Museo Rocca Sanvitale
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La stanza è divisa in tre registri: quello inferiore, terreno, finge una cripta dalle volte a mosaico che delimita le lunette scandite da maschere di Medusa; qui si svolge il dramma di Atteone. Subito al di sopra un registro intermedio raffigura un roseto popolato da angeli e bambini, allusione al limbo dell’innocenza. Infine, il registro superiore sovrasta il ciclo pittorico sottostante con un cielo azzurro, al cui centro si apre lo specchio divino, lo Speculum Iustitiae, opposizione all’iniquità del mondo e fine ultimo del percorso terreno, come suggerisce l’iscrizione “RESPICE FINEM”.
Sull’iconografia ciclo pittorico, tra i più indagati nella produzione dell’artista, vennero espresse numerose ipotesi. In riferimento al bagno di Diana, Ghidiglia Quintavalle propose per questo ambiente una funzione di boudoir, riservato alla signora di Fontanellato, mentre Fagiolo dell’Arco e Claudio Mutti preferirono leggere nelle scene rappresentate un’allusione alla congiunzione alchemica dei principi maschile femminile, coerente con gli interessi esoterici del pittore e del committente. Utte Davitt Asmus introdusse invece la possibilità di un rimando simbolico al passaggio dall’amore carnale all’amore divino, rappresentato in questo caso dall’identificazione della morte sacrificale di Atteone. Per Guadalupi e Ricci a motivare l’allegoria sarebbe stata invece la morte prematura del figlio di Galeazzo San Vitale, vissuta dai genitori, e specialmente dalla madre, come la punizione ingiusta del Fato nei confronti di un’innocente (“DIANAM/ DIC DEA SI MISERUM SORS HUC ACTEONA DUXIT A TE CUR CANIBUS/ TRADITUR ESCA SUIS? NON NISI MORTALES ALIQUO/ PRO CRIMINE PENAS FERRE LICET: TALIS NEC DECET IRA DEAS”, tard. “A Diana. Dì, o dea, perché, se è la sorte che ha condotto qui il misero Atteone, egli è da te dato in pasto ai suoi cani? Non per altro che per una colpa è lecito che i mortali subiscano una pena: un’ira tale non si addice alle dee”). Le fattezze femminee di Atteone-cervo, altrove rilevate dal Freedberg, introdurrebbero poi l’immagine della “Ninfa Atteona”, altrove ravvisata dalla Cieri Via (cfr. bibliografia). Dunque, un luogo riservato alla memoria e al compianto.
A sostegno di questa interpretazione, gli autori ricordano la diffusione, in quegli anni e negli ambienti intellettuali vicini ai Sanvitale, dei concetti di predestinazione e libero arbitrio, divulgati dalla Riforma. “Certo che nel registro decorativo inferiore, quello della morte terrena e del grido di rivolta contro l’ingiustizia del Fato, lo spirito è ben diverso rispetto ai due registri superiori: l’uno concepito come giardino degli angeli e degli innocenti, vero e proprio limbo di serenità, l’altro come cielo ove regna Dio, fine supremo (Respice finem) cui si deve guardare con fiducia” (Guadalupi, Ricci).
Gli affreschi sono stati oggetto di intervento conservativo da parte dell'Istituto per i Beni Culturali secondo quanto stabilito dalla L.R. n. 18/2000.
Maradei R., Parmigianino e le Metamorfosi d'Ovidio, “Aurea Parma”, 91.2007, pp. 29-36
Cieri Via C., La ninfa “Acteona” vita e morte negli affreschi di Parmigianino a Fontanellato, in Calzona A., Campari R., Mussini M., Immagine e ideologia. Studi in onore di Arturo Carlo Quintavalle, Milano, Electa, 2007, pp. 532-538
Danti C., Parmigianino a Fontanellato: tecnica e vicende conservative delle Storie di Diana e Atteone, in Fornari Schianchi L., Parmigianino e il manierismo europeo, Atti del convegno internazionale di studi, Cinisello Balsamo (Mi), Silvana Editoriale, 2002, pp. 124-129
Dall'Acqua M., Guadalupi G., Ricci F.M. (a cura di), Fontanellato: la Rocca Sanvitale, Milano, Franco Maria Ricci Editore, 2002.
Lippi G., Museo della Rocca Sanvitale, in Musei in Emilia Romagna, Bologna, Compositori, 2000, p. 31, n. 11.
