Castrocaro Terme e Terra del Sole

Rocca di Castrocaro
Castrocaro Terme e Terra del Sole

Castrocaro, veduta aerea del castello. Foto di Nazario Spadoni. Fototeca IBC, 1993
via Fortezza, 1
Castrocaro Terme e Terra del Sole (FC)
tel 0543 769541
Sulle prime colline alle spalle di Forlì, Castrocaro sorge su uno sperone roccioso che domina lo sbocco a valle del Montone.

Forse già in epoca esarcale era qui un castrum, parte della linea fortificata a protezione della capitale Ravenna dai Longobardi, che è stato identificato con il Sussubium, citato con Forlì tra i siti della ‘romanìola’ ex-bizantina donati nel secolo VIII dai re franchi al papa. Solo dal X-XI secolo è però certa la presenza di un sito fortificato, collegato alla vicina pieve di Santa Reparata e posto a controllo della confluenza dei percorsi viari della valle, che nel corso del medioevo fu tra le maggiori articolazioni appenniniche della via Romea Germanica proveniente dal Brennero e diretta a Firenze.

I vescovi di Ravenna, i conti di Castrocaro, il papa
A partire dal XII secolo Castrocaro risulta infeudato dalla potente Chiesa di Ravenna agli omonimi conti, che controllavano importanti postazioni anche sul vicino Monte Poggiolo, sul colle di Ravaldino tra Forlì e Meldola, e nella stessa Meldola. Circa a questa epoca risale la costruzione del mastio sulla sommità della roccia, sotto la quale fu in seguito edificata la rocca, comprendente anche una chiesa e un palazzo, mentre un borgo circondato dalla Murata quadrangolare si formava ai piedi del complesso.
A lungo legati all'impero – e scomunicati nel 1212 per aver rifiutato di consegnare la rocca al papa – con la crisi del dominio svevo i conti mutarono fronte, in forza soprattutto dei contrasti che li opponevano al comune di Forlì. Nel 1282 Castrocaro fu così consegnata dai suoi signori al Rettore papale Jean d’Epée, sceso in Romagna per soffocare la rivolta ghibellina che aveva il suo epicentro nel capoluogo forlivese, e riaffermare i diritti della Chiesa da poco riconosciuti dall'imperatore. La rocca divenne da allora un tassello fondamentale delle difese dello stato pontificio in Romagna, e concreta minaccia per Forlì.

Gli Oderlaffi all'attacco della rocca e la crociata contro i Forlivesi
Più volte assediata a cavallo del secolo – quando venne eretto il secondo giro di mura attorno a un insediamento sottostante la Murata - nella prima metà del Trecento Castrocaro subì ancora gli attacchi di Forlì durante la nuova ribellione antipapale guidata dai suoi signori, i ghibellini Ordelaffi.
Nel corso dell’offensiva questi riuscirono a impadronirsi di importanti centri come Cesena e Meldola; ma solo nel 1350 la rocca di Castrocaro - difesa dai guelfi Calboli, titolari di vaste terre tra Montone e Bidente e tradizionali nemici degli Ordelaffi - cadde nelle mani dei Forlivesi, che provvidero subito a restaurarla e rafforzarla.
Nove anni dopo la ‘crociata’ del cardinale Albornoz riuscì a ristabilire in Romagna il potere del papa, che deposte le casate ribelli istituì un governo legatizio assegnando ai Calboli il governatorato delle fortificazioni riconquistate, ma ridando presto Castrocaro, in via temporanea, agli stessi Oderlaffi.

