FONTE
FONTE
AutoreAgazia
Titolo operaHistoriae
Anno580 ca. d.C.
Periodoetà bizantina
EpocaAlto Medioevo
Noteed.: R. Keydell (ed.), Agathiae Myrinaei historiarum libri quinque, Berlin 1967.
PASSO
LocalizzazioneI, 1.6
TraduzioneE così accadde in quell'occasione che dopo la conclusione del trattato di pace i Goti presero strade separate, quelli che avevano precedentemente vissuto sulla vicina sponda del Po presero la via per la Toscana e la Liguria e per qualunque luogo li conducesse la forza dell'abitudine e l'inclinazione.
Note552 d.C.
Passo/fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_1.pdf
Formato pdf fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_1.pdf

PASSO
LocalizzazioneI, 11.2-3
Traduzione[2] Egli era già stato informato che Leutaris e Butilino e gli eserciti dei Franchi e degli Alemanni avevano oltrepassato il Po, ed egli partì, di conseguenza, con la maggior parte del suo esercito in quella direzione. [3] Da quando Filimuth, il capo degli Eruli, che stavano marciando con lui, si era ammalato ed era morto pochi giorni prima, era necessario che fossero comandati da uno del loro popolo, lui [Narsete] immediatamente mise il loro compatriota Fulcaris, nipote di Faniteo, affidato a loro. Egli poi istruì Fulcaris a cominciare insieme con Giovanni il nipote di Vitaliano, con Valeriano ed Artabane e altri generali e comandanti insieme con la parte più ampia e potente dell'esercito, per fare una deviazione della catena alpina che corre tra la Toscana e l'Emilia, per dirigersi al fiume Po e accamparsi in quella vicinanza.
NoteSpedizione franco-alamanna in Italia: 553-554 d.C. La battaglia di Parma, col saccheggio dell'Emilia e il ritiro a Faenza si pongono nell'estate 553 d.C. Narsete era il comandante in capo delle forze armate bizantine in Italia dal 551 d.C.
Passo/fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_11.pdf
Formato pdf fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_11.pdf

PASSO
LocalizzazioneI, 14.1-6
Traduzione[1] Narsete era ancora occupato con l'assedio [di Lucca] quando imparò della sconfitta che le truppe mandate in Emilia avevano subito. La notizia fu, in modo comprensibile, un forte shock per lui e un grave colpo per il suo morale. [2] Ora ciò che accadde [in Emilia] era che nei primi giorni dopo il loro arrivo, avevano condotto tutte le operazioni in modo prudente e ordinato. Ogni volta che cominciavano a saccheggiare qualche villaggio o paese nemico, marciavano in formazione regolare e mantenevano una certa dose di prudenza quando attaccavano. (...) [3] Fulcaris, il capo degli Eruli, era dichiaratamente un uomo valoroso e totalmente intrepido, ma era di temperamento selvaggio e impetuoso. Non teneva conto dell'abilità tattica e dell'opportuna disposizione delle sue forze come marchio di un vero generale e comandante, ma si vantava invece di fare una bella figura sul campo di battaglia nel guidare di persona la carica contro il nemico e nel tenersi nella prima linea del combattimento. [4] In questa occasione, comunque, mostrò addirittura un'imprudenza più grave nell'effettuare un attacco su Parma, che era già nelle mani dei Franchi. (...) [5] Ma Butilino, il capo dei Franchi, venne informato anticipatamente di questi movimenti e nascondendo il gruppo dei suoi uomini in anfiteatro (era stato destinato allo spettacolo della caccia alle bestie feroci) non lontano dalla città, preparò un'imboscata in grande scala e poi si mise a vigilare e ad attendere il suo momento. [6] Quando Fulcaris, e i suoi Eruli, marciando in modo trascurato e irregolare, era avanzato fino ad essere praticamente circondato dal nemico, fu dato il segnale. I Franchi si precipitarono fuori e piombarono su di loro e subito uccisero indiscriminatamente tutti quelli a portata di mano, schiacciandoli con la rapidità del loro attacco e l'imprevedibilità della trappola che avevano preparato.
Note553 d.C.
Passo/fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_14.pdf
Formato pdf fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_14.pdf

