Ferrara

Castello Estense
Ferrara

largo Castello, 1
Ferrara (FE)
tel 0532 419180 (biglietteria)
A poca distanza dal Po - che a nord separa l’Emilia Romagna dal Veneto, sfociando poi con il suo vasto delta in Adriatico - e a circa cinquanta chilometri dalla via Emilia, Ferrara è al centro di una vasta pianura confinante con i territori di Bologna e Modena.

Un primo insediamento si formò dal VII secolo a seguito del trasferimento dell’antica diocesi della vicina Voghenza, prima presso la pieve della ‘punta’ San Giorgio - dove allora scorreva, biforcandosi, il ramo principale del Po - poi nel castrum bizantino a difesa del porto fluviale sulla sponda opposta. Nell’VIII secolo il territorio fu donato al papa con la 'romanìola' ex bizantina dai re franchi, e sul finire del primo millennio il comitato di Ferrara venne riconosciuto dall’Imperatore alla potente Chiesa ravennate, che vantava pretese su molte aree ex esarcali.

Un castello per gli Este
Fu però con investitura papale che Ferrara venne assegnata prima ai Canossa, conti palatini, che la tennero fino alla morte di Matilde nel 1115, e in seguito agli Este, famiglia guelfa del casato obertengo, che nel 1332 ottenne formalmente con il vicariato papale la signoria cittadina che deteneva di fatto da settant’anni. Ma fino a tutto il Trecento il potere degli Este rimase instabile, a causa delle frequenti rivolte popolari cittadine e delle continue contese sul fronte esterno, tese a radicare la loro autorità nei feudi imperiali di Modena e di Reggio e a combattere Bologna, Mantova, Verona e Venezia per il controllo del territorio.
Proprio a seguito di una cruenta ribellione innescata dalla carestia, e repressa a fatica, gli Este si risolsero nel 1385 a edificare una rocca in città, in sostituzione del canossiano castel Tedaldo posto a sud della città. Dedicato a san Michele, l’edificio sorse in una vasta area di loro proprietà a ridosso del fronte settentrionale della duecentesca cinta urbana, nei pressi del palazzo municipale, la residenza da loro edificata più di cento anni prima di fronte al Duomo.
Il progetto di Bartolino da Novara, che avrebbe poi realizzato anche i castelli di Mantova e Finale Emilia, produsse un sistema fortificato a pianta quadrata articolato attorno ad un ampio cortile, collegando con basse cortine di edifici la torre detta dei Leoni, posta a difesa di una porta delle mura, ad altre tre di nuova costruzione. L’intera rocca – e la stessa torre dei Leoni che fungeva da mastio - era circondata da un fossato, alimentato da un canale esterno alle mura collegato al sistema idrico del Po e solcato da ponti levatoi; un camminamento protetto superava il fossato, congiungendo la residenza di famiglia alla fortezza, per consentire ai suoi membri di trovarvi rifugio in caso di necessità.

Da fortezza a palazzo: una reggia per la dinastia
Pur non perdendo mai la sua destinazione difensiva - e repressiva, come carcere per i dissidenti - il castello assunse crescenti funzioni di governo e residenziali, specie a partire dagli anni Settanta del Quattrocento, sotto Ercole I, quando gli Este avevano ormai ottenuto dal papa il titolo ducale e dopo un tentativo di colpo di stato che aveva costretto la corte a rifugiarsi nella fortezza.
Importanti interventi architettonici e decorativi furono allora promossi per trasformare l’edificio da apparato militare in residenza principesca, simbolo della potenza del casato. Proseguite nel secolo successivo dai successori di Ercole, le modifiche interessarono sia l’interno che l’esterno dell’edificio: vennero così via via realizzati appartamenti fastosamente decorati e un giardino pensile, il camminamento protetto fu trasformato in studiolo privato poi in galleria per la splendida collezione d’arte ducale e il cortile assunse funzioni cerimoniali e di rappresentanza, mentre le funzioni difensive e i locali di servizio venivano concentrati ai piani inferiori.

