corpo coi fori p, I-VI e le due chiavi, ormai con supporti non più in un unico anello, ma in due anelli ricavati dal legno del tubo, e con tenoni alle due estremità, e la campana con un rigonfiamento all'estremità superiore, rigonfiamento che il foro m attraversa.
Lo sviluppo ulteriore del clarinetto consiste in vari elementi. In primo luogo il bocchino viene suddiviso. Già intorno al 1720 il bocchino è diviso in due pezzi: il bocchino propriamente detto in forma di becco d'uccello, con un tenone all'estremità inferiore e il rigonfiamento, adesso chiamato barilotto con mortase a entrambe le estremità. Più o meno nello stesso periodo il corpo è suddiviso in due pezzi: uno coi fori p, I-III e le due chiavi con supporti in due anelli e con tenoni a entrambe le estremità, e un pezzo coi fori IV - VI, con un tenone all'estremità inferiore. Probabilmente intorno al 1750 quando furono aggiunte altre chiavi, su cui torneremo, la campana è suddivisa in una parte con rigonfiamento all'estremità superiore, col foro m e con le chiavi aggiunte e con un tenone all'estremità inferiore, e la campana propriamente detta, con una mortasa con rigonfiamento all'estremità superiore. Dopo questi cambiamenti un clarinetto consta dunque normalmente di sei pezzi:
1. bocchino (con un tenone all'estremità inferiore);
2. barilotto (con mortase a entrambe le estremità);
3. pezzo superiore (cilindrico, coi fori p, I-III e due chiavi; con tenoni a entrambe le estremità);
4. pezzo centrale (cilindrico, coi fori IV-VI; con un tenone all'estremità inferiore);
5. pezzo inferiore (conico, col foro m e le chiavi aggiunte; con un rigonfiamento all'estremità superiore, e con un tenone all'estremità inferiore);
6. campana (iperbolica, con rigonfiamento all'estremità superiore).
Intorno alle mortase il legno del tubo è dunque rinforzato anche nel clarinetto con rigonfiamenti che possono essere provvisti di anelli di avorio o di corno, eventualmente di ghiere metalliche. Come nei flauti e negli oboi, i rigonfiamenti diventano sempre più lievi verso la fine del secolo XVIII e all'inizio del XIX, per poi sparire interamente, con l'eccezione del rigonfiamento del barilotto che si può osservare ancora nei clarinetti odierni. Inoltre, le giunture vengono rinforzati con sempre maggiore frequenza con ghiere metalliche invece che con anelli di avorio o di corno; il clarinetto odierno ha esclusivamente ghiere metalliche alle giunture.
Il secondo elemento dello sviluppo del clarinetto nella seconda metà del secolo XVIII consiste nell'aggiunta di tre chiavi. Innanzitutto viene aggiunta una chiave col foro molto vicino all'allargamento della campana. Questa chiave è sempre aperta ed è da chiudere inizialmente con uno dei pollici, ma poi sempre - anche sui clarinetti odierni - col mignolo della mano sinistra. A questo scopo la chiave è provvista d'una leva lunga. Chiudendo questa chiave, si produce Mi2, ma soprattutto si genera il primo armonico Si3, che, come s'è già detto, mancava ancora. Quando esattamente sia stata aggiunta per la prima volta questa chiave, è un problema che non vogliamo cercare di risolvere in questa sede. Inoltre, la produzione delle note Fa 2 e Soldiesis2 e dei loro armonici Dodiesis4 e Mib4 risultava difficile. Poco dopo il 1750 vengono aggiunte due chiavi chiuse per queste note, quella per Soldiesis2 per il mignolo destro, quella per Fadiesis2, come quella per Mi2, con una leva lunga per il mignolo sinistro. E da notare che in questa costruzione con cinque chiavi teoricamente la chiave Soldiesis2 dovrebbe essere situata al di sopra del foro m. Sino all'inizio del secolo XIX, però, il foro m per Fa2 attraversa il rigonfiamento all'estremità superiore del pezzo inferiore, mentre la chiave Soldiesis2 avendo un supporto in questo rigonfiamento, ha un foro al di sotto del foro m. Un tale foro m, situato in un punto acusticamente illogico, è generalmente designato come foro boemo.
Clarinetti con queste cinque chiavi (chiave aperta per Mi2, chiavi chiuse per Fadiesis2, Soldiesis2, La3 e Sib3) e col foro boemo sono tipici per la seconda metà del secolo XVIII e sono ancora costruiti sino al 1825 all'incirca.
Frattanto, però, come nei flauti traversi e negli oboi, vengono aggiunte anche altre chiavi chiuse soprattutto per la realizzazione delle note cromatiche. Intorno al 1800 si trova a volte:
Dodiesis3 (chiave traversa chiusa col piattino a sinistra o a destra per il mignolo sinistro).
Nei seguenti 25 anni vengono aggiunte le chiavi:
Sib2 (chiave traversa chiusa col piattino a sinistra o a destra, per l'anulare destro);
Si2 (chiave chiusa di risonanza per l'anulare destro, da paragonare col Fadiesis sul flauto traverso e sull'oboe);
Mib3 (chiave traversa chiusa, generalmente col piattino a sinistra, per l'anulare sinistro, oppure con una leva lunga per l'indice destro);
Fa3 (chiave chiusa con una leva lunga per l'indice destro, eventualmente per l'anulare destro);
Soldiesis3 (chiave chiusa per l'indice o il medio Sinistro).