PASSO
LocalizzazioneI, 15.7-10
Traduzione[7] Il morale dei Franchi, comunque, era sollevato e rafforzato considerevolmente a conclusione di questa disfatta. I Goti che abitavano l'Emilia e la Liguria e le regioni vicine avevano precedentemente fatto quello che equivaleva al trattato di pace e all'alleanza difensiva con i Romani, benché, dichiaratamente, fosse una finzione ipocrita, completamente incompatibile con loro e motivata esclusivamente dalla paura. Essi furono ora incoraggiati apertamente a violare il loro trattato e immediatamente passarono alla parte dei barbari con cui avevano così tanto in comune. [8] Le forze romane che, come avevo già spiegato, erano sotto il comando di Giovanni, nipote di Vitaliano, e di Artabane si ritirarono immediatamente insieme con i sopravvissuti del contingente erulo a Faenza. [9] La ragione del trasferimento era che i generali pensavano inopportuno rimanere accampati nelle vicinanze di Parma quando il nemico era raccolto là in forze, e perché, dopo il loro inaspettato successo, il nemico sembrava pronto per una prova di forza. Tutte le città occupate dai Goti, infatti, aprirono loro le porte, e c'era ogni indizio che stessero preparando un attacco concertato sui Romani. [10] I generali decisero, perciò, di andare il più vicino possibile a Ravenna e così eludere il nemico, da quando si accorsero di non essere nella posizione per combattere con loro.
NoteSpedizione franco-alamanna in Italia: 553-554 d.C. La battaglia di Parma, col saccheggio dell'Emilia e il ritiro a Faenza si pongono nell'estate 553 d.C.
Passo/fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_15.pdf
Formato pdf fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_15.pdf

PASSO
LocalizzazioneI, 17
Traduzione[1] Avendo rincuorato le sue truppe indirizzandoli a questo stato d'animo, Narsete immediatamente si mise a condurre l'assedio di Lucca con il più severo rigore. Allo stesso tempo egli era estremamente in collera con gli altri generali. Avevano abbandonato una posizione vantaggiosa ed erano ora a Faenza. Tutti i suoi attenti calcoli erano stati rovesciati. [2] Attendeva le loro forze per essere schierate come una fortificazione e baluardo continuo attorno alla città di Parma, per tenere a bada il nemico e lasciarlo libero di portare la situazione in Toscana sotto controllo e poi disporre di raggiungerli là. Ma ora, come conseguenza di aver lasciato il posto e trasferito sé stessi in posizione distante, Narsete e i suoi uomini erano esposti al diretto attacco nemico. [3] Trovando questa situazione intollerabile egli mandò uno dei suoi più stretti collaboratori, un uomo chiamato Stefano, nativo della città illirica di Epidamno, ai generali per rimproverarli della loro codardia e far comprendere loro che il mancato ritorno ai loro posti era equivalente ad un'aperta dichiarazione di diserzione. [4] Così Stefano partì a tutta velocità con duecento dei cavalieri più coraggiosi e meglio armati. La loro avanzata era una combinazione penosa di marce forzate e notti insonni dovute al fatto che un distaccamento dei Franchi stava vagando per le pianure della regione [l'Emilia] in cerca di foraggio e saccheggiando la campagna. [5] I Romani, perciò, fecero molte delle loro marce di notte restando uniti in formazione chiusa e proteggendo la loro retroguardia, cosicché se obbligati a risolvere una questione battendosi, non sarebbero stati presi alla sprovvista. Potevano essere udite le grida d'angoscia dei contadini e il muggire del bestiame che veniva portato via e lo schianto degli alberi che venivano abbattuti. Al triste accompagnamento di tali suoni finalmente si diressero verso Faenza e l'esercito che era là.
[6] Appena fu in presenza dei generali Stefano disse: «Che cosa vi è preso? Dov’è ora la gloria delle vostre precedenti imprese, e che cosa ne è stato di quel consistente numero di successi in così tante battaglie? Come potete aspettarvi che Narsete catturi Lucca e consolidi tutto il territorio su quel lato delle Alpi [Appennini], quando voi vi comportate come se foste d’accordo col nemico, lasciando e permettendo che essi abbiamo completa libertà di movimento? [7] Io, per parte mia, non ho desiderio di inveire contro di voi, ma altre persone possono ben definire tutta questa faccenda come codardia e grave trascuratezza del dovere. Se non tornate indietro a Parma in un batter d'occhio Narsete non vi dimenticherà mai e, se qualche cosa andasse male, vi riterrebbe personalmente responsabili delle conseguenze».