L’addizione Erculea: il castello centro della città e del territorio
L'addizione Erculea - il grande progetto urbanistico degli anni Novanta del Quattrocento che abbattendo le vecchie mura aveva ampliato verso nord la città, proteggendola dagli attacchi veneziani con un imponente sistema di nuovi bastioni - mutò la collocazione del castello nel tessuto urbano e il suo ruolo nel sistema di potere estense.
Posto all’innesto tra la città medievale e la nuova espansione, dai margini dell’insediamento il castello si trovò ora al centro, prospettico e semantico, della nuova struttura urbana e della sua rete viaria ortogonale, nonché della rete di ‘delizie’ sviluppata sul territorio dagli Este: sfarzose residenze sub o extraurbane - collegate tra loro e con la capitale da un reticolo di canali - che fungevano da sedi temporanee del governo e degli svaghi di corte, rappresentazioni della potenza del casato ma anche snodi strategici del progetto estense di bonifica e trasformazione dello spazio naturale, presidio e controllo dello spazio politico del territorio.
Nella seconda metà del Cinquecento un incendio e il devastante terremoto del 1570 fornirono l’occasione per una decisa trasformazione architettonica del castello, con l’innalzamento dei volumi, l’eliminazione delle merlature, l’inserimento in facciata di balaustre di marmo d’Istria e la realizzazione di una passeggiata coperta al primo piano e di altane in cima alle torri, predisposte per la contemplazione del paesaggio punteggiato di delizie, aree verdi e canali.

Crisi e fine della dinastia: il governo papale
In quello scorcio di secolo, sotto Alfonso II, si condensarono le premesse della crisi irreversibile del casato e della città: gli imponenti investimenti connessi alla ‘grande bonifica’ del Polesine ferrarese, gli scontri con Venezia legati ai progetti di espansione nel delta come quello della Mesola, le impegnative iniziative militari intraprese per garantirsi la benevolenza papale. La morte di Alfonso nel 1597 senza eredi riconosciuti da Roma segnò la forzata devoluzione di Ferrara allo Stato della Chiesa e il ritiro degli Este nel ducato ‘imperiale’ di Modena e Reggio.
Con il passaggio al governo papale, da capitale di rango Ferrara divenne un centro periferico. Il suo castello fu così convertito in centro amministrativo e residenza dei cardinali legati, mentre le funzioni di difesa cittadina venivano demandate a una nuova fortezza pentagonale adeguata alle moderne tecniche belliche, edificata in un’ampia area a sud-ovest della città al posto del castel Tedaldo e della delizia del Belvedere.
Le vicende dinastiche degli Este comportarono la dispersione di preziosi archivi, arredi e opere d’arte, trasferiti a Modena a costituire il nucleo della futura collezione ducale o confluiti in importanti collezioni romane. Soli interventi degni di nota nel castello furono allora i restauri sei-settecenteschi promossi dopo alcuni incendi e le decorazioni realizzate nella prima metà dell’Ottocento nelle sale di rappresentanza.

L’addizione novecentista e il castello
Acquisito dal demanio statale dopo l’Unità d’Italia, nel 1874 il castello venne trasferito all’amministrazione provinciale che lo destinò a sede degli uffici propri, della prefettura e di altri enti.
Nel primo dopoguerra, specie dopo l’avvento del Fascismo, la riscoperta della Ferrara estense fu promossa anche a fini di propaganda della ‘addizione novecentista’: un ampio programma urbanistico lanciato nei primi anni Venti da Italo Balbo e dal podestà Ravenna sulla base del precedente piano regolatore per colmare l’enorme ‘spianata’ creata a metà Ottocento dalla demolizione della fortezza papale. Realizzati in più fasi e completati solo nel secondo dopoguerra, gli interventi avrebbe portato nell’area importanti sedi industriali, ospedaliere e di servizio e diversi insediamenti di edilizia popolare.
Primo, simbolico atto del programma fu il recupero di due edifici pubblici strettamente legati agli Este e all’identità di Ferrara capitale: il palazzo municipale, la cui facciata venne ridisegnata in stile neogotico, e il castello, per il quale ci si propose, sull’onda di precedenti interventi, la monumentalizzazione e il recupero dell’aspetto medievale ‘originario’, contemperati con le esigenze della modernità; esemplari furono i lavori effettuati agli ingressi e nel cortile per garantire l’accesso delle automobili, che portarono all’eliminazione di elementi rinascimentali e di edilizia ‘minore’ del complesso.
Negli ambienti interni, la nuova sala del consiglio provinciale venne decorata nel primo dopoguerra in uno stile tra liberty e déco, mentre a metà anni Venti la saletta dei Veleni fu affrescata con un ritratto di Balbo. Nessuna attenzione fu portata al ripristino del fossato del castello – tra i pochi rimasti in tutta Europa - e del sistema dei canali cittadini, compromessi fin dal tombamento del canale Panfilio di metà Ottocento.

