ARTI APPLICATE ALL'INDUSTRIA. Nel fondo Arti Applicate del Museo della Città vi sono alcuni esemplari di oggetti destinati ad una produzione industriale multipla e divulgativa. Si tratta di un curioso esempio di strumento per la scansione della giornata questo dispositivo per la misurazione del tempo opera dell’ingegno bolognese appartiene alla categoria degli orologi solari “eliocaustici” del 1830 ca.; di alcuni frangifiamma in ferro battuto del XIX secolo; un ventaglio in bachelite prodotto intorno al 1930 da una ditta tedesca per la Ditta Majani di Bologna; alcuni soprammobili in maiolica della Manifattura Minghetti di Bologna, databili intorno alla fine del XIX inizio XX secolo; un vassoio avale con decorazioni in stile Liberty istampate su latta dallo Stabilimento G. De Andreis; e un fondo cospicuo di tessili di Aemilia Ars.
COLLEZIONE DANESE (Fondo non esposto). Il fondo di design del Museo della Città è composto da 164 oggetti prodotti dalla ditta Danese e donati dalla Fondazione Jaqueline Vodoz e Bruno Danese nel 2009 all’istituzione bolognese. Oggi conservati nei depositi, in attesa di un futuro allestimento espositivo, gli oggetti, frutto di quarant’anni di attività dell’azienda milanese, costituiscono un insieme di grandissima importanza per la storia del design italiano oltre che per la storia dell’arte tout court. Il fondo ricevuto in donazione è composto da diversi nuclei rappresentativi (Produzione del Design, Edizioni per Bambini, Edizioni d’Arte, Fatti a mano), tra cui si segnala quello dedicato ai giochi e libri ideati da Bruno Munari, Giovanni Belgrano e lo IARD, e Enzo Mari.
La ditta Danese, fondata nel 1957 da Bruno Danese e Jacqueline Vodoz cominciò a produrre nel 1959 oggetti per l’ufficio e per la casa, distinguendosi da subito come uno dei principali e più fecondi esempi di innovazione e ricerca progettuale nell’Italia della fine degli anni Cinquanta. Costruita come un moderno “laboratorio” creativo, la Danese seppe attrarre i più innovativi designers italiani, con un metodo di lavoro che vedeva gli artisti impegnati nella progettazione di oggetti dall’idea sino all’imballaggio. Per il design nazionale quello fu un periodo di grande fermento, non essendosi ancora sviluppata una vera e propria richiesta di mercato, era possibile lavorare alla creazione dell’offerta in maniera estremamente libera e indipendente. Tra i più noti e principali collaboratori vi furono Bruno Munari e Enzo Mari, Franco Menguzzo, poi Angelo Mangiarotti, Kuno Prey e Marco Ferreri. Fin dagli inizi l’azienda si pose l’obbiettivo di lavorare esclusivamente sulla creazione di oggetti per la casa e l’ufficio in quanto questi erano, secondo i fondatori, un mezzo di comunicazione più intimo e personale rispetto ai mobili d’arredo, perché più intrinsecamente legati all’uomo fin dall’antichità. Accanto all’originaria produzione di oggetti in ceramica, realizzati dal pittore e scultore Franco Menguzzo (Valdagno, 1924 – Milano 2008) con cui Bruno Danese aveva messo in piedi nel 1955 la sua prima società, chiamata DEM, poi inglobata nella Danese, nacquero, su spinta di Bruno Munari, delle produzioni in altri materiali che permisero di ampliare la ricerca progettuale e la conseguente offerta. Grazie a queste pratiche produttive Danese e Vodoz si distinsero come uno dei primi editori italiani di oggetti di design.
Il tema dell’educazione fu sicuramente uno dei principali per Bruno Munari (Milano 1907 - 1998). L’idea di Munari era che i giochi non dovessero avere regole scritte, ma che le regole dovessero rivelarsi al bambino attraverso il contenuto del gioco stesso, stimolando la creatività e le capacità intellettive di ciascuno in maniera estremamente libera e diversificata. Munari portò avanti anche nei suoi laboratori questa teoria “didattica” improntata su materiali liberi: il negozio della Danese in Piazza San Fedele, nel centro di Milano, divenne in quegli anni un luogo di incontri dedicati al “progetto scuola” cui collaborarono il pedagogista Giovanni Belgrano e l’istituto di ricerca di Milano IARD. Assieme progettarono giochi come Carte da gioco, costituito da una serie di figure che il bambino deve riordinare seguendo la successione temporale, Più e Meno composto da cartoncini bianchi e cartoncini forati, fogli di plastica e carte semitrasparenti che si possono combinare per sovrapposizione creando un’infinita serie di storie. I Giochi progettati da Munari trasformarono profondamente il modo d’intendere la didattica: attraverso di essi il bambino utilizza la fantasia e diventa protagonista del gioco, decide la storia, la inventa, la crea scegliendo gli elementi che più si adattano al racconto.
Altro grande artefice della Danese, è stato Enzo Mari (Novara 1932), presentato ai fondatori da Munari. Mari cominciò a collaborare fin da subito creando un legame molto stretto e importante con l’azienda. Fondamentale fu la creazione della serie “Fatti a mano”, con cui Mari ha voluto dimostrare l’orientamento che avrebbe dovuto prendere in quel momento l’artigianato, secondo un tipo di pratica che Mari portò avanti fino agli anni Novanta, poco prima della cessione della ditta alla Strafor/Facom, nel 1992. Tra i primi progetti ricordiamo nel 1957, i “16 animali”, intagliati col pantografo su tavolette di legno pregiato, sono disegnati con una linea unica che senza sprechi di materiale delinea sedici animali perfettamente riconoscibili.
