Cimitero Ebraico
vicolo Gozzi
Finale Emilia (MO)
manifattura emiliana
lapide
famiglia Natan

marmo rosa di Verona/ incisione
cm 141 (la) 156 (a) 36 (p)
sec. XVII (1631 - 1653)
Lapide tripla verticale con basamento costituito da tre file di conci a bugnato, lastra con bordi a bassorilievo che delineano le tre lapidi, tutte con sommità arrotondata e decorazione applicata non riconoscibile. Ai lati e nella parte posteriore è presente un sostegno in cemento.

I defunti sono Donato Donati (Natan Natan, iscrizione 3), morto nel 1631, il nipote Ioseffo (Yosef, iscrizione 1), figlio di suo figlio Simone (Semu'el) e morto nel 1652, ed il figlio di Ioseffo (Natan Natan, iscrizione 2), chiamato come il bisnonno e deceduto in tenera età nel 1644. Donato Donati fu mercante e banchiere ma soprattutto fu colui che, dopo essersi trasferito a Finale Emilia nel 1600, acquistò nello stesso anno il terreno per il cimitero ad uso della comunità ebraica locale. Nel 1606 si trasferì a Modena, lasciando la sua casa ed i suoi affari finalesi al primogenito Simone. Nel 1621, in occasione di una carestia, assieme al socio Simon Borgo propose al Duca Cesare d'Este l'introduzione all'interno dello Stato Estense di una nuova coltura: il grano saraceno. I due avranno il privilegio, concesso loro dal Duca, di essere per venticinque anni gli unici fornitori di tale grano. Di Donato Donati si hanno notizie fino al 1629, poi niente. Si presume che si ammalò e forse tornò a vivere presso il figlio Simone, quel che è certo è che espresse la volontà di essere sepolto nel cimitero che aveva acquistato e che era ancora di proprietà della famiglia. Ioseffo Donati fu l'unico dei figli maschi di Simone Donati a non convertirsi al cattolicesimo. Non abbracciò la professione del padre e si dedicò al commercio delle biade e dell'acquavite. Alcuni documenti lo descrivo, negli anni giovanili, vestito con abiti sontuosi di velluto, d'oro e di seta. Da Sara Sanguinetti ebbe cinque figli, fra cui Donato Donati, qui sepolto. La lapide dei tre Donati ha iscrizioni in forma poetica e rimata. Il testo dell'iscrizione, oggi difficilmente illeggibile, si conserva nella trascrizione eseguita da Bernardino Ramazzini (1633-1714), conservata nel "Codice Wagenseil" della Biblioteca Universitaria di Lipsia.