Colorno

Reggia di Colorno

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Storia dell'edificio
Pubblicazioni e Cataloghi
Giuseppe Bertini, La rocca, la piazza, il ponte di Colorno e il torrente Parma nel 1665, “Aurea Parma”, 101, fasc. 3, 2017, pp. 275-282.

Francesco Piccoli, Luigi Simeone, Colorno una città nella città, Colorno, TLC, 2008.

Giuseppe Bertini, Mobili della sala grande di Colorno nel palazzo della provincia di Alessandria, “Aurea Parma”, 89, 2005, 2, pp. 157-162.

Milena Fornari, Il giardino della reggia, Colorno (Pr), TLC Editrice, 2002.

Ermenegildo Spagnolli, Il restauro del parco ducale di Colorno, in Francesco Canestrini, Francesco Furia, Maria Rosaria Iacono, a cura di, Il governo dei giardini e dei parchi storici restauro, manutenzione, gestione, atti del VI Convegno Internazionale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001.

Carlo Mambriani, “Amoenae maiestatis genio”: i giardini ducali di Parma e di Colorno, in Monica Amari, a cura di, Giardini regali fascino e immagini del verde nelle grandi dinastie: dai Medici agli Asburgo, Milano, Electa, 1998, pp. 105-116.

Valeria Cicala, Isabella Fabbri, Flavio Niccoli, Colorno, Istituto Beni Artistici, Culturali e Naturali della RER, 1995 (videocassetta).

Giovanni Buttarelli, La corte ritrovata: riflessioni sul progetto di recupero e di riuso del Palazzo Ducale di Colorno, “IBC”, 2, 1994, 5, pp. 50-67.

Carlo Mambriani, La Versaglia dei duchi di Parma prototipi e metamorfosi dei giardini di Colorno, in Mirella Macera, Pier Fausto Bagatti Valsecchi, a cura di, I giardini del “Principe”, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Comitato Nazionale per lo studio e la conservazione dei giardini storici…, atti del convegno, Savigliano (Cn), L’artistica, 1994, pp. 149-158.

Giuseppe Bertini, Colorno: una guida, Colorno (Pr), TLC Editrice, ed. 1993.

Giovanni Godi, a cura di, La reggia di là da l’acqua: il giardino e il palazzo dei duchi di Parma, Parma, Cassa di Risparmio, Milano, Franco Maria Ricci editore, 1991.

Marco Pellegri, Colorno Villa Ducale, Parma, Artigrafiche Silva, 1981.

Corrado Enea Artoni, Ferdinando Aldrighi, La Reggia di Colorno nel ‘700 una città costruisce una mostra, Regione Emilia-Romagna, Colorno (Pr), TLC Editrice, 1979.

Giuseppe Bertini, La Sala Grande del Palazzo Ducale di Colorno, “Arte Lombarda”, 19.1974, 40, pp. 163-170.