Recupero, restauro, valorizzazione
Sede negli ultimi anni della seconda guerra mondiale di uffici militari e istituzionali, durante i pesanti bombardamenti del 5 giugno del 1944 il castello subì la distruzione del rivellino cinquecentesco di ingresso Nord, ricostruito nel 1946.
Nonostante le successive modifiche e le distruzioni, l'edificio è giunto ai nostri giorni complessivamente in buono stato: il mantenimento della funzione pubblica ha infatti garantito nei secoli la manutenzione di gran parte degli spazi – ma non degli ambienti destinati a residenze private e pesantemente manomessi negli anni, come quelli collegati al passaggio protetto.
Queste premesse hanno favorito il successo dei progetti di restauro conservativo e di recupero dell'edificio ad uso culturale, che ripresero le proposte lanciate già negli anni Venti di spostare in altra sede le funzioni burocratiche.
Un importante programma di studio, restauro, e valorizzazione museale del monumento, avviato dall’amministrazione provinciale negli anni Ottanta e realizzato in più fasi, si è concluso nel 2006 con l’inaugurazione del percorso lungo le cinquanta stanze del castello, nell’allestimento museale di Gae Aulenti. Il terremoto che ha colpito la regione nel 2012 ha danneggiato diverse parti della struttura, richiedendo ulteriori interventi proseguiti per circa tre anni. Nel 1995 Ferrara ha ottenuto il riconoscimento Unesco come patrimonio dell’umanità, esteso nel 1999 al sistema delle dimore estensi e del loro contesto paesaggistico.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

delta e valle Po
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Este
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Rinascimento e Manierismo,
Storicismo Eclettismo Liberty
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Le Delizie estensi,
Fascismo Guerra Resistenza
largo Castello, 1
Ferrara (FE)
tel 0532 419180 (biglietteria)
A poca distanza dal Po - che a nord separa l’Emilia Romagna dal Veneto, sfociando poi con il suo vasto delta in Adriatico - e a circa cinquanta chilometri dalla via Emilia, Ferrara è al centro di una vasta pianura confinante con i territori di Bologna e Modena.

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Un primo insediamento si formò dal VII secolo a seguito del trasferimento dell’antica diocesi della vicina Voghenza, prima presso la pieve della ‘punta’ San Giorgio - dove allora scorreva, biforcandosi, il ramo principale del Po - poi nel castrum bizantino a difesa del porto fluviale sulla sponda opposta. Nell’VIII secolo il territorio fu donato al papa con la 'romanìola' ex bizantina dai re franchi, e sul finire del primo millennio il comitato di Ferrara venne riconosciuto dall’Imperatore alla potente Chiesa ravennate, che vantava pretese su molte aree ex esarcali.

Un castello per gli Este
Fu però con investitura papale che Ferrara venne assegnata prima ai Canossa, conti palatini, che la tennero fino alla morte di Matilde nel 1115, e in seguito agli Este, famiglia guelfa del casato obertengo, che nel 1332 ottenne formalmente con il vicariato papale la signoria cittadina che deteneva di fatto da settant’anni. Ma fino a tutto il Trecento il potere degli Este rimase instabile, a causa delle frequenti rivolte popolari cittadine e delle continue contese sul fronte esterno, tese a radicare la loro autorità nei feudi imperiali di Modena e di Reggio e a combattere Bologna, Mantova, Verona e Venezia per il controllo del territorio.
Proprio a seguito di una cruenta ribellione innescata dalla carestia, e repressa a fatica, gli Este si risolsero nel 1385 a edificare una rocca in città, in sostituzione del canossiano castel Tedaldo posto a sud della città. Dedicato a san Michele, l’edificio sorse in una vasta area di loro proprietà a ridosso del fronte settentrionale della duecentesca cinta urbana, nei pressi del palazzo municipale, la residenza da loro edificata più di cento anni prima di fronte al Duomo.
Il progetto di Bartolino da Novara, che avrebbe poi realizzato anche i castelli di Mantova e Finale Emilia, produsse un sistema fortificato a pianta quadrata articolato attorno ad un ampio cortile, collegando con basse cortine di edifici la torre detta dei Leoni, posta a difesa di una porta delle mura, ad altre tre di nuova costruzione. L’intera rocca – e la stessa torre dei Leoni che fungeva da mastio - era circondata da un fossato, alimentato da un canale esterno alle mura collegato al sistema idrico del Po e solcato da ponti levatoi; un camminamento protetto superava il fossato, congiungendo la residenza di famiglia alla fortezza, per consentire ai suoi membri di trovarvi rifugio in caso di necessità.

