Via Loreta, 238
Bertinoro (FC)
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Giardino storico
Il parco venne realizzato negli anni ’30 del secolo scorso a corredo del complesso termale inaugurato nel medesimo periodo. L’area verde (13 ettari) è oggi suddivisa in due parti distinte, di estensione simile ma di aspetto assai diverso, dotate di accessi autonomi. Un primo settore, dal carattere tipicamente ornamentale, si trova in continuità con il centro termale e occupa la zona semipianeggiante compresa tra la sponda destra del rio Salso e la strada pubblica. È un’area gradevole e interessante, ombreggiata da numerosi alberi risalenti all’epoca di impianto del parco, tra i quali spiccano molte specie esotiche sempreverdi; degni di nota sono anche i numerosi arredi e le strutture architettoniche d’epoca legate all’uso termale dell’area. La restante parte del parco, che si sviluppa quasi interamente lungo il versante sinistro del rio, mostra caratteri decisamente più naturali per la presenza di vasti prati alberati, con specie autoctone miste ad essenze esotiche, lembi boscati e arbusteti cresciuti negli ultimi decenni su terreni un tempo coltivati. Di recente il complesso termale è stato oggetto di un complessivo intervento di riorganizzazione e ristrutturazione, con la creazione di servizi all’avanguardia per le cure tradizionali, l’estetica e il benessere. I lavori hanno riguardato sia il grande edificio termale, di chiara impronta classicheggiante sul modello di altre opere coeve realizzate in epoca fascista nel territorio forlivese, sia il parco limitrofo, che trasmette ancora oggi un particolare fascino particolare, all’altezza della sua fama di un tempo.

Dalla storica cancellata di ingresso al parco, adiacente al Grand Hotel, ha inizio un lungo e rettilineo viale, alberato con un doppio filare di liquidambar, che in autunno è davvero spettacolare per i toni caldi e accesi che assumono le chiome di questa pianta di origine nordamericana. Nel tratto iniziale del percorso si costeggia il pozzo in mattoni e pietra di epoca romana rinvenuto durante gli scavi archeologici degli anni ’20 del secolo scorso, posto a una quota ribassata rispetto al piano di campagna e raggiungibile con una doppia scalinata in pietra. Poco oltre si supera il bell’edificio in mattoni, oggi in abbandono, che fu realizzato nel dopoguerra dall’INPS, contornato da grandi esemplari di cedro e gruppi arbustivi di calicanto, ibisco e filadelfo. Il viale si conclude in un piazzale asfaltato, in vista del rio Salso, dove un tempo si affacciavano i due primi stabilimenti termali del complesso (oggi è visibile solo il rudere di quello ottocentesco). Lo slargo è definito da una bella balaustra, arricchita con fioriere ed elementi scultorei di varia foggia, e da grandi alberi di tiglio e sequoia sempreverde alternati a tassi mantenuti in forma obbligata; al centro spicca un’aiuola circolare di rose tappezzanti. Dal piazzale si accede alla zona termale vera e propria, ombreggiata da una copertura alberata diffusa e percorsa da una rete di vialetti spesso sottolineati da siepi formali di bosso, lauroceraso e cotognastro. Spiccano numerose strutture d’epoca legate all’uso termale dell’area, tra cui quattro grandi fontane, un gazebo per la mescita delle acque, un edificio con colonnato a mo’ di tempietto, un padiglione coperto a pianta circolare (un tempo destinato al ballo), una bella statua antropomorfa zampillante acqua termale e un antico pozzo riconducibile ai passati scavi archeologici (su una lapide riporta una scritta in latino voluta da Mussolini). Le quattro grandi fontane, fulcro di questo settore del parco, presentano una struttura muraria a emiciclo, impreziosita da balaustre e statue di gusto classicheggiante, con nicchia centrale a forma di conchiglia da quale sgorga una diversa qualità di acqua termale; intorno sono disposte belle aiuole fiorite con erbacee perenni, rose e gruppi arbustivi ornamentali tra cui abelia e forsizia, mentre adagiati sul prato stanno resti di antiche colonne e blocchi di pietra squadrata di probabile origine romana. La densa copertura alberata che contraddistingue questo settore del parco è composta soprattutto da sempreverdi, tra cui cedri, pini e abeti, anche di dimensioni significative, e diverse piante di sequoia sempreverde riconoscibili dalle chiome svettanti. Tra le caducifoglie si riconoscono esemplari di ippocastano, sofora, platano, tiglio e varie specie di acero, molti dei quali risalenti all’epoca di realizzazione del parco; verso il corso del rio Salso compaiono anche giovani querce. Alle numerose ceppaie di alberi abbattuti negli ultimi anni si contrappongono recenti impianti di albero di Giuda, cipresso, magnolia a foglia caduca, tiglio e altre essenze ornamentali. Una nota particolare, che testimonia il carattere storico di questo settore del parco, è la ricca e sorprendente dotazione di arredi d’epoca, tra cui le belle sedute con elementi zoomorfi che richiamano il gusto eclettico ed esotico tipico dei primi del ’900.