Provincia fiorentina in partibus romandiole
In quegli stessi anni Castrocaro entrò anche nelle mire di Firenze, che aveva già sottomesso alcuni castelli di Portico nel 1341 e Palazzuolo nel 1363, nel quadro di una politica di acquisizione dei territori sul versante adriatico dell’Appennino tosco-emiliano tesa ad assicurarle un corridoio commerciale verso Venezia.
Dal 1364 Firenze tentò a più riprese di ottenere anche Castrocaro, con la forza o versando ingenti somme nelle esauste casse papali, incontrando la resistenza degli Oderlaffi, che dal 1380, fatta pace con il papa, poterono rientrare a Forlì, mentre la rocca veniva data al capitano di ventura John Thornbury. Solo nel 1403 Castrocaro fu finalmente di Firenze, che aveva intanto acquisito anche Portico e le terre dei Calboli; risale ad allora la costruzione della terza cinta di mura, protrattasi per un secolo, che inglobò alcuni borghi esterni al nucleo originario.
Grazie alla sua posizione strategica per gli interessi commerciali e militari di Firenze, data la vicinanza al confine con i domini della Chiesa e con Forlì, Castrocaro divenne il capoluogo della provincia fiorentina ‘in partibus Romandiolae’, che nel giro di pochi decenni si estese dal Santerno al Savio, spingendosi fino alla val Marecchia. Un secolo e mezzo dopo, un pannello vasariano nel salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio celebrava la fioritura artistica ed economica della città e del suo territorio, favorita dai fitti scambi con la capitale.
Castrocaro mantenne a lungo anche la sua centralità in campo militare; ma già nel Quattrocento la sua fortezza cominciò a mostrare serie inadeguatezze a fronte delle innovazioni della tecnica militare, tamponate da ripetuti interventi di rafforzamento e ammodernamento culminati con la realizzazione degli Arsenali medicei, avviata nel 1504 da Antonio da Sangallo il Vecchio e ripresa dal 1544 da Giovan Battista Bellucci.

Il Cinquecento: l’ispessimento delle frontiere e la Provincia della Romagna Toscana
L’istituzione nel 1542 della Provincia della Romagna Toscana fu l’esito della volontà di Cosimo I Medici di affermare la sovranità del suo Stato sulla scena politica italiana - attraverso un ‘ispessimento’ degli incerti confini fra i territori romagnoli soggetti a Firenze e lo Stato della Chiesa - come all’interno, imponendo il controllo di fatto del centro su un sistema territoriale formalmente autonomo.
Formata da quindici Comunità sotto la guida di Castrocaro, la nuova istituzione anticipava nel nome quella dimensione regionale dello stato mediceo riconosciuta a Cosimo solo nel 1569 con la concessione da parte del papa del titolo granducale.
L’esigenza di un rafforzamento delle frontiere si concretizzò anche nella fondazione di città-fortezza di nuova concezione, più adeguate alle moderne tecniche belliche rispetto a strutture obsolete come era ormai Castrocaro. Sedici anni dopo la piazzaforte elbana di Cosmopoli-Portoferraio, nel 1564 fu così avviata tra Castrocaro e Forlì, ancor più vicino al confine con lo Stato della Chiesa, la costruzione di Eliopoli, la Terra del Sole, presto seguita dalla Città del Sole nel Montefeltro, al limitare del ducato di Urbino. Il nuovo insediamento - vera e propria città ideale oltre che potente sistema difensivo - sottrasse presto al vecchio centro anche le funzioni amministrative, giudiziarie e di polizia, divenendo nel 1579 capoluogo della Provincia.

Dall'Adriatico al Tirreno: la decadenza della Romagna Toscana
Dai tardi anni Ottanta del Cinquecento, sotto Ferdinando I, venne a maturazione il riorientamento degli interessi del Granducato verso il Tirreno e il Mediterraneo occidentale, evidenziato dalla ‘rifondazione’ portuale e dal potenziamento militare di Livorno, che decretò l’abbandono della sua proiezione adriatica.
Il declassamento geopolitico della Romagna toscana si tradusse in un immediato e drastico ridimensionamento delle sue difese, che interessò non solo strutture superate come Castrocaro e la vicina Montepoggiolo - escluse dai programmi di manutenzione e ammodernamento - ma persino la modernissima piazzaforte di Terra del Sole, che non venne mai portata a termine.
Mentre l’intera provincia subiva le conseguenze economiche e sociali del declino e la nobile Castrocaro si riduceva alla dimensione di piccolo centro agricolo, iniziava per la sua rocca un lungo periodo di abbandono, aggravato da un serie di eventi sismici. Il complesso fu disarmato nel 1676 su ordine di Cosimo III e dato in affitto a livello, mentre i suoi spazi aperti venivano destinati a usi agricoli e orticoli.
Con le riforme leopoldine di cento anni dopo, la dismissione dei beni demaniali permise la cessione della rocca di Castrocaro alla Comunità, e da questa a privati; anche Terra del Sole venne disarmata, e i suoi beni messi all'asta. Il riordino del sistema amministrativo e giudiziario avviato dai Lorena comportò in ultimo la soppressione, nel 1776, della Provincia della Romagna Toscana e il trasferimento del tribunale a Rocca San Casciano, divenuto dopo la Restaurazione capoluogo dell’omonimo Circondario sotto la giurisdizione della Provincia di Firenze, mentre l’ardita carrozzabile del Muraglione univa i territori granducali sui due lati dell’Appennino.

