Predappio

Rocca degli Ordelaffi
Predappio

Veduta di Predappio alta
via della Rocca
loc. Predappio Alta
Predappio (FC)
tel 0543 921766/68 (IAT)
Alle spalle della via Emilia, a pochi chilometri da Forlì, Predappio Alta è situata su uno sperone di roccia che domina la fondovalle del Rabbi con il moderno centro di Predappio.

Abitata fin dalla preistoria poi colonizzata dai Romani, nel secolo VIII questa area fu parte della ‘romanìola’ ex-bizantina donata al papa dai re franchi. Nel corso del medioevo lungo il Rabbi si sviluppò un percorso appenninico secondario della via Romea Germanica proveniente dal Brennero, con tappe nell’antica Predappio e a Premilcuore. Da Predappio passava però anche un’impervia ma rapida scorciatoia transvalliva - tramite Meldola, le Caminate, San Martino in Avello, Calboli, Rocca San Casciano - che univa la valle del Bidente a quella del Montone, consentendo di puntare direttamente su Firenze.

Il Duecento, tra i guelfi Calboli e i ghibellini Ordelaffi
Si ritiene che fin dal X secolo il sito fosse dei Calboli, casato che dal castrum omonimo sui rilievi tra Predappio e Rocca San Casciano aveva esteso i propri possedimenti ad alcuni castelli dell’Appennino forlivese in un rapporto conflittuale di dipendenza con i conti Guidi. A capo della fazione guelfa di Forlì almeno dal Duecento, i Calboli furono protagonisti con alterne fortune delle lotte per il controllo della città contro i ghibellini Oderlaffi e Orgogliosi, e fedeli sostenitori del papa nella lotta contro l'imperatore.
Il riconoscimento formale da parte di quest’ultimo dei diritti della Chiesa sulla Romagna, nel 1278, provocò una nuova rivolta della fazione ghibellina con epicentro Forlì che coinvolse anche Predappio. Il suo castello venne così probabilmente fortificato nel 1282 - e non fondato come vuole la tradizione - dal comandante delle truppe papali Jean d’Epée a sostegno dell’assedio di Meldola, dove si era rifugiato il capo ghibellino Guido da Montefeltro che pochi anni prima aveva distrutto Calboli. Le lotte sarebbero continuate anche dopo la vittoria della Chiesa, e nel 1304 Predappio fu occupato per qualche tempo dagli Orgogliosi.
Il controllo della valle del Rabbi, come di quella del Montone, rivestiva peraltro un’importanza non solo militare per Forlì, che aveva forzato la confluenza dei due fiumi in un unico corso d’acqua per controllare le piene che minacciavano la città da monte e alimentare con le sue acque i fossati difensivi e i canali cittadini.

Il Trecento: da Forlì alla Romagna fiorentina
Nella prima metà del Trecento i ghibellini Ordelaffi, divenuti signori di Forlì, capeggiarono una nuova ribellione contro il papato, aspramente contrastati dai Calboli. In venti anni di conflitto Forlì riuscì a occupare Meldola e Cesena, attaccando anche la rocca e i castelli appenninici dei Calboli e conquistando la stessa Predappio nel 1357, Castrocaro e Bertinoro.
Solo alla fine degli anni Cinquanta la spietata ‘crociata’ contro i Forlivesi del cardinale Albornoz poté ristabilire i diritti della Chiesa sulla Romagna, concedendo ai Calboli, strettamente legati al cardinale, il governatorato delle rocche man mano riconquistate, compresa Predappio.
Nel giro di venti anni gli Oderlaffi, esaurita un’ultima fiammata ribellistica, giunsero però a patti con la Chiesa, rientrando progressivamente in qualità di vicari papali in buona parte dei loro possedimenti forlivesi. L’arrendevolezza del papa verso gli ex ribelli indusse Francesco signore di Calboli, Rocca San Casciano, Montebello e Predappio, il cui castello avito era stato distrutto durante l'ultima rivolta ordelaffa, a lasciare alla sua morte, avvenuta nel 1382, i suoi possedimenti a Firenze, per evitarne l’annessione da parte dei nemici di sempre.
La Repubblica consolidava così, concedendo alle nuove terre l’autonomia comunale, l’acquisizione di territori sul versante adriatico dell’appennino avviata nel 1341 e che nel secolo seguente avrebbe portato alla formazione della Romagna ‘fiorentina’.

