Bardi

Musei del Castello di Bardi

Orari e Tariffe
Per orari di visita e costi del biglietto consultare il sito web o contattare telefonicamente.
Barriere architettoniche
Tipologia Collezioni
Storia dell'edificio
Castello di Bardi
Via Castello, 1
Bardi (PR)
Tel: 0525 73 30 21 (Castello), 380 108 8315
Misto
Archeologia preistorica/paletnologia
Archeologia protostorica
Archeologia classica
Archeologia medievale
Arti e tradizioni popolari
Etnologia/Etnografia
Tematico
Il Castello ospita all'interno dei suoi ambienti alcune raccolte museali: il Museo Archeologico, il Museo della Civiltà Valligiana e il Museo della fauna e del bracconaggio. Il primo ha lo scopo di valorizzare le numerose testimonianze scoperte nell’ultimo trentennio grazie ad una serie di studi e campagne di scavo, il museo offre al visitatore una panoramica sul popolamento pre-protostorico nel territorio di Bardi e, più in generale, nei bacini del Ceno, del Taro e dell’Arda. Vi sono documentati, in primo luogo, i depositi antropici individuati sul Monte Lama di Bardi, la cui natura geologica ha offerto per millenni la principale materia prima – il diaspro-radiolarite – estratta e lavorata nel lungo arco di tempo che dal Paleolitico, quando gruppi del genere Neanderthal l’hanno impiegata per confezionare il loro strumentario litico, giunge sino all’età del Rame. Lo stesso litotipo è stato successivamente e intensamente sfruttato anche dalle compagini umane del genere Sapiens insediate sul territorio. Scavi archeologici condotti per un quinquennio dall’Università di Pisa, infatti, non solo hanno accertato la presenza dell’Uomo di Neanderthal, intorno a 50-40.000 anni dal presente, ma anche l’avvicendamento a quest’ultimo - circa 35.000 anni fa - dell’Uomo moderno e della sua cultura materiale, nota con il nome di Aurignaziano. Il percorso espositivo si focalizza in gran parte proprio sul susseguirsi di queste due specie umane, le cui tracce sono state ampiamente rilevate in località Ronco del Gatto, sul versante meridionale del monte, dove sopravvivevano significativi resti di officine litiche con nuclei, schegge e manufatti finiti.

Il secondo tema affrontato dal museo è quello del sito di Groppo Predellara a Rocca di Varsi, luogo arroccato e naturalmente difeso, più volte frequentato nel corso dei secoli a partire dal Palelitico sino al Medioevo. Fra le testimonianze registrate in questa località spicca l’abitato su altura qui impiantato agli inizi della media età del Bronzo (1650 a.C.) e poi parzialmente dislocato un paio di secoli dopo a causa di problemi di instabilità determinati da un terremoto. I materiali ceramici restituiti dal villaggio documentano evidenti influenze da parte della coeva cultura terramaricola, sviluppatasi nei grandi villaggi di pianura.

Il Museo della Civiltà Valligiana espone oggetti della cultura materiale e testimonianze della tradizione locale risalenti al XIX e XX secolo.
Istituito dall'Associazione Studi e Ricerche dell'Alta Val Ceno, è ubicato nei quartieri già destinati agli alloggi delle guardie e documenta le arti e i mestieri praticati nella vallata. Gli oggetti inseriti nel percorso espositivo sono distribuiti in prevalenza con un criterio di rievocazione ambientale; si tratta in gran parte di suppellettili e attrezzature relative al lavoro e alla vita quotidiana, alla pastorizia, alle attività boschive, all'allevamento e all'agricoltura. L’itinerario è arricchito da una esposizione permanente di macchine da guerra medievali ricostruite a grandezza naturale e funzionanti.

Ciascuno dei sette ambienti museali propone uno spaccato specifico della vita quotidiana dell'epoca preindustriale. Le stanze nella parte a sinistra del salone centrale sono riservate al mondo del lavoro. La prima è dedicata alla figura dell'artigiano domestico, con gli oggetti necessari alla manutenzione dell'abitazione e gli attrezzi da lavoro; nell'ambiente successivo si incontrano figure tipiche dell'artigianato montano: il falegname, il sarto, il ciabattino. Tutte sono strettamente connesse all'economia del bosco e della pastorizia: oltre al vestiario, con i loro poveri strumenti questi artefici provvedevano a fornire agli abitanti la maggioranza degli oggetti di lavoro e d'uso comune. Alle figure del carraio e del maniscalco e dello scalpellino, il cui lavoro coadiuvava indirettamente la comunicazione della valle verso l'esterno, sono riservate le ultime due stanze. Il lato destro (a ovest) è invece dedicato al mondo domestico. La cospicua raccolta di oggetti ha permesso la ricostruzione, con elementi originali, delle due stanze che componevano l'abitazione rurale: la cucina e la camera da letto.

Il Museo della fauna e del bracconaggio documenta attraverso reperti e diorami la storia e gli attrezzi utilizzati nel bracconaggio e nel trappolaggio lungo i secoli e in più continenti. In relazione al fenomeno del bracconaggio, che ebbe inizio in Europa nel IX-X d. C., si espone una serie di trappole o di loro ricostruzioni utilizzate dall'antichità fino ad oggi. Per meglio documentare espedienti e meccanismi utilizzati nella cattura di varie specie animali, si fa ricorso a numerosi diorami a grandezza naturale e ad altri in scala.

Principale obiettivo museale è quello di spiegare l'antico significato che tale attività illegale ha avuto nella vita delle popolazioni montane e al tempo stesso illustrare i principali aspetti di protezione della fauna e dell'ambiente.
Il percorso si articola in vetrine-diorami che ripropongono porzioni di ambiente naturale con gli esemplari imbalsamati delle specie oggetto di bracconaggio (tra cui il lupo, la poiana, lo sparviero) e gli attrezzi per la cattura. Ogni vetrina è affiancata da pannelli a scopo didattico che illustrano la biologia degli animali e le particolarità del loro ambiente naturale. Di sicuro interesse è la sezione dedicata alla legge Cites (che regola il commercio e la detenzione di specie rare o in pericolo di estinzione) dove vengono mostrati in modo organico oggetti ricavati da specie protette


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