manifattura emiliana
modellino

legno/ doratura/ intaglio/ pittura,
tessuto,
materiale vario
cm 115 (la) 70,5 (a) 84,5 (p)
sec. XVIII (1750 - 1770)
n. 172
Palazzina giocattolo, a base rettangolare. L'esterno è caratterizzato da porte a vetri e ampie finestre con balaustre e cornici e cimase dorate.
L'interno è diviso in cinque stanze arredate tra loro comunicanti: atrio, sala da pranzo, cucina, salotto e camera da letto, dotate di arredi e suppellettili.

Si tratta di una fedele riproduzione in miniatura di una casa settecentesca, dotata di arredi, stoviglie, suppellettili e persino di una gabbietta con uccello appesa al soffitto.
Questo tipo di modellini, o “giocattoli” ebbe ampia diffusione nel nord Europa, a cominciare dall’Olanda, ma anche in Francia, Germania e Inghilterra; essi avevano principalmente una funzione educativa. In Italia invece esistono grandi quantità di case in scala per presepi e rappresentazioni sacre, ma al di fuori del cotesto religioso, questi oggetti restano abbastanza rari. Nell'esemplare in esame, la riproduzione degli elementi architettonici e degli arredi è accurata in ogni dettaglio. I mobili presentano tipologie emiliane, pertanto si ritiene che il manufatto sia stato realizzato in Emilia. I materiali usati sono vari; oltre al legno, per le rifiniture sono stati impiegati tessuti, vetri, metalli, maioliche, ecc.; le decorazioni sono dorate, dipinte e laccate. Negli intagli si rilevano motivi derivati dal barocco romano, spesso presenti nel mobilio bolognese del Settecento, che denotano l’influenza, anche nelle Legazioni Pontificie, dei modelli diffusi a Roma (L. Bandera, 1987).
Il modellino è particolarmente ammirato da Malaguzzi Valeri, che in Arte Gaia (1926) lo descrive in ogni dettaglio; la piccola dimora nobile settecentesca è vista come “il regno della felicità e dell’amore”, testimonianza di “un piccolo mondo scomparso e sempre rinnovantesi: il mondo dei sogni e dei fanciulli”. A differenza delle “case di bambola” dei musei d’oltralpe, questo esemplare “vanta una misura tutta italiana, una arguzia prettamente bolognese”. Malaguzzi Valeri (1927) riferisce anche la presenza di un cartellino (ora scomparso), sul cestino da lavoro sul tavolo del salotto, recante il nome della possibile proprietaria “Giuseppa Sorm.” (abbreviazione forse di Sormani, ricca e nobile famiglia emiliana).