Il Quattrocento: la signoria oderlaffa e l'ammodernamento delle rocche
Nel giro di qualche decennio gli Ordelaffi riuscirono a recuperare una piccola parte dei territori calboleschi divenuti fiorentini compresa Predappio che, occupata a più riprese all’inizio del Quattrocento, nel 1435 fu concessa dal papa in feudo agli Oderlaffi insieme alla vicina Fiumana, sottomettendosi cinque anni dopo al comune di Forlì. Veniva così a spezzarsi l’antica continuità territoriale e amministrativa dei feudi dei Calboli: vicinissimo - per quanto incerto come tante divisioni confinarie in area romagnola - un confine separava ora il Predappiese, e quindi lo Stato della Chiesa, dai possedimenti passati a Firenze.
La signoria ordelaffa avrebbe dominato Forlì e il suo territorio per quasi tutto il Quattrocento, promuovendo importanti interventi di edilizia civile e militare nei centri strategici dei loro domini, in un contesto reso instabile dalle rivolte interne come dalle rinnovate mire espansionistiche dei potentati esterni sulla Romagna. Anche a Predappio - specie sotto Pino III, dal 1471 al 1480 - fu così avviato l’adeguamento delle strutture difensive e della rocca alle nuove tecniche militari imposte dall’avvento delle armi da fuoco.

Nello Stato della Chiesa: la decandenza della rocca
Gli ultimi, turbolenti, decenni del Quattrocento videro il Forlivese passare al nipote del papa Girolamo Riario, signore anche di Imola, poi alla sua vedova e reggente Caterina Sforza, e infine a Cesare Borgia, il figlio di Alessandro VI che intendeva realizzare un proprio dominio personale in Romagna.
Tornati al potere nel 1503 dopo la caduta del Valentino, gli Ordelaffi si estinsero però l’anno successivo restituendo Forlì alla Chiesa del nuovo papa Giulio II, che inglobò la Romagna nella compagine statale, cancellando per sempre il sistema dei vicariati signorili.
Dalla seconda metà del Cinquecento la relativa stabilità politica in Romagna finì per spogliare progressivamente di funzioni militari le fortificazioni come Predappio, rese obsolete anche dagli ulteriori progressi delle tecniche belliche. Predappio sarebbe rimasta alla Santa Sede fino all'invasione francese e di nuovo fino all’Unità d’Italia, mentre di là dal confine le altre terre romagnole seguivano i destini del Granducato di Toscana.

Dall'Unità d'Italia al Novecento: la nuova e la vecchia Predappio
Lo Stato unitario mantenne la ripartizione tra area toscana e area romagnola che si era affermata fra Tre e Quattrocento – e quindi la suddivisione amministrativa delle terre dei Calboli - fino al 1923. In quell’anno il circondario di Rocca San Casciano venne infatti distaccato dall’ambito toscano, passando dalla giurisdizione provinciale di Firenze a quella di Forlì, e facendo di Calboli una frazione del comune di Predappio. Nata per rispondere a forti pressioni ‘regionaliste’ locali, questa scelta consentiva anche collocare nella terra d’origine del Duce le sorgenti del Tevere, evidenziando simbolicamente la continuità del nuovo regime con la città eterna.
L’anno successivo, una frana travolse il borgo di Predappio, dando occasione al governo fascista di realizzare tra il 1925 e il 1926 un nuovo e più sicuro abitato a fondovalle, nella piccola frazione di Dovia che aveva dato i natali a Mussolini. Città di fondazione novecentesca - esempio di urbanistica razionalista e parte con la vicina rocca delle Caminate della creazione del mito delle origini del duce - il nuovo centro divenne nel 1927 sede del comune, assumendo il nome di Predappio nuova poi di Predappio, mentre l’antico borgo divenuto frazione venne denominato dal 1936 Predappio Alta.
Più volte sottoposta a lavori di consolidamento, la rocca, oggi proprietà dell’amministrazione comunale, è stata oggetto di importanti interventi di restauro che hanno portato nel 2008 alla sua inaugurazione e all’apertura al pubblico in occasione di eventi particolari.

