1.
Appartengono al museo 556 disegni (invv. 921-1477) provenienti dalla società cooperativa Aemilia Ars. Sono eseguiti a matita, china e acquerello, su carta bianca o da lucido, e raffigurano progetti di oggetti di ceramica, mobili, ferri battuti, cuoi, vetri, ricami e merletti, per lo più in stile Liberty.
La società Aemilia Ars fu fondata nel 1898 sul modello delle gilde medievali, da artisti e uomini di cultura bolognesi, tra cui il conte Cavazza; in calce ad alcuni disegni si possono leggere le firme dei pittori, architetti e decoratori che li idearono: Alfonso Rubbiani, Achille e Giulio Casanova, Alfredo Tartarini, Giuseppe De Col, Alberto Pasquinelli, Edgardo Calori, Cleto Capri. L’attività della società aveva finalità di promozione culturale ed economica dell’artigianato locale, la cui produzione di oggetti di uso quotidiano doveva essere riqualificata, grazie al gusto di artisti aggiornati sui nuovi indirizzi dell’arte europea. Furono numerose le ditte nei diversi ambiti produttivi (ceramisti, legatori, vetrai, fabbri, mobilieri, tappezzieri ecc.) che aderirono a questa esperienza, a Bologna e in alcune città della Romagna.
Gli oggetti realizzati seguendo questi criteri vennero apprezzati dal pubblico e premiati in numerose esposizioni internazionali, ma nel 1903 la società dovette chiudere, poiché questa organizzazione del lavoro non era economicamente abbastanza redditizia.
Rimase operativo solo il settore dei ricami e dei merletti, ancora produttivo negli anni ’70 del XX secolo. Proprio per questa continuità, tra i disegni del settore tessile ve ne sono alcuni eseguiti dopo il 1903, ma comunque prima degli anni ‘20. Oltre a schizzi di manufatti e disegni con indicati i dettagli esecutivi, vi sono copie di soggetti antichi, tratti dai modellari per ricamo rinascimentali e barocchi, ampiamente riproposti nelle decorazioni tessili dell’Aemilia Ars.

2.
Cancello ad un’anta - inv. 4292/1986 – in ferro battuto, progettato da Giuseppe De Col (Belluno, 1863-Bologna, 1912) e realizzato nel 1902 nella rinomata officina di Pietro Maccaferri (Bologna, 1859-1941).
Ornato da un susseguirsi di farfalle, foglie e frutti di melograno in stile Liberty, venne forgiato per l’Esposizione di Torino, in cui fu esposto nel padiglione con i manufatti dell’Aemilia Ars, e risulta nell’elenco degli oggetti che furono messi in vendita nel 1904 a Firenze, dopo il fallimento della società.

3.
Pietro Maccaferri (Bologna, 1859-1941), Campanelliera in ferro battuto, inizio del XX secolo.

4.
10 manufatti in ferro battuto realizzati nell’officina di Sante Mingazzi (Ravenna 1867-Bologna 1922):
insegna dell’officina, 1914, inv. 1844/1986
portavaso decorato con rose, inv. 1868/1986
lampada da tavola decorata con tralci d’uva, inv. 1871/1986
lampada ad alto stelo con rose, inv. 1869/1986
braccio decorativo con foglie d’acanto, inv. 1870/1986
5 tralci di fiori o foglie, invv. 1872/1986, 1873/1986, 1874/1986, 1875/1986, 1876/1986.
Mingazzi collaborò con la società Aemilia Ars e, anche dopo il suo scioglimento, continuò a realizzare oggetti d’arredo aderenti al gusto Liberty.




1.
La contessa Lina Bianconcini Cavazza - moglie di Francesco Cavazza, tra i promotori della società cooperativa Aemilia Ars - vendette i disegni al Comune di Bologna nel 1937, assieme ad un campionario di ricami e merletti antichi e moderni (ora conservati alle Collezioni Comunali d’Arte), dopo una trattativa durata quasi due anni. Infatti la nobildonna era rimasta fino a quel momento a capo del laboratorio, che, nato nel 1898 nell’ambito della società Aemilia Ars, produceva manufatti tessili di varie tipologie (biancheria intima, abiti per bambini e per signora, corredi per la casa ecc.), ornati da ricami e merletti in parte ispirati ai campioni e ai disegni contenuti nei modellari del ’500 e del ’600, in parte realizzati su proposte di artisti contemporanei. Poiché a metà degli anni trenta la contessa decise di ritirarsi dall’attività, ritenne opportuno vendere al Comune i disegni di maggior pregio in suo possesso, in modo che il laboratorio potesse continuare la produzione, contando su una liquidità adeguata. Era inoltre suo specifico interesse che questo materiale fosse destinato ad una raccolta pubblica, in modo che la città non perdesse la memoria della straordinaria esperienza rappresentata da Aemilia Ars e che questi disegni potessero ancora rappresentare utili modelli per gli artigiani, soprattutto per coloro che operavano nell’ambito del ricamo.

2.
L’officina Maccaferri era stata fondata dal padre di Pietro, Giuseppe, ed ebbe sede prima in Via Ugo Bassi 25, poi in Via Torleone 6 a Bologna.
Non sono chiare le vicende legate all’acquisizione del manufatto da parte del Comune di Bologna.

3.
La campanelliera è stata donata nel 2010 da Stefano Pezzoli, nipote di Francesco Pezzoli, che collaborò con Pietro Maccaferri, di cui era a sua volta nipote.

4.
I dieci oggetti furono donati dalla figlia Angela Mingazzi nel 1982 al museo.


Artisti:
1.
Alfonso Rubbiani, Achille e Giulio Casanova, Alfredo Tartarini, Giuseppe De Col, Alberto Pasquinelli, Edgardo Calori, Cleto Capri.

2.
Pietro Maccaferri e Giuseppe De Col

3.
Pietro Maccaferri

4.
Sante Mingazzi