Il Novecento: dal ritorno a Forlì alla valorizzazione della rocca
Questo assetto si mantenne fino al 1923, quando gran parte dei comuni del Circondario, compreso quello di Terra del Sole e Castrocaro, passò alla Provincia di Forlì, in risposta alle forti pressioni ‘regionaliste’ locali e per volere di Mussolini, originario di Predappio, parte fino al 1424 della Romagna fiorentina poi tornata a Forlì.
Nello stesso anno la fortezza di Castrocaro - giunta per lascito testamentario a un pio istituto imolese – fu acquistata dal comune, che nel 1925 trasferì la sua sede da Terra del Sole all'antico capoluogo, rovesciando l'ordine dei due centri nella sua denominazione. I progetti di recupero della rocca di Castrocaro non vennero però mai realizzati, e l’edificio venne occupato da famiglie senza tetto fino al 1975, quando l’edificio ormai pericolante fu sgomberato.
Nel 1980 l’amministrazione comunale deliberò i lavori di restauro della rocca, avviati due anni dopo. Nel 2000 il complesso, destinato a uso culturale e turistico, ha aperto al pubblico con un percorso progettato e gestito dalla Pro Loco che comprende la visita a diversi ambienti della fortezza e al Museo storico-archeologico del Castello. La rocca ospita anche iniziative culturali ed enogastronomiche.


VISITA
L’imponente complesso è impiantato su una rupe di sasso ‘spungone’ che domina la valle da più di sessanta metri di altezza. La visita si snoda dal borgo di impianto medievale, racchiuso dalle mura e punteggiato da edifici rinascimentali, e si sviluppa sui tre livelli sovrapposti circondati da aree boschive in parte attrezzate a parco.
Il perimetro murato inferiore di forma quadrilatera, segnato da un torrione circolare a nord e a sud dalla torre civica, racchiude il battistero circolare di san Giovanni alla Murata del XV secolo.
Il piano triangolare della rocca è preceduto da un fossato scavato nella roccia; da una torre circolare si giunge alle prigioni, mentre un camminamento protetto porta alla piccola corte che ospita un ulivo del XVII sec. dal genoma estinto, residuo della conversione dell’edificio a funzioni agricole, e un pozzo-cisterna con impianto di potabilizzazione delle acque meteoriche. Sul lato meridionale è la domus, sede dei conti di Castrocaro poi dei castellani fiorentini, che accoglie oggi museo ed enoteca, con l’antico oratorio di santa Barbara rimaneggiato nel XVIII secolo.
Circondati da imponenti muraglie in cotto con terrazza panoramica e dotati di un elegante camino esterno, i possenti Arsenali medicei - unici in Italia per tipologia e soluzioni innovative - ospitano tre sale alte oltre dieci metri, dove erano allestiti i ponti in legno per il tiro frontale dei cannoni, sovrastanti altrettante gallerie e una serie di corridoi di collegamento.
Un ultimo vallo chiuso da alte mura separa la rocca dal 'girone' di forma triangolare sulla sommità dello sperone, protetto a nord da un torrione ovoidale e a ponente dal possente maschio pentagonale.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Montone e Rabbi,
via Romea Germanica
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Castrocaro (conti di),
Ordelaffi,
Comune di Firenze e Granducato di Toscana
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

La Romagna fiorentina-toscana
Bibliografia
via Fortezza, 1
Castrocaro Terme e Terra del Sole (FC)
tel 0543 769541
Sulle prime colline alle spalle di Forlì, Castrocaro sorge su uno sperone roccioso che domina lo sbocco a valle del Montone.