VISITA
Borgo e rocca si ergono su uno sperone di roccia puddinga – arenaria calcarea derivante da antichissimi depositi marini – che domina la valle.
Un vicolo acciottolato che si diparte dalla porta del borgo detta Fiorentina conduce alla base dell’imponente muro esterno dell’edificio, a pianta irregolarmente quadrilatera e dotato di due possenti torrioni circolari.Una ripida scala di nuova fattura, alla quale si accede da una porticina, consente di raggiungere la sommità della rocca, uno spazio aperto dove si trova un piccolo giardino con un balconcino affacciato sulla valle. Sul giardino si apre un locale che ospita oggi un’area di degustazione dei vini prodotti dalle aziende della zona, mentre gli ambienti dell’edificio ai piani sottostanti, privi di finestre, non sono accessibili.
Attraverso una serie di scalette e terrazze si giunge nei pressi di uno dei torrioni e al cammino di ronda, dal quale sono visibili il coronamento murario; vicino al secondo torrione si apre un terrazzo panoramico sul borgo. Al centro della struttura emerge, attorniata da alti cipressi, la punta del masso di puddinga che la sostiene; percorrendo gli spazi aperti dell’edificio appare peraltro evidente l'integrazione del costruito con la roccia, che in alcuni punti si sostituisce alla muratura.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Montone e Rabbi
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Calboli,
Ordelaffi,
Comune di Firenze e Granducato di Toscana
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

La Romagna fiorentina-toscana,
Albornoz: la reconquista della Romagna,
Fascismo Guerra Resistenza
Bibliografia
via della Rocca
loc. Predappio Alta
Predappio (FC)
tel 0543 921766/68 (IAT)
Alle spalle della via Emilia, a pochi chilometri da Forlì, Predappio Alta è situata su uno sperone di roccia che domina la fondovalle del Rabbi con il moderno centro di Predappio.

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Abitata fin dalla preistoria poi colonizzata dai Romani, nel secolo VIII questa area fu parte della ‘romanìola’ ex-bizantina donata al papa dai re franchi. Nel corso del medioevo lungo il Rabbi si sviluppò un percorso appenninico secondario della via Romea Germanica proveniente dal Brennero, con tappe nell’antica Predappio e a Premilcuore. Da Predappio passava però anche un’impervia ma rapida scorciatoia transvalliva - tramite Meldola, le Caminate, San Martino in Avello, Calboli, Rocca San Casciano - che univa la valle del Bidente a quella del Montone, consentendo di puntare direttamente su Firenze.

Il Duecento, tra i guelfi Calboli e i ghibellini Ordelaffi
Si ritiene che fin dal X secolo il sito fosse dei Calboli, casato che dal castrum omonimo sui rilievi tra Predappio e Rocca San Casciano aveva esteso i propri possedimenti ad alcuni castelli dell’Appennino forlivese in un rapporto conflittuale di dipendenza con i conti Guidi. A capo della fazione guelfa di Forlì almeno dal Duecento, i Calboli furono protagonisti con alterne fortune delle lotte per il controllo della città contro i ghibellini Oderlaffi e Orgogliosi, e fedeli sostenitori del papa nella lotta contro l'imperatore.
Il riconoscimento formale da parte di quest’ultimo dei diritti della Chiesa sulla Romagna, nel 1278, provocò una nuova rivolta della fazione ghibellina con epicentro Forlì che coinvolse anche Predappio. Il suo castello venne così probabilmente fortificato nel 1282 - e non fondato come vuole la tradizione - dal comandante delle truppe papali Jean d’Epée a sostegno dell’assedio di Meldola, dove si era rifugiato il capo ghibellino Guido da Montefeltro che pochi anni prima aveva distrutto Calboli. Le lotte sarebbero continuate anche dopo la vittoria della Chiesa, e nel 1304 Predappio fu occupato per qualche tempo dagli Orgogliosi.
Il controllo della valle del Rabbi, come di quella del Montone, rivestiva peraltro un’importanza non solo militare per Forlì, che aveva forzato la confluenza dei due fiumi in un unico corso d’acqua per controllare le piene che minacciavano la città da monte e alimentare con le sue acque i fossati difensivi e i canali cittadini.

