Ecomuseo delle Erbe Palustri
Via Ungaretti, 1
Bagnacavallo
[sicël]

accessori
erba palustre

1985
n. 600
Secchiello finissimo con tracolla.

contenere oggetti personali quando si era fuori casa
Usato dalle donne durante le feste o in occasioni speciali
Un tempo, il territorio della Bassa Romagna era caratterizzato da ampie zone allagate.
Fino all’inizio delle grandi bonifiche del secolo scorso, l’intera area era disseminata da zone umide facenti parte di un ricco complesso idrografico che includeva stagni, zone acquitrinose dell’entroterra, aree deltizie, piallasse e basse retrodunali. Questo era l’ambiente ideale per la crescita di una rigogliosa vegetazione spontanea, adatta a vari usi.

E’ in questa realtà che, nel XIV secolo, sorse “Villanova delle Capanne”.
Il paese si sviluppò lungo l’argine sinistro del fiume Lamone e le sue abitazioni si disposero a pettine lungo la strada, che collegava i territori di Bagnacavallo a Mezzano, raggruppandosi in borgate.
Le abitazioni non vennero utilizzate solo come dimore, ma ben presto anche come laboratori, dove la popolazione, laboriosa e geniale, svolse per lungo tempo un’attività di tipo artigianale che l’ha resa nota anche al di là dei confini nazionali. Fino a poco tempo fa, chi si trovava a percorrere la strada che attraversa il paese, avvertiva immediatamente la singolarità dell’attività locale, svolta in ogni cortile e sulla soglia delle case, con grande qualità e varietà produttiva. Stuoie di diverse misure e qualità, graticci, legacci, funicelle, impagliature di sedie, scope di vario tipo, panciotti, sporte, ciabatte, pantofole, cappelli, uscivano dalle mani capaci e svelte degli artigiani che intrecciavano abilmente le erbe palustri arricchendo ogni manufatto con trame diverse dettate dalla creatività individuale che lasciava sempre spazio a nuove variazioni.
Questa attività artigianale raggiunse livelli particolarmente importanti per qualità e quantità alla fine dell’800. Seguendo i dettami dell’industrializzazione, negli anni ’50, la produzione venne a perdere in parte la finissima qualità dei manufatti a favore della quantità e della moderna tendenza della moda, per concludersi definitivamente negli anni ‘70 con l’avvento delle materie plastiche.
E’ attorno agli anni ’50, comunque, che la creatività di Villanova si espresse non solo realizzando migliaia di forme e modelli di manufatti in erbe spontanee, arricchiti da trame sempre diverse, ma anche con la realizzazione di manufatti in legno, veri e propri assemblaggi smontabili e ripiegabili. In questi stessi anni, il paese venne visitato da vari stilisti che trassero ispirazione dalla ricchezza delle forme degli oggetti, adottandole nelle loro creazioni, arricchite solo da alcuni inserti.
Ciò che, da sempre, ha caratterizzato questa attività artigianale è la sua specificità locale, essendo racchiusa nei ristretti perimetri del paese; tutt’al più si poteva incontrare a Santerno, al di là del fiume Lamone oltre il ponte, dove però gli artigiani potevano considerarsi veri e propri lavoranti villanovesi.

Le materie prime utilizzate, reperite nell’ambiente circostante, consistevano in cinque varietà di erba palustre: canna, stiancia, carice, giunco e giunco pungente. Complementare all’utilizzo delle erbe, era la lavorazione dei legnami nostrani: pioppo e salice.
Le attività di sramatura e di sfalcio, eseguite da anziani e competenti vallaroli, rispettosi in modo sacrale dell’ambiente vallivo, erano fondamentali per mantenere un equilibrio ambientale, floristico e faunistico, oggi a rischio.
(https://www.erbepalustri.it/storia-di-villanova)