Ecomuseo di Argenta: Museo Civico
Via G.B. Aleotti, 46
Argenta (FE)
Tisi Benvenuto detto Garofalo
1476 ca./ 1559
ambito ferrarese
dipinto

tavola/ applicazione su tela/ pittura a olio
cm 125 (la) 154 (a)
sec. XVI (1500 - 1599)
Pala d'altare raffigurante la Madonna in trono col Bambino al centro e più in alto rispetto ai santi. A sinistra San Lazzaro e a destra San Giobbe.

"Il dipinto, tra i più importanti del territorio argentano, è ricordato dal Baruffaldi (1697-1722) e da tutti gli storici ferraresi, mentre l’ascrizione al Garofalo, avallata dalla firma, non è mai stata messa in dubbio. [...] Rispetto alla Natività della chiesa di San Francesco in Ferrara (ora nella Pinacoteca Nazionale di quella città, n. 151) di pochi mesi precedente, i motivi stilistici di quest’opera rivelano la presenza di più chiari influssi raffaelleschi. Tali caratteri sono stati ben individuati da Anna Maria Fioravanti Baraldi (1976-77) che considera il dipinto una della prime prove della conoscenza diretta dell’arte di Raffaello da parte del Garofalo: «ciò appare evidente nella tipologia della Vergine e dei due Santi, nel motivo del tronetto poliedrico e della tenda dietro la Vergine, elementi che delineano i due piani del quadro conferendogli una solennità e un equilibrio tipici del Sanzio». In effetti la poetica garofalesca si arricchisce nella pala di Argenta di un tema iconografico, quello della “Madonna in trono e Santi”, trattato sugli esemplari di Raffaello dal quale sono ripresi non solo la Madonna, chiaramente derivante dalla Santa Cecilia bolognese (1513), ma anche lo schema compositivo del trono. Permane tuttavia nella pala di Argenta, accanto a un raffaellismo schiettamente interpretato e che denuncia l’influenza ancora viva delle suggestioni del determinante incontro a Roma con Raffaello (a tale proposito fu addirittura ipotizzata una collaborazione tra i due artisti di cui sarebbe testimonianza lo sfondo giorgionesco della Madonna di Foligno, che si ritiene possa datarsi negli anni tra il 1511 e il 1512), quel pittoricismo carico di esperienze veneziane, ricco di modi giorgioneschi particolarmente palesi nello sfondo paesaggistico. Quanto ai ritratti dei due adusti santi Lazzaro e Giobbe, l’uno ben chiomato e castano, con i vivi occhi morelli, l’altro canuto e semicalvo, dai baffi spioventi, non è smarrito in essi del tutto il ricordo dei vecchi di Domenico Panetti, il che denota la cultura principalmente ferrarese del Garofalo.
La gamma cromatica, calda e abbastanza fusa, impostata sul vermiglio, sul verde prato e sugli arancioni continua ad affermare, come giustamente sottolineava il Neppi (1959), la discendenza padano-veneta dell’artista". (Viroli, 2008)