Colorno la Versailles dei duchi di Parma: seduta della Deputazione di Storia Patria…, Parma, Deputazione di Storia Patria per le province parmensi, 1969.
Piazza Garibaldi, 26
Colorno (PR)
Tel: 0521 312 545
Arte moderna (XVI-XIX secolo)
Casa-museo/dimora storica
Le origini della Reggia risalgono al 1337 quando Azzo da Correggio, feudatario di Colorno, edificò una fortezza sul sito del palazzo. Dopo un breve periodo in mano agli Sforza, agli inizi del sec. XVII il palazzo passò ai Farnese che ne furono i titolari sino al 1807, quando si ebbe l’annessione del Ducato alla Francia. La reggia di Colorno fu dichiarata “Palazzo Imperiale”. Qui, dopo il congresso di Vienna (1815) si stabilì Maria Luigia d’Asburgo che dal 1816 al 1847 impresse agli appartamenti ducali il segno indelebile del suo gusto, curando la riorganizzazione del parco.
L’unificazione del Ducato al Regno d’Italia segnò il declino della residenza, ceduta nel 1862 allo Stato. Molti arredi furono trasferiti nelle residenze sabaude, dal Palazzo Reale di Torino a Palazzo Pitti al Quirinale. Fino al 1864 la Reggia venne utilizzata come scuola militare, e dal 1871, e per circa un secolo, funzionò come manicomio provinciale.
Attualmente, dopo i restauri promossi dalla Provincia di Parma, proprietaria del complesso dal 1870, la Reggia è aperta alle visite, e ospita mostre temporanee ed eventi culturali. Visitabile è anche il giardino storico, recuperato nell’assetto alla francese ed inserito nel circuito dei Grandi Giardini Italiani.
Dopo la spogliazione operata da Vittorio Emanuele II di Savoia le sale del Piano Nobile conservano intatto l’arredo fisso ossia pavimenti in marmo policromo, porte con serrature in bronzo dorato, affreschi, stucchi e camini in marmo di stile rococò.
L’Appartamento Nuovo del duca Ferdinando di Borbone costituisce invece un quartiere di sei stanze che il duca fece apprestare nel 1789: si tratta di una serie di ambienti riservati, sistemati nel corpo di fabbrica prossimo al torrente Parma e contiguo alla chiesa di San Liborio dove egli poteva ritirarsi in preghiera. La chiesa sorge sull’area del preesistente oratorio voluto da Francesco Farnese nel 1722, riedificato dal duca Ferdinando e affidato ai domenicani. Il cantiere fu commissionato a Pietro Cugini che si ispirò in più parti a un progetto del Petitot.
Il Giardini Ducali sorgono sulla base del giardino rinascimentale all’italiana con aiuole, pergole, siepi, labirinti, agrumeto e piante da frutto allestito dai Sanseverino, parenti degli Sforza. Nei primi anni di regno (1816-1823) la duchessa di Parma Maria Luigia trasformò poi il giardino alla francese in un bosco all’inglese, avvalendosi della collaborazione del presidente della società Botanica di Londra, Carlo Barvitius; furono innestate piante rare (tra cui la Zelcova Carpinifoglia tuttora esistente), creato il laghetto con l’Isola dell’amore e potenziate le serre dove l’Asburgo amava coltivare speciali varietà di insalata.
Decaduto a seguito all’Unità d’Italia, il parco della Reggia Ducale di Colorno è stato restaurato a spese della Provincia di Parma fra il 1998 ed il maggio del 2000. Ha concluso il cantiere la risistemazione del parterre alla francese eseguita sui progetti originali di Delisle.





IL PIANO NOBILE
L’ambiente più importante è sicuramente la Gran Sala, capolavoro del celebre architetto francese Ennemond Alexandre Petitot che la progettò nel 1753. Ultimato due anni dopo, questo vasto ambiente si caratterizza per un neoclassicismo d’avanguardia che lo qualifica tra le più precoci espressioni europee dello stile all’antica declinate dagli stucchi di Fortunato Rusca e dalle sculture di Jean Baptiste Boudard, ispirate ai disegni del Petitot. Tra il 1757 e il 1758 vennero inserite nelle cornici in stucco dorato quattro tele di François La Croix, noto come La Croix de Marseille, e di Adrien Manglard. Unico arredo sopravvissuto alle spoliazioni un’elegante console in legno dorato con le teste di ariete, opera eseguita nel 1766 dall’intagliatore Ignazio Marchetti.
Tra gli ambienti più interessanti del piano nobile, decorato con stucchi di stile rocaille messi in opera tra il 1750 e il ’53 da Carlo Bossi su progetto di François Antoine Carlier, si segnalano i due salottini cinesi di Babette e di Don Filippo di Borbone del 1753, allestiti con papiers peints italiani ispirati alle carte da parati di Cina e inseriti all’interno di boiseries raffinate.