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Forse già in epoca esarcale era qui un castrum, parte della linea fortificata a protezione della capitale Ravenna dai Longobardi, che è stato identificato con il Sussubium, citato con Forlì tra i siti della ‘romanìola’ ex-bizantina donati nel secolo VIII dai re franchi al papa. Solo dal X-XI secolo è però certa la presenza di un sito fortificato, collegato alla vicina pieve di Santa Reparata e posto a controllo della confluenza dei percorsi viari della valle, che nel corso del medioevo fu tra le maggiori articolazioni appenniniche della via Romea Germanica proveniente dal Brennero e diretta a Firenze.

I vescovi di Ravenna, i conti di Castrocaro, il papa
A partire dal XII secolo Castrocaro risulta infeudato dalla potente Chiesa di Ravenna agli omonimi conti, che controllavano importanti postazioni anche sul vicino Monte Poggiolo, sul colle di Ravaldino tra Forlì e Meldola, e nella stessa Meldola. Circa a questa epoca risale la costruzione del mastio sulla sommità della roccia, sotto la quale fu in seguito edificata la rocca, comprendente anche una chiesa e un palazzo, mentre un borgo circondato dalla Murata quadrangolare si formava ai piedi del complesso.
A lungo legati all'impero – e scomunicati nel 1212 per aver rifiutato di consegnare la rocca al papa – con la crisi del dominio svevo i conti mutarono fronte, in forza soprattutto dei contrasti che li opponevano al comune di Forlì. Nel 1282 Castrocaro fu così consegnata dai suoi signori al Rettore papale Jean d’Epée, sceso in Romagna per soffocare la rivolta ghibellina che aveva il suo epicentro nel capoluogo forlivese, e riaffermare i diritti della Chiesa da poco riconosciuti dall'imperatore. La rocca divenne da allora un tassello fondamentale delle difese dello stato pontificio in Romagna, e concreta minaccia per Forlì.

Gli Oderlaffi all'attacco della rocca e la crociata contro i Forlivesi
Più volte assediata a cavallo del secolo – quando venne eretto il secondo giro di mura attorno a un insediamento sottostante la Murata - nella prima metà del Trecento Castrocaro subì ancora gli attacchi di Forlì durante la nuova ribellione antipapale guidata dai suoi signori, i ghibellini Ordelaffi.
Nel corso dell’offensiva questi riuscirono a impadronirsi di importanti centri come Cesena e Meldola; ma solo nel 1350 la rocca di Castrocaro - difesa dai guelfi Calboli, titolari di vaste terre tra Montone e Bidente e tradizionali nemici degli Ordelaffi - cadde nelle mani dei Forlivesi, che provvidero subito a restaurarla e rafforzarla.
Nove anni dopo la ‘crociata’ del cardinale Albornoz riuscì a ristabilire in Romagna il potere del papa, che deposte le casate ribelli istituì un governo legatizio assegnando ai Calboli il governatorato delle fortificazioni riconquistate, ma ridando presto Castrocaro, in via temporanea, agli stessi Oderlaffi.