Oltrepassando una passerella pedonale sul rio Salso si accede al settore adibito a parco attrezzato, sul versante sinistro del rio, servito da un accesso autonomo dalla strada pubblica e da un collegamento con l’adiacente parco termale. Un viale in ghiaia risale con larghi tornanti la pendice densamente alberata con conifere sempreverdi e specie a foglia caduca; tra le prime si riconoscono pini, cedri, cipressi dell’Arizona, abeti rossi e imponenti esemplari di sequoia sempreverde (coevi a quelli del settore termale), mentre tra le caducifoglie figurano tigli, platani, frassini, bagolari, querce e aceri. Risalendo la pendice, l’area attrezzata lascia il posto a rimboschimenti con l’esotica robinia realizzati negli scorsi decenni e oggi inselvatichiti, radure prative colonizzate da arbusti tipici della collina e praterie regolarmente sfalciate; si tratta di ambienti poco fruibili, per la mancanza di sentieri, che tuttavia arricchiscono la naturalità e la biodiversità del parco e rappresentano habitat ideali per varie specie della fauna e della flora locali, tra cui piante rare o insolite come alcune orchidee selvatiche e il ciclamino primaverile (Cyclamen repandum), in fiore tra aprile e maggio.

Le virtù terapeutiche delle acque di Fratta Terme erano note già in epoca romana (furono citate da Plinio il Vecchio nel I secolo d.C.), come testimoniano importanti ritrovamenti archeologici rinvenuti a partire dal 1927 nell’area, tra i quali spicca una grande cisterna contenente diversi manufatti per uso termale. Agli inizi dell’Ottocento la località era già frequentata da turisti richiamati dalle proprietà medicamentose delle sue acque, ma solo a partire dal 1846 ebbe inizio un primo sfruttamento del sito da parte dei nuovi proprietari, la famiglia forlivese Croppi, attraverso la regolamentazione delle sorgenti e la costruzione di uno stabilimento industriale per l’imbottigliamento delle acque e la vendita di vari prodotti derivati (tra cui la tintura di iodio). La piena valorizzazione delle acque della Fratta, tuttavia, si ebbe solo a partire dagli anni ’30 del secolo successivo, sulla scia dei già ricordati scavi archeologici e grazie all’intraprendenza del professor Adelio Colitto, marito di Clara Croppi, che fondò la società privata Fonti Romane della Fratta. Nei pressi dell’edificio termale ottocentesco fu costruito un grandioso stabilimento per bagni e cure frequentato anche da letterati come Grazia Deledda, Alfredo Panzini, Marino Moretti e da Benito Mussolini,che per tutti gli anni ’30 aveva eletto a resistenza estiva la vicina Rocca delle Caminate, nei dintorni del paese natale Predappio. Le terme divennero ben presto sede di manifestazioni culturali e ricreative, in parte ambientate nel nuovo parco realizzato a servizio delle strutture termali. Per la sistemazione dell’area verde furono usati diversi manufatti che richiamavano l’architettura termale dell’antica Roma, recuperando in parte materiali derivanti dagli scavi archeologici, tra i quali un pozzo, un piccolo tempio affacciato su un laghetto di acque termali, diverse fontane, statue ed elementi scultorei tuttora presenti nel parco. Pochi anni dopo il complesso si arricchì di un nuovo stabilimento, le cosiddette Terme dei Lavoratori, costruite dall’Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale e inaugurate nel 1936 dallo Benito Mussolini (oggi sono la sede del Grand Hotel). Purtroppo durante l’ultimo conflitto mondiale gli edifici furono usati dalle truppe tedesche e poi da quelle alleate come strutture ospedaliere e negli anni del dopoguerra lo stabilimento della società Fonti Romane della Fratta venne smantellato; l’edificio adiacente, invece, fu utilizzato dapprima come residenza dei dirigenti dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS), nel frattempo divenuto il nuovo proprietario del complesso, poi come magazzino per i giardinieri, prima del definitivo abbandono negli anni ’60 (oggi è ridotto a rudere). A conferma del felice momento del termalismo sociale del periodo, a metà degli anni ’50 l’INPS realizzò un nuovo padiglione lungo la strada pubblica e provvide a eseguire diversi lavori nell’area verde, tra cui rimboschimenti su vecchi coltivi e numerosi impianti vegetali a scopo ornamentale. Negli anni ’90, tuttavia, il complesso termale entrò in crisi e l’INPS ne decise la chiusura. Pochi anni dopo la gestione passò a un’azienda privata che riaprì lo stabilimento principale provvedendo a un certo rinnovo delle strutture, ma la vera rinascita delle terme è stata avviata nel 2004, grazie a una nuova società pubblico-privata che ha affrontato importanti lavori di ristrutturazione, che hanno avuto termine nel 2007 con l’inaugurazione del Grand Hotel Terme della Fratta. Gli interventi hanno riguardato anche gli spazi esterni, con la realizzazione del parco attrezzato e la sistemazione del settore legato al complesso termale, che è stato interessato da un riassetto complessivo dei percorsi e da nuovi impianti vegetali in grado di conservare e rinnovare il passato splendore del luogo.