Un problema da risolvere è quello del trillo La3 o Ladiesis3 - Si3. Qui si presenta lo stesso problema che abbiamo già incontrato nel flauto traverso, in cui è problematico il trillo Do4 o Do diesis4 - Re4. Con un clarinetto senza congegno speciale questo trillo è impossibile: La3 e Ladiesis
3 si producono con tutti i fori e tutte le chiavi aperti (tranne, nel caso di La3, la Chiave Sib3), mentre Si3 si suona come armonico di Mi2 con tutti i fori e quasi tutte le chiavi chiuse. Per rendere possibile questo trillo, viene aggiunta una chiave per Si3 (chiave chiusa con leva lunga per l'indice destro).
Iwan Mueller (1786-1854) fu probabilmente il primo a ideare un clarinetto in cui il foro boemo con la sua posizione antiacustica è abolito e sostituito con una chiave aperta a leva a un braccio, per il mignolo destro, in una posizione acusticamente corretta. Il suo clarinetto a tredici chiavi (Mi2, Fadiesis2, Fa2, Soldiesis2, Sib2, Si2, Dodiesis3, Mib3, Fa3, Soldiesis3, La3, Sib3, Si3) fu presentato già nel 1812.
Furono infine applicati al clarinetto certi principi desunti dal sistema Böhm: i fori per le dita furono posti nei punti giusti del tubo, inoltre fu ideato un sistema di chiavi, e soprattutto, di anelli mobili per rendere possibili le diteggiature per tutte le note. Nel 1839 Louis Auguste Buffet a Parigi ideò un primo sistema con un anello mobile sopra il foro II per azionare una chiave di risonanza Mi3, con anelli mobili sopra i fori IV, Ve VI per azionare una chiave di risonanza Si2, e con le chiavi e gli anelli mobili attaccati ad assi con supporti in colonnini. I clarinetti nctn 00000031 e inv. 1789, scheda van der Meer 62, di questa collezione hanno un tale sistema di chiavi e anelli mobili. Hyacinthe Klosé, professore di clarinetto al Conservatorio di Parigi, ideò poi un sistema più perfetto, che fece eseguire anche da Buffet, sistema che fu brevettato nel 1844. Quest'ultimo sistema non è rappresentato in questa collezione. Ambedue i sistemi - chiamati Böhm parziale e Böhm completo - furono ideati a Parigi senza la collaborazione di Theobald Böhm. Infatti, in origine i sistemi furono chiamati systèmes à anneaux mobiles.
Adesso anche le leve lunghe per Mi2, Fa 2 e Soldiesis2 sono attaccate ad assi che devono attraversare la giuntura tra il pezzo centrale e quello inferiore. Per evitare complicazioni nella struttura delle chiavi, viene abolita la giuntura tra questi due pezzi. Così si genera un clarinetto composto di cinque pezzi: bocchino, barilotto, pezzo superiore, pezzo inferiore (contenente i fori da IV in basso sino alla campana), e campana.
Intorno al 1830 è poi introdotta la fascetta di metallo con due viti per fermare l'ancia, benché il vecchio sistema, in cui l'ancia è fermata con una corda di seta, non sia totalmente abbandonato, persino al giorno d'oggi.
Intorno allo stesso anno è cambiata la posizione dell'ancia:
mentre prima si soleva suonare con la faccia del bocchino con l'ancia di sopra, dopo di allora si usa, sino ad oggi, la posizione inversa, dunque con la faccia del bocchino con l'ancia di sotto.
Il clarinetto è il più delle volte uno strumento traspositore. Già all'inizio s'incontrano varie tonalità; quelle più frequenti sono:
- in Mib (traspositore d'una terza minore più alta; generalmente in uso nella banda, e occasionalmente, per realizzare effetti speciali, nell'orchestra sinfonica);
- in Do (non traspositore; in uso nell'orchestra sino al 1850, dopo quella data invece molto raramente; il clarinetto in Do ha un timbro alquanto volgare);
- in Sib (traspositore d'un tono più basso; il clarinetto più comune sia nella banda, sia nell'orchestra);
- in La (traspositore d'una terza minore più bassa; in uso nell'orchestra).
Abbiamo accennato al fatto che per i flauti e per gli oboi si usavano pezzi di ricambio per adattare lo strumento a coristi diversi. Ci sono anche clarinetti con pezzi di ricambio - generalmente il barilotto, il pezzo superiore e quello centrale - che servono, però, non per l'adattamento a coristi diversi, ma per cambiare la tonalità. Il caso più frequente è quello dei clarinetti in Sib con pezzi di ricambio per cambiare la tonalità in La. Ci sono anche clarinetti in Mib con pezzi di ricambio per Re, e clarinetti in Do con pezzi di ricambio per Sib.
A parte i formati dettati dalle tonalità, la famiglia dei clarinetti fu ampliata già nel secolo XVIII con lo sviluppo d'altri membri. Intorno al 1740 appare il corno bassetto (non più corno del corno inglese), intorno al 1775 il clarinetto d'amore, all'inizio del secolo XIX il clarinetto contralto in Fa (traspositore d'una quinta più bassa). Il clarinetto basso, traspositore d'una ottava, d'una nona maggiore o d'una decima minore più bassa, esiste già all'inizio del secolo XVIII. Il clarinetto contrabbasso s'incontra molto raramente dopo il 1830. Di questi membri della famiglia dei clarinetti
sono rappresentati in questa collezione solo il clarinetto d'amore e il clarinetto basso.
Jacques François Simiot fu attivo a Lione dal 1803 circa, sino al 1835 circa come costruttore di clarinetti, fagotti e corni bassi. Introdusse molte innovazioni al clarinetto, soprattutto nell'applicazione del sistema delle chiavi. Già nel 1803 aveva ideato un clarinetto a 12 chiavi. Tuttavia continuò nei primi anni della sua attività a costruire clarinetti con un numero di chiavi tra cinque e sette; probabilmente tali strumenti più semplici furono costruiti da lui solo nel primo decennio del secolo XIX.