NoteSpedizione franco-alamanna in Italia: 553-554 d.C. La battaglia di Parma, col saccheggio dell'Emilia e il ritiro a Faenza si pongono nell'estate 553 d.C. Narsete era il comandante in capo delle forze armate bizantine in Italia dal 551 d.C.: Lucca era una città in mano agli Ostrogoti che non si erano arresi dopo la sconfitta dei Monti Lattari del 552 d.C.
Passo/fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_17.pdf
Formato pdf fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_17.pdf

PASSO
LocalizzazioneI, 18.1-2
Traduzione[1] Quando udirono queste parole i generali compresero che essi venivano da Narsete. Incapaci di contestare l'esattezza di quello che era stato detto avanzarono un numero di giustificazioni inefficaci, dicendo di essere stati obbligati a cambiare il loro alloggiamento dovuto all'impossibilità di procurarsi un adeguato approvvigionamento di cibo per i loro uomini nel territorio attorno a Parma. Inoltre affermarono che Antioco, il prefetto d'Italia, che aveva la responsabilità di queste cose, non si era fatto vivo, e così loro non avevano nemmeno ricevuto la loro paga regolare. [2] Stefano, quindi, essendosi diretto verso Ravenna a tutta velocità, ritornò dai generali con il Prefetto. Dopo aver risolto i loro problemi al meglio che poteva li persuase tutti a tornare sui loro passi immediatamente e ad accamparsi di nuovo nelle vicinanze di Parma.
NoteLa prima scena si svolge a Faenza nell'estate del 553 d.C. Antioco fu il prefetto del pretorio d'Italia, la massima autorità civile bizantina nella penisola, tra 552 e 554 d.C.: sarà sostituito proprio da Narsete, in carica tra 554 e 568 d.C.
Passo/fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_18.pdf
Formato pdf fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_18.pdf

PASSO
LocalizzazioneI, 19.1 e 4-5
Traduzione[1] Ora che Lucca era stata obbligata a capitolare e non c'era più alcuna opposizione Narsete pensò che non vedeva l'utilità di fermarsi là più a lungo, se non per avere un momento di pausa dai suoi impegni. Così lasciò Bono, il questore in carica della Mesia sul Danubio, un uomo di eccezionale accortezza con una vasta esperienza di questioni civili come di quelle militari. Narsete gli affidò una forza di considerevoli dimensioni che gli avrebbe permesso di soffocare con facilità qualsiasi insurrezione da parte dei barbari in quella regione. Dopo aver dato queste disposizioni, allora, si precipitò dritto a Ravenna, per mandare le truppe appostate là al loro alloggiamento invernale.
(....)
[4] Mentre si occupavano dei loro affari, Narsete si ritirò a Ravenna prendendo con sé solo i suoi servi personali e la guardia del corpo e quei membri del suo stato maggiore che erano responsabili del lavoro burocratico e avevano il compito di controllare che le regole e le disposizioni fossero osservate e prevenire che chiunque avesse troppo accesso verso di lui. I Romani chiamano questi ufficiali "a cancellis", termine che si riferisce alla porta dietro cui lavorano. [5] Si era fatto accompagnare anche da Zandala, il capo dei suoi domestici e dai suoi eunuchi e il resto dei suoi servi di casa. E così prese con sé a Ravenna circa quattrocento uomini in tutto.

