Castelfranco Emilia

Castello Malvasia
Castelfranco Emilia

Castello di Panzano, su gentile concessione di www.comuni-italiani.it
via Bixio, 35
loc. Panzano
Castelfranco Emilia (MO)
tel 051 733169
Nella pianura modenese a ridosso della via Emilia, al confine con il Bolognese, Panzano è situato lungo il torrente Zena tra Castelfranco e Nonantola, sulla destra del Panaro.

Tra Modena e Bologna: Panzano e il 'castel franco'
Due mulini sarebbero stati presenti nella corte di Panzano già nel secolo VIII, quando vennero citati, con quella che è però ritenuta un’interpolazione più tarda, nel diploma del re longobardo Astolfo che conferiva all’abbazia benedettina di Nonantola numerosi possessi nell’area e il controllo delle acque dello Zena. Nei suoi pressi correva la via Romea Nonantolana che collegava lungo le rive del Panaro l’abbazia di pianura alla consorella appenninica di Fanano, e da qui portava alla Toscana pistoiese.
Indicato alla fine del X secolo come parte del territorio modenese nella bolla papale che confermava all’abbazia benedettina di Leno la corte e le sue chiese, il castello di Panzano venne poi coinvolto nelle lotte tra i comuni di Modena e di Bologna per il controllo di questa area di confine. Dopo decenni di dispute, che nel 1226 indussero il comune felsineo a fondare poco lontano l’avamposto di Castelfranco lungo la via Emilia, la vittoria alla Fossalta nel 1249 contro le truppe imperiali e modenesi consentì a Bologna – a cui Panzano si diede nel 1310 - di affermare a lungo il proprio controllo su questa area, passata solo nel 1929 all’amministrazione provinciale modenese.

I Malvasia: dal castello alla villa rustica
Nel 1496 – pochi anni prima che la signoria bentivolesca su Bologna cedesse il passo allo stato della Chiesa - il castello e la tenuta di Panzano vennero acquistati da Napoleone Malvasia, membro di un’importante famiglia del patriziato senatorio cc ne avrebbe mantenuto la proprietà per quasi quattro secoli.
Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del secolo successivo monsignor Innocenzo, celebre diplomatico pontificio, ampliò il castello e lo modificò, facendone una residenza per villeggiatura e insieme il centro della grande azienda agricola di famiglia, sul modello del palazzo-villa rustica ispirato alle delizie estensi - in particolare Belriguardo - che il prelato aveva conosciuto nel corso delle sue missioni ferraresi.
Il complesso venne riorganizzato dislocando gli apparati produttivi lungo il canale Torbido, che alimentava le attività agricole e manifatturiere della tenuta, e innestando da quel lato sull’originaria struttura militare un’ala residenziale, mentre sul lato meridionale venne eretta una torre.
La nuova forma dell’edificio - che pure mantenne alcuni connotati dell’architettura fortificata - rifletteva gli interessi economici del patriziato urbano legati alle attività agricole e una visione conservatrice dei rapporti economici e sociali, espressi dal monsignore anche nella famosa ‘Istruzione di agricoltura’ del 1609 rivolta al suo fattore, che ebbe larga diffusione.

Dal Seicento al Novecento
Ulteriori interventi vennero realizzati nella prima metà del Seicento, quando una delle torri dell’edificio fu adibita ad osservatorio astronomico dal generale Cornelio Malvasia, cultore della materia e protettore del grande scienziato Giovanni Domenico Cassini, chiamato per suo tramite alla cattedra bolognese di astronomia.
Passato a un ramo collaterale della famiglia, il castello venne ulteriormente ampliato dal conte Cesare, membro del Senato bolognese, che fece riedificare la facciata meridionale di accesso e sopraelevare l’ala ovest della corte interna per creare nuovi appartamenti padronali. Ancora di proprietà Malvasia, nel corso del Settecento Panzano fu per un periodo adibito a sede estiva del collegio modenese dei nobili San Carlo.
Dopo l’Unità d’Italia il castello passò nelle mani di diversi privati, subendo pesanti danni; a fine secolo un crollo distrusse la torre adibita a osservatorio astronomico.
Dal 1972 il castello è proprietà della famiglia Righini, che ha restaurato l’edificio facendone anche la sede di una importante collezione di auto d'epoca.

VISITA
Immerso in un contesto agreste, il complesso si struttura a ridosso del canale, in simbiosi con il piccolo borgo porticato.
Il tracciato della cinta muraria è quasi totalmente leggibile; delle tre torri originarie solo due, con tracce di affreschi compreso un grande stemma Malvasia, sono ancora presenti.
Il complesso è composto da più corti contigue: la corte padronale con il portico, lo scalone e un sistema di logge e ambienti passanti, la corte al servizio dell’azienda agricola con l’antico mulino Malvasia, e quella del settecentesco convento degli Agostiniani.
Nell'ala residenziale, il salone al piano nobile conserva dipinti secenteschi di Gian Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi, mentre nella cappellina, in origine dedicata a san Michele e decorata tra il 1612 e il 1614 da Lorenzo Pisanelli e Scipione Bagnacavallo, sono i ritratti di monsignor Innocenzo e di altri esponenti della famiglia Malvasia.
Nel borgo, la chiesa dei santi Filippo e Giacomo, di antica fondazione, venne rifatta all’inizio del Novecento; il campanile è del 1924.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Panaro
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Comune di Bologna,
Malvasia
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Il Castello-Villa rustica,
Tra Modena e Bologna: un confine conteso
Bibliografia
via Bixio, 35
loc. Panzano
Castelfranco Emilia (MO)
tel 051 733169
Nella pianura modenese a ridosso della via Emilia, al confine con il Bolognese, Panzano è situato lungo il torrente Zena tra Castelfranco e Nonantola, sulla destra del Panaro.

