Museo della Città
Via L. Tonini, 1 (Domus del Chirurgo - piazza Ferrari)
Rimini (RN)
Marchetti Marco detto Marco da Faenza
1528 (?)/ 1588
lacunare

tavola/ pittura a olio
cm. 159.5 (la) 63.5 (a)
altezza superficie dipinta al centro 5,5//larghezza superficie dipinta al centro 88,5//altezza trofeo di sinistra 49,5//larghezza trofeo di sinistra 14//altezza trofeo di destra 50,5//larghezza trofeo di destra 14
sec. XVI (1570 - 1570)
n. 56 PQ
In primo piano si scorge un soldato romano a cavallo nell'atto di uccidere un nemico ormai caduto a terra, mentre sullo sfondo appare la città in fiamme e una moltitudine di persone in fuga. Nelle scene laterali: trofei di armi.

Insieme alle altre sei tavole costituisce quanto rimane del ciclo commissionato a Marco Marchetti il 2 marzo 1570 da Carlo Marcheselli per il soffitto della sala nobile del proprio palazzo in Rimini (cfr. in Archivio di Stato di Rimini, Notaio Vincenzo Tutorini, Rogo 2 Marzo 1570, f. 31 r. e. v.). L'edificio, iniziato per Carlo Maschi nei primi anni del XVI secolo, passò in seguito alla famigli Marcheselli e, nel 1770, ai Lettimi. Il ciclo pittorico, insieme al palazzo, divenne di proprietà del Comune di Rimini nel 1903 per lascito testamentario dell'ultimo proprietario Giovanni Lettimi, mentre le tavole superstiti furono trasferite al Museo dopo i gravi danni subiti dal palazzo stesso durante l'ultima guerra. I soggetti delle tavole del soffitto raffigurano episodi della campagna bellica di Scipione in Spagna, così come il fregio ad affresco che decorava le pareti della sala, andato completamente distrutto, era dedicato alle imprese di guerra in Africa. I fatti di Scipione l'Africano sono il primo ciclo di "affresco" ideato da Marchetti di cui abbiamo testimonianza. Pittore tra i maggiori del suo tempo nell'ambito della decorazione a grottesche (l'artista faentino era stato uno degli aiuti di Francesco Salviati per gli affreschi biblici e mitologici di Palazzo Ricci a Roma e quindi il principale collaboratore di Giorgio Vasari nella grande impresa decorativa di Palazzo Vecchio a Firenze) Marchetti sperimenta in quest'opera quella estrosità narrativa, basata esclusivamente sull'eleganza decorativa del disegno e sulla velocità del tocco, qualità queste che insieme all'essenzialità delle forme e la loro caratterizzazione mediate incisive lumeggiature, fanno di questo ciclo un valido esempio di pittura manierista.
Nel 1976 si è provveduto al cosolidamento del supporto ligneo, alla parchettatura posteriore, pulitura, stuccatura ed integrazione della superficie pittorica, mentre nel 1992 è stato effettuato un intervento di manutenzione.