NoteNarsete era il comandante in capo delle forze armate bizantine in Italia dal 551 d.C. e la sua residenza era a Ravenna: Lucca era una città in mano agli Ostrogoti che non si erano arresi dopo la sconfitta dei Monti Lattari del 552 d.C., e viene espugnata nel dicembre 553 d.C.
Passo/fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_19.pdf
Formato pdf fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_19.pdf

PASSO
LocalizzazioneI, 20.5, 21.1, 22.8
Traduzione[5] Dopo aver prima intimato agli assedianti che lui [Aligern, assediato a Cuma] avrebbe desiderato avere un incontro con il loro generale, ed avendo poi ricevuto il permesso a fare ciò, egli si diresse verso Classe nel territorio di Ravenna, dove, egli aveva imparato, era il forte in cui Narsete stava alloggiando.
(...)
[1] Nel frattempo Narsete dopo un soggiorno a Ravenna nel corso del quale passò in rassegna le truppe là appostate e organizzata opportunamente ogni cosa si mise in viaggio per Rimini con lo stesso seguito di prima.
(...)
Narsete ritornò a Ravenna. Dopo aver organizzato ogni cosa là, sistemò una base resistente ed efficiente a Roma, dove passò l'inverno.

NotePassaggi di Narsete, ora prefetto del pretorio d'Italia, a Ravenna nel 554 d.C. Cuma era una città in mano agli Ostrogoti che non si erano arresi dopo la sconfitta dei Monti Lattari del 552 d.C., e viene espugnata nel gennaio 554 d.C.
Passo/fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_20.pdf
Formato pdf fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_20.pdf

PASSO
LocalizzazioneII, 3.1-2
Traduzione[1] Quando Artabane e Uldach, riconobbero che non erano nella posizione di dar battaglia, non dettero segno di far uscire le loro forze, i Franchi si dispersero e ritornarono al campo. Nel guardarsi attorno compresero l'ampiezza delle loro perdite. Decisero quindi che la loro miglior linea di condotta sarebbe stata lasciare Fano in tutta fretta e proseguire la loro marcia prima che qualcos'altro capitasse loro. [2] Essi iniziarono immediatamente e, lasciando il Mar Ionio e la strada costiera alla loro destra, marciarono verso le colline pedemontane degli Appennini. Così, dirigendosi dritti verso l'Emilia e le Alpi Cozie, attraversarono il Po con qualche difficoltà.
NoteSpedizione franco-alamanna in Italia: 553-554 d.C. Nell'autunno del 554 d.C. i Franchi di Leutarit dovettero passare tra Faenza e Ravenna (probabilmente seguirono da lontano la via Emilia) per raggiungere il Po da Fano.
Passo/fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_II_3.pdf
Formato pdf fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_II_3.pdf

PASSO
LocalizzazioneI, 20.5, 21.1, 22.8
Traduzione[5] Dopo aver prima intimato agli assedianti che lui [Aligern, assediato a Cuma] avrebbe desiderato avere un incontro con il loro generale, ed avendo poi ricevuto il permesso a fare ciò, egli si diresse verso Classe nel territorio di Ravenna, dove, egli aveva imparato, era il forte in cui Narsete stava alloggiando.
(...)
[1] Nel frattempo Narsete dopo un soggiorno a Ravenna nel corso del quale passò in rassegna le truppe là appostate e organizzata opportunamente ogni cosa si mise in viaggio per Rimini con lo stesso seguito di prima.
(...)
Narsete ritornò a Ravenna. Dopo aver organizzato ogni cosa là, sistemò una base resistente ed efficiente a Roma, dove passò l'inverno.

NotePassaggi di Narsete, ora prefetto del pretorio d'Italia, a Ravenna nel 554 d.C. Cuma era una città in mano agli Ostrogoti che non si erano arresi dopo la sconfitta dei Monti Lattari del 552 d.C., e viene espugnata nel gennaio 554 d.C.
Passo/fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_20.pdf
Formato pdf fonti/autgreci/Agazia/AGAZIA_I_20.pdf

COMPILAZIONE
COMPILAZIONE
Data2012
NomeAssorati G.
AGGIORNAMENTO – REVISIONE
Data2021
NomeParisini S.

ultima modifica: 16/02/2022
fonte

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione, propri e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.