Provincia fiorentina in partibus romandiole
In quegli stessi anni Castrocaro entrò anche nelle mire di Firenze, che aveva già sottomesso alcuni castelli di Portico nel 1341 e Palazzuolo nel 1363, nel quadro di una politica di acquisizione dei territori sul versante adriatico dell’Appennino tosco-emiliano tesa ad assicurarle un corridoio commerciale verso Venezia.
Dal 1364 Firenze tentò a più riprese di ottenere anche Castrocaro, con la forza o versando ingenti somme nelle esauste casse papali, incontrando la resistenza degli Oderlaffi, che dal 1380, fatta pace con il papa, poterono rientrare a Forlì, mentre la rocca veniva data al capitano di ventura John Thornbury. Solo nel 1403 Castrocaro fu finalmente di Firenze, che aveva intanto acquisito anche Portico e le terre dei Calboli; risale ad allora la costruzione della terza cinta di mura, protrattasi per un secolo, che inglobò alcuni borghi esterni al nucleo originario.
Grazie alla sua posizione strategica per gli interessi commerciali e militari di Firenze, data la vicinanza al confine con i domini della Chiesa e con Forlì, Castrocaro divenne il capoluogo della provincia fiorentina ‘in partibus Romandiolae’, che nel giro di pochi decenni si estese dal Santerno al Savio, spingendosi fino alla val Marecchia. Un secolo e mezzo dopo, un pannello vasariano nel salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio celebrava la fioritura artistica ed economica della città e del suo territorio, favorita dai fitti scambi con la capitale.
Castrocaro mantenne a lungo anche la sua centralità in campo militare; ma già nel Quattrocento la sua fortezza cominciò a mostrare serie inadeguatezze a fronte delle innovazioni della tecnica militare, tamponate da ripetuti interventi di rafforzamento e ammodernamento culminati con la realizzazione degli Arsenali medicei, avviata nel 1504 da Antonio da Sangallo il Vecchio e ripresa dal 1544 da Giovan Battista Bellucci.

Il Cinquecento: l’ispessimento delle frontiere e la Provincia della Romagna Toscana
L’istituzione nel 1542 della Provincia della Romagna Toscana fu l’esito della volontà di Cosimo I Medici di affermare la sovranità del suo Stato sulla scena politica italiana - attraverso un ‘ispessimento’ degli incerti confini fra i territori romagnoli soggetti a Firenze e lo Stato della Chiesa - come all’interno, imponendo il controllo di fatto del centro su un sistema territoriale formalmente autonomo.
Formata da quindici Comunità sotto la guida di Castrocaro, la nuova istituzione anticipava nel nome quella dimensione regionale dello stato mediceo riconosciuta a Cosimo solo nel 1569 con la concessione da parte del papa del titolo granducale.
L’esigenza di un rafforzamento delle frontiere si concretizzò anche nella fondazione di città-fortezza di nuova concezione, più adeguate alle moderne tecniche belliche rispetto a strutture obsolete come era ormai Castrocaro. Sedici anni dopo la piazzaforte elbana di Cosmopoli-Portoferraio, nel 1564 fu così avviata tra Castrocaro e Forlì, ancor più vicino al confine con lo Stato della Chiesa, la costruzione di Eliopoli, la Terra del Sole, presto seguita dalla Città del Sole nel Montefeltro, al limitare del ducato di Urbino. Il nuovo insediamento - vera e propria città ideale oltre che potente sistema difensivo - sottrasse presto al vecchio centro anche le funzioni amministrative, giudiziarie e di polizia, divenendo nel 1579 capoluogo della Provincia.

Dall'Adriatico al Tirreno: la decadenza della Romagna Toscana
Dai tardi anni Ottanta del Cinquecento, sotto Ferdinando I, venne a maturazione il riorientamento degli interessi del Granducato verso il Tirreno e il Mediterraneo occidentale, evidenziato dalla ‘rifondazione’ portuale e dal potenziamento militare di Livorno, che decretò l’abbandono della sua proiezione adriatica.
Il declassamento geopolitico della Romagna toscana si tradusse in un immediato e drastico ridimensionamento delle sue difese, che interessò non solo strutture superate come Castrocaro e la vicina Montepoggiolo - escluse dai programmi di manutenzione e ammodernamento - ma persino la modernissima piazzaforte di Terra del Sole, che non venne mai portata a termine.
Mentre l’intera provincia subiva le conseguenze economiche e sociali del declino e la nobile Castrocaro si riduceva alla dimensione di piccolo centro agricolo, iniziava per la sua rocca un lungo periodo di abbandono, aggravato da un serie di eventi sismici. Il complesso fu disarmato nel 1676 su ordine di Cosimo III e dato in affitto a livello, mentre i suoi spazi aperti venivano destinati a usi agricoli e orticoli.
Con le riforme leopoldine di cento anni dopo, la dismissione dei beni demaniali permise la cessione della rocca di Castrocaro alla Comunità, e da questa a privati; anche Terra del Sole venne disarmata, e i suoi beni messi all'asta. Il riordino del sistema amministrativo e giudiziario avviato dai Lorena comportò in ultimo la soppressione, nel 1776, della Provincia della Romagna Toscana e il trasferimento del tribunale a Rocca San Casciano, divenuto dopo la Restaurazione capoluogo dell’omonimo Circondario sotto la giurisdizione della Provincia di Firenze, mentre l’ardita carrozzabile del Muraglione univa i territori granducali sui due lati dell’Appennino.

