Biblioteca Classense
via Baccarini, 3
Ravenna (RA)
Bartolini Lorenzo
1777/ 1850
statua

marmo bianco/ scultura
cm. 49 (la) 66 (a) 32 (lu)
sec. XIX (1821 - 1821)
n. 302219
La contessa Teresa Guiccioli Gamba è rappresentata frontalmente, con il volto espressivo. Dal capo cadono lunghi e fluenti capelli, abboccolati sulle punte. Una veste dalle ricche pieghe cinge il busto della dama.

Il busto di Teresa Guiccioli fu donato nel 1949 al Comune di Ravenna dalla famiglia Gamba. Segnalato da Tinti (1936, Il, p. 41, tav. XXVII, scolpito nel 1821, quando la gentildonna soggiornava a Pisa, il prestigioso marmo va riconosciuto in quello appartenuto al conte Carlo Gamba che lo custodiva nella villa di Settimello (Firenze). Forse è il medesimo busto che fu esposto alla mostra fiorentina del 1933 (Prima Sindacale Firenze 1933, p. 113, cat. 57). Una copia in marmo apparteneva a J. Pillaus Esq. (Inghilterra) che neI 1862 la presentò, insieme con il busto di Byron, alla Esposizione Internazionale di Londra (Catalogo Ufficiale delle Belle Arti della Esposizione Internazionale di Londra del 1862, Sezione Estera, Italia. Sculture n. 2388 e 2389). L'originale modello in gesso è conservato presso la Galleria Comunale di Prato, anche se si deve osservare come questo busto di Ravenna sia leggermente diverso da quello. Il lavoro è da porre in relazione con quello di Lord Byron. I due ritratti erano, con ragionevole certezza, destinati a fronteggiarsi. La scultura, tipica della ritrattistica di Bartolini, artista profondamente inserito nella temperie neoclassica, pur nella idealizzazione del personaggio rappresentato con una semplificazione formale di tesa regolarità, riesce a trasmettere inflessioni personali che sono poi il segno di una vita condotta in maniera. Il sapiente uso del chiaroscuro col quale l'artista riesce a coniugare nella stessa figura l'algido distacco ed il calore dei sentimenti, lo rende uno dei più fortunati scultori nel campo della ritrattistica. Le vicende sentimentali di Teresa Guiccioli sono talmente conosciute che a qualcuno potrebbe sembrare superfluo riportarle in questa scheda, tuttavia si preferisce restituirle nella versione sinteticamente redatta da Viroli nel 1993: "Teresa Francesca Olimpia Gaspara Gamba Ghiselli era la seconda di cinque figlie nate al Conte Gamba. Aveva ricevuto un'educazione scolastica eccezionalmente buona nel convento di Santa Chiara. Il suo debutto in società ebbe luogo nell'autunno del 1817, quando aveva diciotto anni. Le fu combinato il matrimonio con il conte Guiccioli, un ricco patrizio di Ravenna che aveva già seppellito due mogli morte in circostanze non del tutto chiare. Guiccioli era quasi sessantenne, era eccessivamente prudente col denaro e aveva salde idee sulla condotta da adottare con la giovane moglie. Sposò Teresa nella primavera del 1818 e presto lei stentò a sopportarlo. Tuttavia, gli fu infedele solo dopo aver incontrato Byron a Venezia, all'inizio dell'aprile 1819. Il poeta e Teresa si conobbero a una "conversazione" in casa della contessa Benzoni. Quando la padrona di casa si offrì di presentare a Byron la giovane ravennate, egli dapprima rifiutò. L'incontro, tuttavia, ebbe luogo ed essi da allora si videro regolarmente nelle sere successive a teatro e a cena. Presto Byron propose un cambiamento di programma, che Teresa accettò: all'ora fissata una gondola arrivava da lei e la conduceva da Byron. Insieme si recavano poi al suo "casino" a Santa Maria Zobenigo. Essa, che era già incinta di tre mesi da suo marito, fu ricoverata per un aborto. L'aborto di Teresa condusse Byron a Ravenna e lo confermò, più o meno formalmente, agli occhi del conte Guiccioli e degli altri, nel ruolo di "cavalier servente" di Teresa. Gli era concesso l'accesso quasi senza limitazioni alla compagnia di lei. Il conte ospitò