Da fortezza a palazzo: una reggia per la dinastia
Pur non perdendo mai la sua destinazione difensiva - e repressiva, come carcere per i dissidenti - il castello assunse crescenti funzioni di governo e residenziali, specie a partire dagli anni Settanta del Quattrocento, sotto Ercole I, quando gli Este avevano ormai ottenuto dal papa il titolo ducale e dopo un tentativo di colpo di stato che aveva costretto la corte a rifugiarsi nella fortezza.
Importanti interventi architettonici e decorativi furono allora promossi per trasformare l’edificio da apparato militare in residenza principesca, simbolo della potenza del casato. Proseguite nel secolo successivo dai successori di Ercole, le modifiche interessarono sia l’interno che l’esterno dell’edificio: vennero così via via realizzati appartamenti fastosamente decorati e un giardino pensile, il camminamento protetto fu trasformato in studiolo privato poi in galleria per la splendida collezione d’arte ducale e il cortile assunse funzioni cerimoniali e di rappresentanza, mentre le funzioni difensive e i locali di servizio venivano concentrati ai piani inferiori.

L’addizione Erculea: il castello centro della città e del territorio
L'addizione Erculea - il grande progetto urbanistico degli anni Novanta del Quattrocento che abbattendo le vecchie mura aveva ampliato verso nord la città, proteggendola dagli attacchi veneziani con un imponente sistema di nuovi bastioni - mutò la collocazione del castello nel tessuto urbano e il suo ruolo nel sistema di potere estense.
Posto all’innesto tra la città medievale e la nuova espansione, dai margini dell’insediamento il castello si trovò ora al centro, prospettico e semantico, della nuova struttura urbana e della sua rete viaria ortogonale, nonché della rete di ‘delizie’ sviluppata sul territorio dagli Este: sfarzose residenze sub o extraurbane - collegate tra loro e con la capitale da un reticolo di canali - che fungevano da sedi temporanee del governo e degli svaghi di corte, rappresentazioni della potenza del casato ma anche snodi strategici del progetto estense di bonifica e trasformazione dello spazio naturale, presidio e controllo dello spazio politico del territorio.
Nella seconda metà del Cinquecento un incendio e il devastante terremoto del 1570 fornirono l’occasione per una decisa trasformazione architettonica del castello, con l’innalzamento dei volumi, l’eliminazione delle merlature, l’inserimento in facciata di balaustre di marmo d’Istria e la realizzazione di una passeggiata coperta al primo piano e di altane in cima alle torri, predisposte per la contemplazione del paesaggio punteggiato di delizie, aree verdi e canali.

Crisi e fine della dinastia: il governo papale
In quello scorcio di secolo, sotto Alfonso II, si condensarono le premesse della crisi irreversibile del casato e della città: gli imponenti investimenti connessi alla ‘grande bonifica’ del Polesine ferrarese, gli scontri con Venezia legati ai progetti di espansione nel delta come quello della Mesola, le impegnative iniziative militari intraprese per garantirsi la benevolenza papale. La morte di Alfonso nel 1597 senza eredi riconosciuti da Roma segnò la forzata devoluzione di Ferrara allo Stato della Chiesa e il ritiro degli Este nel ducato ‘imperiale’ di Modena e Reggio.
Con il passaggio al governo papale, da capitale di rango Ferrara divenne un centro periferico. Il suo castello fu così convertito in centro amministrativo e residenza dei cardinali legati, mentre le funzioni di difesa cittadina venivano demandate a una nuova fortezza pentagonale adeguata alle moderne tecniche belliche, edificata in un’ampia area a sud-ovest della città al posto del castel Tedaldo e della delizia del Belvedere.
Le vicende dinastiche degli Este comportarono la dispersione di preziosi archivi, arredi e opere d’arte, trasferiti a Modena a costituire il nucleo della futura collezione ducale o confluiti in importanti collezioni romane. Soli interventi degni di nota nel castello furono allora i restauri sei-settecenteschi promossi dopo alcuni incendi e le decorazioni realizzate nella prima metà dell’Ottocento nelle sale di rappresentanza.

