Valsamoggia
insediamento
insediamento sparso
ambito culturale romano
secc. II a.C./ V d.C.
Benché riferibili ad epoche anche assai remote, le testimonianze relative alla media ed alta valle del Samoggia attestano un popolamento intenso, ma senza le caratteristiche dell'agglomerato, accomunando in ciò anche il centro principale di Bazzano, ove pure non mancano tracce di un’antica frequentazione che ha inizio con l’insediamento neolitico di Bellaria, continua nell'età del Bronzo quando un villaggio si imposta sul luogo in cui sorgerà la Rocca e perdura durante l'età del Ferro, documentata dalla piccola necropoli ad incinerazione di Fornace Minelli.

In seguito al processo di penetrazione romana, il territorio viene a trovarsi al confine tra la giurisdizione amministrativa delle colonie di Mutina e di Bononia e condivide, sia pure in tono minore, le stesse modalità insediative della contigua e più importante valle del Panaro.
Insediamenti sparsi a carattere rurale in sintonia con le caratteristiche geomorfologiche del territorio e della rete itineraria punteggiano soprattutto i pianori e i rilievi, mostrando generalmente una certa modestia edilizia. Più di rado gli impianti si distinguono per una maggiore qualità e ricchezza degli arredi, come evidenzia la testa in marmo greco (II sec. d.C.) di divinità femminile proveniente dal greto del Samoggia presso Stiore di Monteveglio e attribuibile alla decorazione di una villa o a un piccolo luogo di culto.


Il concentrarsi di emergenze romane intorno al vicino centro di Savignano, nella contigua provincia di Modena, unitamente all'esistenza di un grosso impianto produttivo per la realizzazione di laterizi e ceramiche, fa invece qui ipotizzare l'esistenza di un nucleo insediativo di maggiore spessore e rilevanza, che potrebbe anche corrispondere ad un vicus, da porsi in relazione con la cosiddetta “via Claudia”, la strada romana lungo la valle del Panaro che doveva collegare Mutina con Bononia servendo l’ampia fascia pedemontana a sud della via Aemilia.

Singolari, anche per lo sguardo che permettono di gettare sulla quotidianità tardo-antica, sono i pozzi-deposito di Castello di Serravalle (pozzo Sgolfo) e Bazzano (pozzo Casini), in origine presumibilmente pertinenti ad edifici romani, poi adibiti a nascondiglio in un momento di profondo sconvolgimento, certamente connesso con episodi bellici della conquista longobarda, che si verificò in un’ampia area dell’Emilia concentrandosi soprattutto nell'ambito della valle del Panaro.

Un'interessante campionatura di materiali, esemplificativi degli usi e dei modi di vita delle comunità locali tra Tardoantico e alto Medioevo (attrezzi da carpenteria, pesi in piombo da stadera, un utensile per misurazioni lineari, contenitori di legno, oggetti per la cura personale, recipienti in ceramica e due eleganti brocche in bronzo) fu attentamente occultata con l'intenzione di un successivo recupero, che non dovette mai più avvenire.