Il Trecento: da Forlì alla Romagna fiorentina
Nella prima metà del Trecento i ghibellini Ordelaffi, divenuti signori di Forlì, capeggiarono una nuova ribellione contro il papato, aspramente contrastati dai Calboli. In venti anni di conflitto Forlì riuscì a occupare Meldola e Cesena, attaccando anche la rocca e i castelli appenninici dei Calboli e conquistando la stessa Predappio nel 1357, Castrocaro e Bertinoro.
Solo alla fine degli anni Cinquanta la spietata ‘crociata’ contro i Forlivesi del cardinale Albornoz poté ristabilire i diritti della Chiesa sulla Romagna, concedendo ai Calboli, strettamente legati al cardinale, il governatorato delle rocche man mano riconquistate, compresa Predappio.
Nel giro di venti anni gli Oderlaffi, esaurita un’ultima fiammata ribellistica, giunsero però a patti con la Chiesa, rientrando progressivamente in qualità di vicari papali in buona parte dei loro possedimenti forlivesi. L’arrendevolezza del papa verso gli ex ribelli indusse Francesco signore di Calboli, Rocca San Casciano, Montebello e Predappio, il cui castello avito era stato distrutto durante l'ultima rivolta ordelaffa, a lasciare alla sua morte, avvenuta nel 1382, i suoi possedimenti a Firenze, per evitarne l’annessione da parte dei nemici di sempre.
La Repubblica consolidava così, concedendo alle nuove terre l’autonomia comunale, l’acquisizione di territori sul versante adriatico dell’appennino avviata nel 1341 e che nel secolo seguente avrebbe portato alla formazione della Romagna ‘fiorentina’.

Il Quattrocento: la signoria oderlaffa e l'ammodernamento delle rocche
Nel giro di qualche decennio gli Ordelaffi riuscirono a recuperare una piccola parte dei territori calboleschi divenuti fiorentini compresa Predappio che, occupata a più riprese all’inizio del Quattrocento, nel 1435 fu concessa dal papa in feudo agli Oderlaffi insieme alla vicina Fiumana, sottomettendosi cinque anni dopo al comune di Forlì. Veniva così a spezzarsi l’antica continuità territoriale e amministrativa dei feudi dei Calboli: vicinissimo - per quanto incerto come tante divisioni confinarie in area romagnola - un confine separava ora il Predappiese, e quindi lo Stato della Chiesa, dai possedimenti passati a Firenze.
La signoria ordelaffa avrebbe dominato Forlì e il suo territorio per quasi tutto il Quattrocento, promuovendo importanti interventi di edilizia civile e militare nei centri strategici dei loro domini, in un contesto reso instabile dalle rivolte interne come dalle rinnovate mire espansionistiche dei potentati esterni sulla Romagna. Anche a Predappio - specie sotto Pino III, dal 1471 al 1480 - fu così avviato l’adeguamento delle strutture difensive e della rocca alle nuove tecniche militari imposte dall’avvento delle armi da fuoco.