Il Novecento: dal ritorno a Forlì alla valorizzazione della rocca
Questo assetto si mantenne fino al 1923, quando gran parte dei comuni del Circondario, compreso quello di Terra del Sole e Castrocaro, passò alla Provincia di Forlì, in risposta alle forti pressioni ‘regionaliste’ locali e per volere di Mussolini, originario di Predappio, parte fino al 1424 della Romagna fiorentina poi tornata a Forlì.
Nello stesso anno la fortezza di Castrocaro - giunta per lascito testamentario a un pio istituto imolese – fu acquistata dal comune, che nel 1925 trasferì la sua sede da Terra del Sole all'antico capoluogo, rovesciando l'ordine dei due centri nella sua denominazione. I progetti di recupero della rocca di Castrocaro non vennero però mai realizzati, e l’edificio venne occupato da famiglie senza tetto fino al 1975, quando l’edificio ormai pericolante fu sgomberato.
Nel 1980 l’amministrazione comunale deliberò i lavori di restauro della rocca, avviati due anni dopo. Nel 2000 il complesso, destinato a uso culturale e turistico, ha aperto al pubblico con un percorso progettato e gestito dalla Pro Loco che comprende la visita a diversi ambienti della fortezza e al Museo storico-archeologico del Castello. La rocca ospita anche iniziative culturali ed enogastronomiche.


VISITA
L’imponente complesso è impiantato su una rupe di sasso ‘spungone’ che domina la valle da più di sessanta metri di altezza. La visita si snoda dal borgo di impianto medievale, racchiuso dalle mura e punteggiato da edifici rinascimentali, e si sviluppa sui tre livelli sovrapposti circondati da aree boschive in parte attrezzate a parco.
Il perimetro murato inferiore di forma quadrilatera, segnato da un torrione circolare a nord e a sud dalla torre civica, racchiude il battistero circolare di san Giovanni alla Murata del XV secolo.
Il piano triangolare della rocca è preceduto da un fossato scavato nella roccia; da una torre circolare si giunge alle prigioni, mentre un camminamento protetto porta alla piccola corte che ospita un ulivo del XVII sec. dal genoma estinto, residuo della conversione dell’edificio a funzioni agricole, e un pozzo-cisterna con impianto di potabilizzazione delle acque meteoriche. Sul lato meridionale è la domus, sede dei conti di Castrocaro poi dei castellani fiorentini, che accoglie oggi museo ed enoteca, con l’antico oratorio di santa Barbara rimaneggiato nel XVIII secolo.
Circondati da imponenti muraglie in cotto con terrazza panoramica e dotati di un elegante camino esterno, i possenti Arsenali medicei - unici in Italia per tipologia e soluzioni innovative - ospitano tre sale alte oltre dieci metri, dove erano allestiti i ponti in legno per il tiro frontale dei cannoni, sovrastanti altrettante gallerie e una serie di corridoi di collegamento.
Un ultimo vallo chiuso da alte mura separa la rocca dal 'girone' di forma triangolare sulla sommità dello sperone, protetto a nord da un torrione ovoidale e a ponente dal possente maschio pentagonale.


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