Guarino M. (a cura di), Chi è di scena, Baracche, burattini e marionette dalle collezioni emiliano-romagnole, supplemento a “IBC”, 1999.
Dall'Acqua M., Guadalupi G., Ricci F.M., Fontanellato, Milano, Franco Maria Ricci Editore, 1994 (con bibliografia precedente)
Il castello di Fontanellato: guida alla visita, Fontanellato, Edizioni del Comune di Fontanellato, 1993
Piazza Matteotti, 1
Fontanellato (PR)
Casa-museo/dimora storica
Architettura
Arti dello spettacolo (cinema, danza, musica, lirica, teatro di figura, teatro di prosa)
Il percorso museale vero e proprio occupa il pian terreno, con accesso dal cortile: pregevoli nella prima sala i ritratti Sanvitale attribuiti al Molinaretto e a Baldrighi e, nella stanza delle grottesche, recentemente restaurata, tele di Carlo Francesco Nuvolone, Boselli, Ilario Spolverini, Carlo Preda. La vicina sala con il teatrino dei figli di Maria Luigia è denominata "delle donne equilibriste" per il fregio monocromo attribuito ad un allievo di Cesare Cesariano, probabile autore della decorazione della vicina stanza degli amorini.
Concludono l'itinerario di visita la cosiddetta "Camera Ottica", cosiddetta dallo strumento ottocentesco che riflette la piazza del paese attraverso un singolare gioco di specchi, e l'oratorio, costruito nel 1688 nell'antico mastio.
Il museo custodisce un teatrino giocattolo di notevole importanza storica, appartenuto ad Albertina di Montenovo, figlia di Maria Luigia d’Austria duchessa di Parma e Piacenza. Databile tra il 1820 e il 1825, il teatrino è costituito da una scatola di legno che funge da base e lo contiene una volta smontato. E’ alto 107 cm e profondo 91 cm. Sul frontone è raffigurato lo stemma di famiglia. Il sipario in tela, con un meccanismo per l’avvolgimento nella parte superiore, rappresenta un giardino con un lago e al centro un’ isoletta con un tempietto classico. Il teatrino è corredato da 24 marionette alte 18 cm. Una di queste è alta solo 11 cm. ed era presumibilmente usata per favorire l’illusione prospettica. Le marionette – tra cui ritroviamo Arlecchino, Brighella, il Dottore, il Re, la Regina, servitori e nobili di corte - sono in legno e stucco. I costumi e gli accessori sono originali. Corredano il teatrino 6 scenografie su cartoncino, con vari ordini di quinte che raffigurano ambienti diversi: boschi, giardini, interni di palazzi ed esterni di città. Marionette, sipario, scenografie e frontone sono dipinti a tempera.
The actual exhibition occupies the ground floor, with access from the courtyard: in the first room are fine Sanvitale portraits attributed to Molinaretto and Baldrighi and, in the recently restored room of grotesques, paintings by Carlo Francesco Nuvolone, Boselli, Ilario Spolverini, Carlo Preda. The nearby room with the little theatre that belonged to Marie Louise’s children is called the “room of the lady acrobats” on account of a monochrome frieze attributed to a pupil of Cesare Cesariano, who probably painted the decoration in the nearby room of the cupids.
The visit ends in the “Optical Chamber”, so called because of the 19th century camera obscura which reflects the town square through a special interplay of mirrors, and the oratory, built in 1688 in the old keep.
The museum contains a toy theatre of notable historic importance, which belonged to Albertina di Montenovo, daughter of Marie Louise of Austria, duchess of Parma and Piacenza. Dated between 1820 and 1825, the theatre is composed of a wooden box that acts as a base and contains the whole thing when dismantled. It is 107 cm high and 91 cm deep. The family coat of arms is on the front. The cloth curtain, with a mechanism for rolling it up into the top, shows a garden with a lake and, in the centre, a little island with a classical temple. The theatre is complete with 24 puppets, 18 cm tall. One of the puppets is only 11 cm tall, so it was presumably used to create an illusion of perspective. The puppets - including Arlecchino, Brighella, the Doctor, the King, the Queen, servants and courtiers - are made of wood and stucco. They still have their original costumes and accessories. The theatre is equipped with 6 cardboard stage sets, with various sets of wings representing different environments: woods, gardens, building interiors and external town scenes. The puppets, curtain, stage sets and front are painted in tempera.