Alberi monumentali
Castagneto di Sotto - Via Castagneto (Podere Bottacquara)
Portico e San Benedetto (FC)
albero singolo
Famiglia: Fagaceae
Provvedimento di tutela
Albero monumentale d'Italia D.M. n. 5450 del 19-12-2017D.P.G.R. 678/89 n. 01/G904/FC/08, n. 33-52
È singolare la presenza di un esemplare di leccio di questa maestosità in ambiente di collina. Il leccio, detto anche “elce” o “quercia verde”, è una tipica specie della macchia mediterranea; è molto resistente e cresce sui suoli poveri; è una pianta rustica, longeva e a sviluppo lento. Questo esemplare si è adattato a vivere nella collina romagnola e cresce isolato nei pressi di un’azienda che si dedica all’allevamento dei cavalli; emerge con la sua bella chioma espansa e rotondeggiante di colore verde scuro e il fogliame persistente, tra le dolci curve che disegnano il paesaggio collinare. Ha raggiunto dimensioni monumentali rapportate alla specie e un’età ultrasecolare. Le foglie del leccio sono di consistenza coriacea, hanno margine intero o dentato, lucide e color verde scuro nella pagina superiore, tomentose e color grigiastro in quella inferiore. Sono persistenti e restano sulla pianta per 2 o 3 anni. Il leccio produce ghiande brune striale leggermente appuntite, con cupola a squame che le ricopre per quasi 2/3 della lunghezza. Sono dolci e commestibili, un alimento ideale per l’allevamento dei suini. In passato, venivano impiegate anche per l’alimentazione umana. Con la farina si produceva il pane di quercia. Il legno è durissimo, compatto e resistente alle alterazioni, molto ricco di tannino. Nei giardini rinascimentali era in auge come pianta ornamentale; veniva sagomato tramite la potatura in forme alte e rigide per contrastare i volumi delle siepi basse. Oggi viene spesso impiegato nella realizzazione delle alberature stradali e come pianta forestale per produrre legna da ardere. Anche l’albero da cui Enea prese il ramo d’oro (forse un ramo di vischio) era probabilmente un leccio (Quercus ilex), considerato simbolo infernale (forse per la sua chioma scura) e consacrato a Ecate, signora dell’oscurità, ma anche albero di resurrezione. Per questo motivo consentì a Enea di entrare negli Inferi e di uscirne. Plinio sostiene che sul “Colle degli Indovini” (il Vaticano) si ergesse il leccio più antico della città, già oggetto di venerazione religiosa da tempi più antichi tanto che su quest’albero vi era un’iscrizione su bronzo in caratteri etruschi. Una curiosità letteraria: ne 'Il barone rampante' di Italo Calvino il protagonista Cosimo decide di salice su un "elce", cioè un leccio, e di non scendere più, per passare tutta la sua vita sugli alberi.
Note
Rilevazioni:
Decreto A.M.I.
Data: 16/1/2018
Altezza: 20 m
Circonferenza tronco: 315 cm
Stato sanitario: buono
Stato strutturale: potata
Accessibilità: accessibile

Valori di base
Data: 1/6/2003
Altezza: 12 m
Circonferenza tronco: 280 cm
Stato sanitario: ottimo
Stato strutturale: non potata
Accessibilità: accessibile