tavola/ pittura a tempera
altezza con cornice 355//larghezza 253
sec. XV (1495 - 1497)
Quet'opera fu realizzata appositamente per l'altare maggiore della Chiesa dell'Annunziata o del Carmine a Forlì ed è considerata la più celebre fra quelle del Palmezzano. La critica è generalmente concorde sull'attribuzione al Palmezzano, anche se vi sono state alcune ipotesi divergenti che proponevano il nome di Marco Valerio Morolini (Casali) e di Melozzo degli Ambrogi (Schmarsow, Calzini). Il nome di Morolini fu letto dal Casali sul quadro della Santissima Trinità, anch'esso in Pinacoteca. Probabilmente, riferisce il Grigioni (1956) si trattò di un'inesatta initerpretazione di una firma frammentaria del Palmezzano. L'attribuzione al Palmezzano si deve a Cesare Gnudi (1938) e precisamente al tempo immediatamente seguente i lavori della decorazione della volta della Cappella Feo, condotti al fianco di Melozzo, cioè alla fine dell'ultimo decennio del secolo XV, o ai primissimi inizi del successivo. Secondo Viroli (1980) l'influsso del Melozzo è qui evidentissimo "nella rigorosa costruzione architettonica, nella rigidità di squadro geometrico che si riversa anche sui personggi e sui loro gesti, nella concezione spaziale di ampio respiro dello sfondo. La larga e robusta semplificazione volumetrica delle forme, di ascendenza molezzesca, cederà il posto, di lì a pochi anni, ad una caratterizzante forse più vacua e, a volte, inconsistemente calligrafica". Gnudi (1957) osserva che le figure sono state completamente ridipinte. In seguito, il restauro di Nonfarmale (1978) ha rilevato le qualità cromatiche di questo dipinto, la preziosità degli ornati e la qualità delle tinte.