in via Scascoli, 75
Loiano (BO)
Tel: 051 928100
I Giardini del Casoncello rappresentano nel nostro territorio un esempio unico di giardino naturale ed ecosostenibile e racchiudono una ricchezza botanica difficile a trovarsi nello spazio relativamente piccolo di un ettaro.
Nati dalla trasformazione di un antico podere abbandonato sono oggi un importante punto di riferimento non solo a livello locale ma anche nazionale ed internazionale per gli appassionati e gli studiosi di giardini, grazie anche alla loro insolita tipologia. Utilizzando piante selvatiche e piante ornamentali in armoniosa mescolanza, escludendo qualsiasi prodotto chimico, sfruttando le possibilità dell’esistente, seguendo le suggestioni proposte dalla Natura, si è andato creando, nel tempo, un luogo di grande bellezza dove la ricerca estetica si coniuga costantemente con il rispetto della via naturale in ogni sua forma. Oggi i Giardini del Casoncello si offrono quindi come esempio per i giardini del futuro, perché sono una testimonianza concreta di come sia possibile, pur nell'artificio del giardino, la protezione della vita naturale.
Sono inoltre un museo vivente di infinite specie vegetali, un grande “libro verde“ cui attingere da parte di chi, per professione, studi, o solo per piacere, desidera approfondire la conoscenza del mondo delle piante.

I Giardini del Casoncello non hanno avuto origine, come accade solitamente, da un progetto iniziale. Facendo tesoro di alcune piante preesistenti, selezionando arrivi inattesi, lasciando spazio al movimento delle specie spontanee, introducendo specie esotiche adattabili all'ambiente e mescolandole alle native, si è andato creando, sul “canovaccio” offerto dalla Natura, un nuovo paesaggio che ha sostituito, ma senza cancellarne il ricordo, quello che l’abbandono trentennale aveva creato sul paesaggio agricolo primigenio.
Si sono così formate, nel tempo, una serie di “stanze vegetali”, collegate da percorsi che svelano, poco alla volta, ambienti molto diversi fra loro per habitat e conformazione, accomunati però dalla stessa armonica esuberanza. Anche piante solitamente bandite dai giardini trovano qui la loro ragione di essere, trattate al pari delle ornamentali più preziose. Gli spazi, se pur sotto controllo, appaiono affollati, come in natura, da una infinita varietà di specie erbacee, arbustive ed arboree, conferendo al luogo il suo aspetto caratteristico di giardino-foresta.
Questa tipologia, oltre a regalare una insolita piacevolezza alle scene e dare possibilità di vita alla piccola fauna, crea anche un microclima che permette di naturalizzare in una porzione di freddo Appennino piante dell’area mediterranea, come cisti e phlomis che ormai si disseminano spontaneamente come nei loro paesi di origine.
Questo succede soprattutto negli assolati e scoscesi bordi strada, senz’altro uno dei luoghi più spettacolari quando alla fine della primavera, sono letteralmente ricoperti da queste piante cui si mescolano antiche rose ed erbe aromatiche.
Lo stesso tratto poi, appena poco più oltre, offre, all'inizio di aprile la meraviglia di un esemplare di Rosa banksiae alba normalis che si allarga sul pendio alle spalle del vecchio forno, addossata al quale venne piantata, ricoprendo una superficie di almeno 200 metri quadrati.
Le rose, quelle botaniche che prendono d’assalto gli alberi,e quelle antiche che si allargano in lassi cespugli, sono una delle dominanti dei Giardini, insieme ai numerosi arbusti a fioritura soprattutto primaverile. Anche per questi ultimi alle specie native, anche introdotte, come il corniolo, la colutea, la lonicera arbustiva e altri, sono state affiancate molte specie esotiche fra cui alcune per noi molto insolite, come Carpenteria californica, Xanthoxylum piperitum e tante altre ancora.
Nel bosco-giardino, nato dove la Robinia pseudoacacia aveva colonizzato l’antico vigneto, si sono create zone di felci fra i ceppi dei vecchi alberi morti e, a seconda delle stagioni, arrivano distese di narcisi, mughetti, svettanti digitali e ciclamini, grazie al lungo lavoro di naturalizzazione.
Gli spazi aperti dei prati sono arazzi fioriti che, nel tempo, con un paziente e sapiente lavoro di selezione, unito anche ad un lavoro di introduzione, si sono intessuti di una infinita varietà di specie: liberi fino a stagione avanzata e movimentati da stretti sentieri falciati creano paesaggi estemporanei.
Anche gli alberi da frutto e i cespugli da bacca sono coltivati in modo libero e convivono con rose, cespugli ed erbe fiorite, facendo del giardino-frutteto uno spazio di insolito fascino.
Quello che un tempo era nato come piccolo giardino di piante mellifere per le api è oggi il giardino delle erbe che, arricchito di piante aromatiche sia erbacee che arbustive e di officinali crea un luogo ricco di sentori nel quale si scende fra ammassi fioriti.
All'estremo confine dei Giardini del Casoncello, protetto alle spalle da una alta e scenografica cortina di bambù, si stende l’orto–giardino. Oggi, come agli inizi, quando era questa la sola porzione di territorio presa in carico per una accurata coltivazione, regala bellezza per lo spirito e cibo per il corpo. Si è arricchito di una infinita varietà di specie, anche perenni e continua ad essere coltivato secondo le regole dell’orticoltura naturale. E’ senz'altro il luogo che più affascina ed incuriosisce i visitatori ed è il luogo dove in maniera più esplicita e dimostrativa può essere trasmesso l‘importante messaggio di amore e rispetto verso la terra a cui affidare i semi .