Byron nei suoi palazzi di Ravenna e di Bologna. Si ritirava convenientemente a tempi regolari per i suoi riposi. Tuttavia, aveva alcune spie che lo informavano sulla condotta della moglie. Protestava quando gli pervenivano lettere anonime e quando per strada udiva cantare canzonette che irridevano la sua condizione di marito tradito. Il suo atteggiamento sconcertava i due amanti. Essi immaginavano che oscuri complotti venissero orditi contro di loro. La situazione acquistò una dimensione del tutto nuova di stranezza quando il conte cominciò a chiedere a Byron prestiti di denaro. Byron ebbe il coraggio, o la temerarietà, di rifiutare. La situazione triangolare si deteriorò. Pressioni affinché lo scandalo finisse furono fatte al conte dalle autorità ecclesiastiche, che volevano togliere di mezzo Byron. Guiccioli impose a Byron di lasciare sua moglie. Teresa chiese l'appoggio di suo padre, e fu rivolta al Papa un'istanza di separazione. A sua volta Guiccioli presentò una contropetizione, adducendo come motivo la cattiva condotta di Teresa e difendendo se stesso. Finalmente il papa si pronunciò in favore di Teresa, garantendole il mantenimento purché vivesse irreprensibilmente con suo padre. La sera deI 15 luglio 1820, prima che il conte venisse informato della direttiva papale, Teresa si ritirò segretamente dal palazzo Guiccioli, e partì per la casa di campagna di suo padre a Filetto. Malgrado i tentativi del conte di sfrattarlo, Byron rimase alloggiato nelle sue stanze al primo piano di palazzo Guiccioli. Visitava occasionalmente Teresa a Filetto, ed essi corrispondevano fra loro quasi giornalmente. Quando i Gamba furono esiliati dalla Romagna nella purga dei liberali che avevano aderito al tentativo costituzionale di Napoli (1821), essi andarono prima a Firenze, poi, persuasi da Byron, a Pisa, dove l'amico poeta Shelley aveva preso in affitto palazzo Lanfranchi nell'interesse di Byron. Passarono l'estate a Montenero, e, ancora una volta dietro pressioni del governo, tornarono a Pisa in luglio. Quasi subito li raggiunse la notizia della morte di Shelley. Molto presto i Gamba furono espulsi da Pisa e costretti a prendere la residenza a Lucca. Teresa, alla quale il marito non inviava più l'assegno di sostentamento, secondo quanto disposto dal papa, a causa della sua vita sconveniente con Byron a Montenero, rimase a Pisa. Sembrò presentarsi una piccola opportunità di accomodamento per un ritorno a Ravenna, ma alla fine di settembre del 1822 un gruppetto di persone, di cui facevano parte Byron e Teresa, partì per Genova. Byron stava prendendo a noia la sua lunga e costante relazione con Teresa. Era indubbiamente invaghito di lei e le nascose quanto più a lungo possibile il suo progetto di andare in Grecia. Pietro, il fratello di Teresa che era stato particolarmente responsabile della risoluzione di Byron, le comunicò la notizia. In quel periodo lei era completamente dipendente da Byron, sia emozionalmente sia, da quando aveva perduto l'assegno di mantenimento, sotto l'aspetto finanziario. Byron tentò di aiutarla finanziariamente, ma ella rifiutò indignata, preferendo dipendere da suo padre per sostenersi quando non avesse potuto vivere con Byron. Durante gli ultimi mesi Teresa divenne indicibilmente patetica. Aveva il cuore spezzato. Era chiaro che Byron guardava all'avventura greca come a una riaffermazione della propria mascolinità dopo l'inattività del periodo italiano. Da quando partì, alla metà di luglio del 1823, fu emotivamente esausto e depresso. Gli si risollevò il morale solo quando la nave fu in mare. Le sue lettere a Teresa - o piuttosto le note aggiunte alle lettere di Pietro - erano negligenti e non incoraggiavano le speranze di lei a visitarlo, o quelle di un suo ritorno. Essa non lo rivide più, e non risulta che egli desiderasse rivederla.