Palagi Pelagio
1775/ 1860
dipinto

tela/ pittura a olio
cm. 140 (la) 85.3 (a)
sec. XIX (1853 - 1855)
n. H 1771
Forma rettangolare, leggibilità orizzontale. Bozzetto non finito con figura vista di schiena, che si libra in volo, allargando le braccia.

La realizzazione del grande quadro per il centro del lacunare della Sala da Ballo di Palazzo Reale, a Torino, ebbe una lunga gestazione, intercalata da diverse fasi d'esecuzione; ed il tema, solitamente intitolato "Trionfo di Apollo" (F. Dalmasso, in Pelagio Palagi artista e collezionista,1976, pp. 205-207), illustra un soggetto allegorico più complesso ricavabile dal titolo scritto alla base dell'opera, ossia "Coll'assistenza degli Dei usando dei piaceri onesti abbelliti dagli insegnamenti delle Muse liete scorrono le Ore a misura del moto armonico del Tempo". Commessogli dall'allora re Carlo Alberto sul finire degli anni Trenta, venne pensato dal Palagi in quella che sarebbe stata la sua redazione definitiva, già nel 1839, anno nel quale realizzò il disegno preparatorio finito, firmato e datato in calce (Torino, Collezione privata, cfr. F. Dalmasso in "Cultura figurativa...", 1980, pp.441-442). Il presente bozzetto fa parte di quattro delle cinque figure centrali del dipinto, e precisamente le Ore, che personificano le quattro stagioni, e il genio musicante, che ne scandisce il movimento armonico; e di ognuno esistono i disegni preparatori, eseguiti al tratto (Biblioteca dell'Archiginnasio, Disegni Palagi, nn.1908-1912), nei quali è verificabile l'assenza di ripensamenti dell'artista. Il grande dipinto venne finito dal Palagi all'inizio del 1859 e collocato nella sede preposta nel 1860, poco prima della sua dipartita; in esso sono evidenti numerose autocitazioni, dai Dioscuri alle maschere, alle Ore assai simili alle Grazie della "Nascita di Venere" del 1831, alle figure mitologiche recuperate dal repertorio giovanile al quale il pittore non smise mai di attingere; ma soparttutto è evidente una mente non più fresca ed energica, che si rispecchia in uno stile pittorico ormai diventato maniera di se stesso. (cfr. Collina C., in Pelagio Palagi pittore, 1996, pp.187-189)