Nello Stato della Chiesa: la decandenza della rocca
Gli ultimi, turbolenti, decenni del Quattrocento videro il Forlivese passare al nipote del papa Girolamo Riario, signore anche di Imola, poi alla sua vedova e reggente Caterina Sforza, e infine a Cesare Borgia, il figlio di Alessandro VI che intendeva realizzare un proprio dominio personale in Romagna.
Tornati al potere nel 1503 dopo la caduta del Valentino, gli Ordelaffi si estinsero però l’anno successivo restituendo Forlì alla Chiesa del nuovo papa Giulio II, che inglobò la Romagna nella compagine statale, cancellando per sempre il sistema dei vicariati signorili.
Dalla seconda metà del Cinquecento la relativa stabilità politica in Romagna finì per spogliare progressivamente di funzioni militari le fortificazioni come Predappio, rese obsolete anche dagli ulteriori progressi delle tecniche belliche. Predappio sarebbe rimasta alla Santa Sede fino all'invasione francese e di nuovo fino all’Unità d’Italia, mentre di là dal confine le altre terre romagnole seguivano i destini del Granducato di Toscana.

Dall'Unità d'Italia al Novecento: la nuova e la vecchia Predappio
Lo Stato unitario mantenne la ripartizione tra area toscana e area romagnola che si era affermata fra Tre e Quattrocento – e quindi la suddivisione amministrativa delle terre dei Calboli - fino al 1923. In quell’anno il circondario di Rocca San Casciano venne infatti distaccato dall’ambito toscano, passando dalla giurisdizione provinciale di Firenze a quella di Forlì, e facendo di Calboli una frazione del comune di Predappio. Nata per rispondere a forti pressioni ‘regionaliste’ locali, questa scelta consentiva anche collocare nella terra d’origine del Duce le sorgenti del Tevere, evidenziando simbolicamente la continuità del nuovo regime con la città eterna.
L’anno successivo, una frana travolse il borgo di Predappio, dando occasione al governo fascista di realizzare tra il 1925 e il 1926 un nuovo e più sicuro abitato a fondovalle, nella piccola frazione di Dovia che aveva dato i natali a Mussolini. Città di fondazione novecentesca - esempio di urbanistica razionalista e parte con la vicina rocca delle Caminate della creazione del mito delle origini del duce - il nuovo centro divenne nel 1927 sede del comune, assumendo il nome di Predappio nuova poi di Predappio, mentre l’antico borgo divenuto frazione venne denominato dal 1936 Predappio Alta.
Più volte sottoposta a lavori di consolidamento, la rocca, oggi proprietà dell’amministrazione comunale, è stata oggetto di importanti interventi di restauro che hanno portato nel 2008 alla sua inaugurazione e all’apertura al pubblico in occasione di eventi particolari.

VISITA
Borgo e rocca si ergono su uno sperone di roccia puddinga – arenaria calcarea derivante da antichissimi depositi marini – che domina la valle.
Un vicolo acciottolato che si diparte dalla porta del borgo detta Fiorentina conduce alla base dell’imponente muro esterno dell’edificio, a pianta irregolarmente quadrilatera e dotato di due possenti torrioni circolari.Una ripida scala di nuova fattura, alla quale si accede da una porticina, consente di raggiungere la sommità della rocca, uno spazio aperto dove si trova un piccolo giardino con un balconcino affacciato sulla valle. Sul giardino si apre un locale che ospita oggi un’area di degustazione dei vini prodotti dalle aziende della zona, mentre gli ambienti dell’edificio ai piani sottostanti, privi di finestre, non sono accessibili.
Attraverso una serie di scalette e terrazze si giunge nei pressi di uno dei torrioni e al cammino di ronda, dal quale sono visibili il coronamento murario; vicino al secondo torrione si apre un terrazzo panoramico sul borgo. Al centro della struttura emerge, attorniata da alti cipressi, la punta del masso di puddinga che la sostiene; percorrendo gli spazi aperti dell’edificio appare peraltro evidente l'integrazione del costruito con la roccia, che in alcuni punti si sostituisce alla muratura.


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