Fondazione Museo Antonio Ligabue
Piazza Bentivoglio, 36
Gualtieri (RE)
Clerici Fabrizio
1913/ 1993
dipinto

carta/ inchiostro di china
cm. 30 (la) 36 (a)
sec. XX (1970 - 1980)
L'opera ritrae una donna dai lunghi capelli a sinistra e, in alto a destra, un leone accovacciato.

L'opera appartiene all'insieme di schizzi, disegni e dipinti che Fabrizio Clerici donò a Umberto Tirelli, al quale era legato da profonda amicizia fin dagli anni trenta. Le opere di Clerici costituiscono il nucleo fondamentale della collezione Tirelli e testimoniano lo stile estroso dell'artista. Spesso documentano giovani, episodi di vita privata oppure si tratta di bozzetti per scene teatrali. Ha scritto di lui Federico Zeri: "(...) Già negli anni '40, si avverte nel Clerici una passione e una curiosità insaziabili verso l'antichità classica, vista e studiata molto spesso sul luogo medesimo dei suoi avanzi e dei suoi monumenti: Palmira, Edfu, il Nimrud Dagh, le città circolari dell'Asia centrale, la Roma del tardo-Impero, per scendere verso noi sino alla scultura barocca, a Guido Reni, al Piranesi e al Böcklin. Questa vastità di interessi archeologici e storico-artistici (che presenta talvolta puntate di acume e profondità sorprendenti anche per uno specialista nel campo specifico) non viene resa dal Clerici con l'inerte, anche se ammirata, venerazione del turista di professione o del topo di biblioteca erudito, che conosce tutto e niente più; la sua meditata elaborazione è sorretta da un'altrettanta profonda e quotidiana frequenza con tutti i modi di comunicazione tipici di questa seconda metà del Secolo XX, dal cinema agli scrittori di Fantascienza, dalle insegne pubblicitarie alla musica elettronica... Auspice Savinio, con il suo grande fratello Giorgio De Chirico, questo sterminato materiale di visibilità e di cultura viene interpretato dal Clerici nei modi di un surrealismo intellettuale; e a tale definizione partecipano anche spunti di strutturalismo e di linguistica, come accade nei dipinti in cui il monolite di Assuan o di Baalbek si tramuta in una molletta da stenditoio, secondo un processo di spiazzamento dal quale il modesto oggetto di uso quotidiano riceve una grandiosa, misteriosa nobiltà (...)".