L’addizione novecentista e il castello
Acquisito dal demanio statale dopo l’Unità d’Italia, nel 1874 il castello venne trasferito all’amministrazione provinciale che lo destinò a sede degli uffici propri, della prefettura e di altri enti.
Nel primo dopoguerra, specie dopo l’avvento del Fascismo, la riscoperta della Ferrara estense fu promossa anche a fini di propaganda della ‘addizione novecentista’: un ampio programma urbanistico lanciato nei primi anni Venti da Italo Balbo e dal podestà Ravenna sulla base del precedente piano regolatore per colmare l’enorme ‘spianata’ creata a metà Ottocento dalla demolizione della fortezza papale. Realizzati in più fasi e completati solo nel secondo dopoguerra, gli interventi avrebbe portato nell’area importanti sedi industriali, ospedaliere e di servizio e diversi insediamenti di edilizia popolare.
Primo, simbolico atto del programma fu il recupero di due edifici pubblici strettamente legati agli Este e all’identità di Ferrara capitale: il palazzo municipale, la cui facciata venne ridisegnata in stile neogotico, e il castello, per il quale ci si propose, sull’onda di precedenti interventi, la monumentalizzazione e il recupero dell’aspetto medievale ‘originario’, contemperati con le esigenze della modernità; esemplari furono i lavori effettuati agli ingressi e nel cortile per garantire l’accesso delle automobili, che portarono all’eliminazione di elementi rinascimentali e di edilizia ‘minore’ del complesso.
Negli ambienti interni, la nuova sala del consiglio provinciale venne decorata nel primo dopoguerra in uno stile tra liberty e déco, mentre a metà anni Venti la saletta dei Veleni fu affrescata con un ritratto di Balbo. Nessuna attenzione fu portata al ripristino del fossato del castello – tra i pochi rimasti in tutta Europa - e del sistema dei canali cittadini, compromessi fin dal tombamento del canale Panfilio di metà Ottocento.

Recupero, restauro, valorizzazione
Sede negli ultimi anni della seconda guerra mondiale di uffici militari e istituzionali, durante i pesanti bombardamenti del 5 giugno del 1944 il castello subì la distruzione del rivellino cinquecentesco di ingresso Nord, ricostruito nel 1946.
Nonostante le successive modifiche e le distruzioni, l'edificio è giunto ai nostri giorni complessivamente in buono stato: il mantenimento della funzione pubblica ha infatti garantito nei secoli la manutenzione di gran parte degli spazi – ma non degli ambienti destinati a residenze private e pesantemente manomessi negli anni, come quelli collegati al passaggio protetto.
Queste premesse hanno favorito il successo dei progetti di restauro conservativo e di recupero dell'edificio ad uso culturale, che ripresero le proposte lanciate già negli anni Venti di spostare in altra sede le funzioni burocratiche.
Un importante programma di studio, restauro, e valorizzazione museale del monumento, avviato dall’amministrazione provinciale negli anni Ottanta e realizzato in più fasi, si è concluso nel 2006 con l’inaugurazione del percorso lungo le cinquanta stanze del castello, nell’allestimento museale di Gae Aulenti. Il terremoto che ha colpito la regione nel 2012 ha danneggiato diverse parti della struttura, richiedendo ulteriori interventi proseguiti per circa tre anni. Nel 1995 Ferrara ha ottenuto il riconoscimento Unesco come patrimonio dell’umanità, esteso nel 1999 al sistema delle dimore estensi e del loro contesto paesaggistico.


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