I Giardini del Casoncello sono nati dal recupero di un piccolo appezzamento agricolo, denominato appunto Casoncello sulla mappa catastale del 1924, dalla quale si evince anche l’antica organizzazione del podere, l’uso del suolo e disposizione dei fabbricati: le parti più estese adibite a seminativo, bosco ceduo e incolto nelle parti più impervie , casa colonica, fienile e casa padronale in prossimità della strada.
L’ abbandono in cui viene lasciato dalla fine della guerra, nel 1945, opera uno stravolgimento del suolo e del paesaggio, trasformando quello che era uno spazio aperto, sotto il continuo controllo dell’uomo, in una giungla selvaggia, a tratti quasi impenetrabile.
Anche le costruzioni subiscono i danni del tempo e degli eventi: la casa padronale viene ridotta ad una collina di macerie, poi colonizzate da alberi ed arbusti, per un bombardamento durante la permanenza del fronte, la casa colonica e il fienile, risparmiati, portano solo tracce più o meno evidenti di degrado.
Nel 1980 Maria Gabriella Buccioli, alla cui famiglia appartiene il Casoncello, decide di occuparsene e farne il luogo dove risiedere, insieme a quello che diventerà il suo sposo, per abbandonare la città, ed iniziare una nuova vita a contatto con la Natura, imparando anche a trarre parte del sostentamento dalla terra.
Insieme al recupero dei fabbricati ancora esistenti, fatto in prima persona, anche il terreno viene preso in carico, rendendolo percorribile, con un lungo e difficile lavoro di ripulitura da rovi, clematidi, luppolo e giovani robinie che lo avevano colonizzato.
Sarà invece conservata l’“ossatura vegetale” più consistente formatasi nel tempo: grandi robinie, querce, aceri ma anche arbusti come rose canine, sanguinelli, noccioli e sambuchi che, insieme, avevano costituito un nuovo paesaggio. Anche l’aratura necessaria per ridare vita agli spazi liberi, ricoperti da alte coltri di graminacee ed erbe secche, viene fatta in maniera inconsueta, aggirando i boschetti e gli esemplari isolati sparsi sull'intero territorio.
Inizia così la seconda fase di transizione dell’antico podere. L ‘evoluzione del luogo viene ora affiancata di nuovo dall'intervento umano, che ne controlla e ne indirizza lo sviluppo, ma con finalità diverse da quelle di chi un tempo lo coltivava. Non si ricerca più la produttività totale e le modifiche che si vanno operando sono dettate dal senso estetico, unito ad un grande rispetto verso l’esistente, lasciando che sia il”genius loci” a guidare il cambiamento.
L’unico spazio invece che dovrà essere produttivo e coltivato, applicando però rigorosamente i principi della agricoltura biologica, è il grande orto, adagiato nella parte pianeggiante in fondo al declivio, dove la naturale conformazione del terreno crea un impluvio, e che ancora oggi si presenta, più o meno, come allora.
Il declivio sotto lo spazio un tempo occupato dalla casa padronale, riempito di piante aromatiche e mellifere, utili agli alveari acquistati per la produzione di miele, i prati seminati a foraggere, sempre mellifere, ed un piccolo giardino davanti alla casa colonica, divenuta abitazione, completano gli spazi da seguire.
Ma, pur senza partire da un progetto definito, anche il resto del territorio si andrà lentamente trasformando. Vengono create siepi, per frazionare lo spazi, creando prospettive diverse e al tempo stesso un microclima più favorevole, nonché rifugi e habitat per la piccola fauna.
Poco alla volta si introducono anche piante ornamentali, soprattutto cespugli da fiore e rose botaniche o antiche che si mescolano alle piante del luogo in uno stile apparentemente informale .Il Casoncello si trasforma quindi, nuovamente, in una giungla, questa volta fiorita ed amica alla presenza umana, dove convivono armoniosamente infinite specie, sia spontanee che ornamentali, e dove l’intervento di controllo è abilmente celato.
E’ certo questo aspetto che, dando al luogo un fascino del tutto particolare ed inconsueto, fa sì che, alla apertura alle visite, nel 1996, di quelli che saranno chiamati, conservando il toponimo catastale, i Giardini del Casoncello vi sia un immediato, inatteso interesse, sia da parte del pubblico che della stampa, che porta la conoscenza del giardino anche a livello internazionale.
La pubblicazione del libro “I giardini venuti dal vento”, che ne racconta la storia, nel 2003 (Premio Grinzane Cavour nel 2004) fa conoscere ulteriormente il luogo che si pone sempre di più come esempio per un giardinaggio innovativo e rispettoso degli equilibri naturali. Nel 2009 viene presentato il film documentario “Paradiso ritrovato, la parabola del giardiniere naturale” con il quale la regista bolognese Patrizia Marani mette in evidenza la bellezza ma soprattutto la filosofia dei Giardini del Casoncello e grazie al quale riceverà importanti riconoscimenti.
Esce nel 2010 un secondo libro sui Giardini del Casoncello, “Chiacchiere di giardinaggio insolito” nel quale si puntualizza la particolare tipologia di conduzione del luogo per la difesa della biodiversità. La nascita della Fondazione nel 2012, perché il luogo possa continuare ad essere proposto al pubblico come esempio di un giardinaggio responsabile e sostenibile, è infine il coronamento della storia di questo insolito gioiello botanico dell’Appennino bolognese.