L’APPARTAMENTO NUOVO

Sei grandi sale componevano il quartiere personale duca Ferdinando di Borbone: biblioteca, camera da letto, sala da pranzo, studio privato, studio ufficiale ed osservatorio astronomico furono affrescati tra il 1787 e l’89 dal figurista Antonio Bresciani e il quadraturista Gaetano Ghidetti insieme ad altri ambienti minori come lo studiolo, il bagno e una piccola cappella. Intatti gli arredi fissi, dalle boiseries alle imposte interne delle finestre alle serrature in ferro battuto.
Al Bresciani si devono inoltre i decori parietali dello studio privato e del duca e di quello ufficiale, eseguiti in forma di finti arazzi raffiguranti episodi dell’Antico Testamento. Da segnalare, nel cabinet di parata i cammei con Giochi di putti realizzati in monocromo dal Ghidetti.
Di grande interesse l’Osservatorio Astronomico di Don Ferdinando che da qui poteva studiare le condizioni atmosferiche indicate da una Rosa dei Venti collegata ad un’asta che perforava il soffitto; all’esterno, una banderuola azionava una freccia indicando così la direzione dell’aria.
Alle pareti, paesaggi e putti con strumenti astronomici alludono agli interessi scientifici del committente insieme ad un’Allegoria della Geografia, dipinta nel settore della stanza riservato alla lettura.

LA CAPPELLA DUCALE

Su commissione di Ferdinando di Borbone, nel 1788 fu invertito l’orientamento originario dell’edificio, così da garantirne una migliore fruibilità per i colornesi. Per l’occasione, Donnino Ferrari progettò il prospetto principale, la controfacciata con tribuna ducale e l’abside. I lavori si conclusero nel 1791. Di straordinario interesse l’organo a 2898 canne eseguito da Giuseppe Serassi di Bergamo dal 1792 al 1796 e riutilizzato nell’ambito di una rassegna concertistica internazionale che si svolge ogni domenica sera nel mese di settembre.
La chiesa conserva l’arredo liturgico originale coevo all’epoca di don Ferdinando. Nelle cappelle laterali opere di Gaetano Callani, Giuseppe Baldrighi, Pietro Melchiorre Ferrari, Laurent Pecheux, Domenico Muzzi e Benigno Bossi.
Interessante la tribuna ducale che permetteva al duca di assistere alla messa nelle occasioni solenni e di raggiungere la chiesa dal suo appartamento privato.
Di grande bellezza la cappella del Santissimo Sacramento, progettata da Pietro Cugini, allievo del Petitot; alle pareti, marmi di epoca romana provenienti dal palazzo di Tiberio sul colle Palatino, presso gli orti farnesiani prelevati.

IL GIARDINO

Fu allestito da Roberto di Sanseverino e ampliato dalla contessa Barbara. Le trasformazioni più significative avvennero al tempo di Francesco Farnese che tra il 1690 e il 1719 ne arricchì i percorsi con magnifiche e imponenti fontane realizzate con sculture in marmo di Giuliano Mozzani; tra queste, le Fontana di Proserpina e la Fontana del Trianon, trasferita al centro dell’isola nel lago del Parco Ducale di Parma. Nel 1718 arrivò dalla Francia il celebre ingegnere idraulico Jean Baillieul, progettista della Torre delle Acque sul torrente Lorno destinata ad alimentare le fontane e della grotta incantata con le statue di Apollo, di Vulcano, di Orfeo e dei Ciclopi mosse dalla pressione dell’acqua. Danneggiate durante la guerra di successione polacca del 1734, le condutture delle fontane non furono mai più riattivate.
Con l’arrivo a Parma di Don Filippo di Borbone e della moglie Babette nel 1749 il giardino all’italiana farnesiano venne adeguato alle modalità del giardino alla francese. Il ministro Guillome Du Tillot chiamò a Colorno l’allora giardiniere di Versailles François Anquetil detto il Delisle il quale, su disegno del Petitot, realizzò il parterre ad aiuole e fiori. Risale a quel momento la prospettiva dei tre viali lunghi oltre quattro chilometri, lievemente divergenti e innestati dal fondo del parterre così da apparire rettilinei con fuga all’infinito vista dallo scalone progettato dal Petitot.
Nei primi anni di regno Maria Luigia promosse la definitiva trasformazione in un bosco all’inglese.






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