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Tra Modena e Bologna: Panzano e il 'castel franco'
Due mulini sarebbero stati presenti nella corte di Panzano già nel secolo VIII, quando vennero citati, con quella che è però ritenuta un’interpolazione più tarda, nel diploma del re longobardo Astolfo che conferiva all’abbazia benedettina di Nonantola numerosi possessi nell’area e il controllo delle acque dello Zena. Nei suoi pressi correva la via Romea Nonantolana che collegava lungo le rive del Panaro l’abbazia di pianura alla consorella appenninica di Fanano, e da qui portava alla Toscana pistoiese.
Indicato alla fine del X secolo come parte del territorio modenese nella bolla papale che confermava all’abbazia benedettina di Leno la corte e le sue chiese, il castello di Panzano venne poi coinvolto nelle lotte tra i comuni di Modena e di Bologna per il controllo di questa area di confine. Dopo decenni di dispute, che nel 1226 indussero il comune felsineo a fondare poco lontano l’avamposto di Castelfranco lungo la via Emilia, la vittoria alla Fossalta nel 1249 contro le truppe imperiali e modenesi consentì a Bologna – a cui Panzano si diede nel 1310 - di affermare a lungo il proprio controllo su questa area, passata solo nel 1929 all’amministrazione provinciale modenese.

I Malvasia: dal castello alla villa rustica
Nel 1496 – pochi anni prima che la signoria bentivolesca su Bologna cedesse il passo allo stato della Chiesa - il castello e la tenuta di Panzano vennero acquistati da Napoleone Malvasia, membro di un’importante famiglia del patriziato senatorio cc ne avrebbe mantenuto la proprietà per quasi quattro secoli.
Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del secolo successivo monsignor Innocenzo, celebre diplomatico pontificio, ampliò il castello e lo modificò, facendone una residenza per villeggiatura e insieme il centro della grande azienda agricola di famiglia, sul modello del palazzo-villa rustica ispirato alle delizie estensi - in particolare Belriguardo - che il prelato aveva conosciuto nel corso delle sue missioni ferraresi.
Il complesso venne riorganizzato dislocando gli apparati produttivi lungo il canale Torbido, che alimentava le attività agricole e manifatturiere della tenuta, e innestando da quel lato sull’originaria struttura militare un’ala residenziale, mentre sul lato meridionale venne eretta una torre.
La nuova forma dell’edificio - che pure mantenne alcuni connotati dell’architettura fortificata - rifletteva gli interessi economici del patriziato urbano legati alle attività agricole e una visione conservatrice dei rapporti economici e sociali, espressi dal monsignore anche nella famosa ‘Istruzione di agricoltura’ del 1609 rivolta al suo fattore, che ebbe larga diffusione.

Dal Seicento al Novecento
Ulteriori interventi vennero realizzati nella prima metà del Seicento, quando una delle torri dell’edificio fu adibita ad osservatorio astronomico dal generale Cornelio Malvasia, cultore della materia e protettore del grande scienziato Giovanni Domenico Cassini, chiamato per suo tramite alla cattedra bolognese di astronomia.
Passato a un ramo collaterale della famiglia, il castello venne ulteriormente ampliato dal conte Cesare, membro del Senato bolognese, che fece riedificare la facciata meridionale di accesso e sopraelevare l’ala ovest della corte interna per creare nuovi appartamenti padronali. Ancora di proprietà Malvasia, nel corso del Settecento Panzano fu per un periodo adibito a sede estiva del collegio modenese dei nobili San Carlo.
Dopo l’Unità d’Italia il castello passò nelle mani di diversi privati, subendo pesanti danni; a fine secolo un crollo distrusse la torre adibita a osservatorio astronomico.
Dal 1972 il castello è proprietà della famiglia Righini, che ha restaurato l’edificio facendone anche la sede di una importante collezione di auto d'epoca.

VISITA
Immerso in un contesto agreste, il complesso si struttura a ridosso del canale, in simbiosi con il piccolo borgo porticato.
Il tracciato della cinta muraria è quasi totalmente leggibile; delle tre torri originarie solo due, con tracce di affreschi compreso un grande stemma Malvasia, sono ancora presenti.
Il complesso è composto da più corti contigue: la corte padronale con il portico, lo scalone e un sistema di logge e ambienti passanti, la corte al servizio dell’azienda agricola con l’antico mulino Malvasia, e quella del settecentesco convento degli Agostiniani.
Nell'ala residenziale, il salone al piano nobile conserva dipinti secenteschi di Gian Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi, mentre nella cappellina, in origine dedicata a san Michele e decorata tra il 1612 e il 1614 da Lorenzo Pisanelli e Scipione Bagnacavallo, sono i ritratti di monsignor Innocenzo e di altri esponenti della famiglia Malvasia.
Nel borgo, la chiesa dei santi Filippo e Giacomo, di antica fondazione, venne rifatta all’inizio del Novecento; il campanile è del 1924.


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