Per tutti i progettisti della Danese la forma estetica esteriore non era mai gratuita, mai un fatto di gusto, la funzione e la realizzazione dovevano essere strettamente legate. Compito del buon designer era quello di dare anche alla forma esteriore, strettamente legata alla parte tecnica, un significato progettuale, un aspetto decorativo inteso non come pura decorazione ma che fosse conseguente alla progettazione. Grazie a questo programma abbinato alla costante ricerca di qualità, i prodotti realizzati tra il 1957 e il 1991 dalla ditta Danese sono stati, e sono tuttora, in grado di superare qualsiasi epoca, tendenza e frontiera. Fondamentale in tal senso fu il riconoscimento e l’avvallo che il mondo culturale, in particolare le istituzioni museali, e i centri di ricerca diedero alla Danese già a partire dagli anni ’60, quando seppero riconoscere nelle produzioni dell’azienda milanese la qualità fortemente innovativa e sperimentale oltre che le potenzialità presentandone criticamente gli oggetti.
Inoltre, nelle collezioni di Genus Bononiae vi sono altri diversi oggetti di design come il calice di Achille Castiglioni, gli oggetti di arredo Angelo Mangiarotti, Enzo Mari e Bruno Munari; nonchè esemplari ceramici della Manifattura Minghetti e tessili di Aemilia Ars.


Genus Bononiae. Musei nella Città è un progetto nato nel 2005 da un’idea dell’allora Presidente della Fondazione Carisbo, Fabio Roversi-Monaco, un percorso culturale artistico e museale articolato in vari edifici, restaurati e recuperati all’uso pubblico. Ubicati nel centro storico di Bologna gli edifici di Genus Bononiae. Musei nella città: la Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale, le chiese e gli oratori di San Colombano, e Santa Maria della Vita, Palazzo Pepoli, Palazzo Fava e Casa Saraceni, costituiscono le tappe di un percorso che snodandosi nelle principali strade del centro di Bologna conduce il visitatore attraverso i secoli e la storia cittadina. Cuore di Genus Bononiae, è il Museo della Storia di Bologna in Palazzo Pepoli Vecchio aperto al pubblico nel gennaio 2012, dedicato alla storia, alla cultura e alle trasformazioni di Bologna, dalla Felsina etrusca fino ai nostri giorni. Le alterne vicende della comunità locale vi sono raccontate in modo innovativo, con tecniche espositive scenografiche ed interattive per molti versi inedite nel nostro Paese. La splendida cornice del palazzo medievale, reinventato, restaurato e allestito dall’architetto Mario Bellini, che si è aggiudicato il concorso di idee bandito nel 2003, e il progetto grafico, curato dall’architetto Italo Lupi, rendono la visita al museo un’esperienza unica. Altro luogo cardine del percorso è Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni. L’antico edificio, restaurato e inaugurato nel gennaio 2011, custodisce al piano nobile il famoso primo ciclo di affreschi dei giovani Annibale, Agostino e Ludovico Carracci, commissionati da Filippo Fava nel 1584, primo saggio della loro riforma pittorica. Con una superficie di oltre 2600 metri quadrati, Palazzo Fava ospita regolarmente nei suoi spazi mostre temporanee di opere provenienti da altre importanti collezioni pubbliche e private. Poco distante da Palazzo Fava sorge il complesso chiesastico di San Colombano costituito da una serie di edifici aggregati a partire dal VII secolo. Inaugurato nel giugno 2010, ospita la collezione di strumenti musicali antichi donata dal Maestro Luigi Ferdinando Tagliavini, costituita da circa novanta pezzi tra clavicembali, spinette, pianoforti clavicordi e altri strumenti, e la biblioteca specializzata del musicologo bolognese Oscar Mischiati. L’ampio patrimonio librario d’arte e di storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, oltre a un’importante emeroteca e il ricco archivio fotografico sono infine custoditi presso la Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale, il cui progetto di allestimento è stato curato dall’architetto Michele De Lucchi. La sala di lettura, sede di conferenze ed eventi culturali, contiene opere d’arte di Claudio Parmiggiani – Campo dei Fiori e l’ultima monumentale delocazione – nonché il ciclo delle Cattedrali di Piero Pizzi Cannella. Le collezioni d’arte di Genus Bononiae comprendono un patrimonio ricco e variegato. Si va dall’arte contemporanea all’arte antica, dai dipinti alle stampe, dai burattini alle ceramiche, dalle miniature alle insegne di bottega, in larga parte derivate dalle vecchie raccolte della Cassa di Risparmio in Bologna che fin dai primi decenni del Novecento ha cominciato a collezionare testimonianze riguardanti la storia della città, le collezioni della Fondazione Carisbo hanno continuato e continuano tuttora ad arricchirsi di nuove acquisizioni e preziose donazioni. Se Bologna con il suo territorio, la sua storia e le sue eccellenze, rimane l’oggetto principale dell’attività culturale di Genus Bononiae, per quanto riguarda la contemporaneità lo sguardo si allarga ad abbracciare l’intero ambito nazionale ed europeo. Tra le opere più importanti sul versante del contemporaneo si segnalano la terracotta di Arturo Martini, La madre folle, l’inedita pittura murale, Battaglia, che Lucio Fontana realizzò per un appartamento milanese nel 1951 (oggi esposta in permanenza a Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni), o la grande tela di Filippo De Pisis, Il piede romano.

Artisti:
Enzo Mari
Bruno Munari
Giovanni Belgrano
Franco Menguzzo
Angelo Mangiarotti
Kuno Prey
Marco Ferreri
C. Boselli
Achille Castiglioni
Angelo Mangiarotti
Manifattura Minghetti
Aemilia Ars
G. De Andreis