Giardini di viale Cavour
viale Cavour
Ferrara (FE)
Golfarelli Tullo
1852/ 1928
monumento commemorativo
Monumento a Giuseppe Garibaldi

marmo/ scultura,
bronzo/ fusione,
pietra di Grizzana
cm.
sec. XX (1907 - 1907)
Una corona e la figura di un garibaldino morente, fusi in bronzo dalla fonderia Bastianelli di Roma, sono collocati su un plinto che poggia su una gradinata in pietra di Grizzana. Sul plinto è collocato un obelisco in marmo che regge il busto di Garibaldi. Nel bassorilievo dell'obelisco è raffigurato un gruppo di garibaldini.

L’opera ferrarese ha conosciuto un percorso travagliato. La proposta di un ‘ricordo’ arrivò nel 1890 dalla Società dei Reduci delle Patrie Battaglie, diretta dall’onorevole Severino Sani che insediò un’apposita commissione guidata dal commendatore, poi senatore, Stefano Gatti Casazza, il quale già dal giorno della morte del generale a Caprera, il 2 giugno 1882, aveva desiderato per lui un’opera che lo ricordasse. Nella seduta del 3 aprile 1898 presso la sala del Consiglio provinciale, la commissione confermò l’incarico al già contattato scultore romano Ettore Ferrari (1845- 1929). La delibera sollevò forti polemiche puntualmente registrate dalla stampa locale: non si trovava giusto affidare il lavoro a uno scultore di Roma escludendo a priori artisti ferraresi. La discussione a favore di un concittadino rimbalzava dalle pagine dei giornali arrivando fino a Ferrari, al quale Gatti Casazza, trattata la questione con il comitato, aveva riconfermato il mandato. Allo scultore erano infatti stati inviati da Ferrara alcuni giornali dai quali aveva appreso la controversia: riconoscendone il valore, scrisse al comitato il 19 aprile 1898 rimettendosi pacatamente alla decisione dello stesso e ritenendosi eventualmente libero dall’impegno. Sani e il sindaco Pietro Niccolini si recarono a Roma per convincere Ferrari, che accettò di eseguire l’opera apportando qualche modifica al bozzetto originario. I promotori allora lavorarono sodo per raccogliere il denaro necessario: circa 6.000 lire, cifra che non fu raggiunta lasciando così cadere il progetto. Sani e Gatti Casazza continuarono a perseguire con ostinazione il loro piano: riuscirono a mettere insieme i soldi ed esortarono enti pubblici e associazioni fino a far bandire, alla fine del 1905, un concorso destinato ad artisti ferraresi per l’esecuzione di un ‘ricordo’ marmoreo da inaugurare in occasione dell’anniversario della nascita dell’Eroe, il 4 luglio 1907.
Su sedici artisti invitati, sei risposero: Luigi Bolognesi, Ettore Chendi, Amedeo Colla, Gaetano Galvani, Angelo Lana, Francesco Leoni, tutti originari del Ferrarese. Degli otto bozzetti in scagliola (tre erano di Bolognesi), esposti in forma anonima nell’agosto 1906 nella Sala degli Stemmi del Castello Estense, nessuno soddisfece la giuria artistica (Pietro Niccolini, Giuseppe Agnelli, Augusto Droghetti, affiancati, dopo la rinuncia di Carlo Fiaschi e di Luigi Legnani, da Stefano Gatti Casazza e dallo scultore Tullo Golfarelli). Dal concorso non uscì un vincitore, «ma considerata la tenue somma disponibile, non potendo essere presentato di meglio e dovendosi perciò scegliere fra quegli otto, vennero designati come più meritevoli [...] quello segnato col n. 2 [di Amedeo Colla] rappresentante un obelisco allegorico sulla di cui base sporge un’aquila che afferra con gli artigli la bandiera e che sopra di essa porta un medaglione con l’effige di Garibaldi, e l’altro segnato col n. 7 [di Luigi Bolognesi] figurante un basamento a gradinata sul quale si eleva un plinto di forma quadrata con soprastante busto di Garibaldi. Alla base un garibaldino morente che impugna l’asta della bandiera» («La Rivista», 31 agosto 1906). La Società dei Reduci avrebbe dovuto nominare una nuova giuria che non fu mai eletta, ma, anzi, senza avvalersi dell’eventualità di proporre qualche modifica ai due bozzetti segnalati, decise di assegnare direttamente il lavoro al cesenate residente a Bologna Tullo Golfarelli, «membro di quella commissione che aveva fatto strage di tutti i lavori presentati», che «accettò l’incarico, con non troppa dignità [...], presentando il lavoro… del Bolognesi, corretto soltanto in qualche linea» («La Scintilla», 24 novembre 1906). Il clientelismo di cui vennero accusati Sani, Gatti Casazza e Niccolini, portò a un’interrogazione in Consiglio comunale il 29 novembre, quando Gatti Casazza prese le parti di Golfarelli e del suo progetto, dichiarato originale. Il modello, però, era ispirato al bozzetto Libertà di Luigi Bolognesi, artista ferrarese trasferito a Roma, che, già da tempo tormentato dagli insuccessi raccolti nella sua carriera, angosciato dagli esiti del concorso e dalla mancanza di, almeno, un riconoscimento morale, si suicidò nella sua casa romana.
Il costo complessivo del monumento fu, alla fine, di 10.000 lire, una cifra bassa per Golfarelli che — come scrive Scardino — «pressato dalla fretta del Comitato [...] presumibilmente avrà desunto dall’opera di Bolognesi, la migliore tra quelle presentate al concorso, l’idea del garibaldino morente alla base del plinto [...]: sostituì però al motivo originario della bandiera, la sciabola che il garibaldino impugna con la mano destra».
Nel luogo destinato già dal 1905 per il monumento, i centrali giardini di viale Cavour, nel marzo 1907 furono eseguiti i lavori di preparazione. L’inaugurazione attesa per il 4 luglio fu rinviata al 20 settembre per le tensioni date dallo sciopero agrario all’inizio dell’estate. Nella notte tra il 2 e il 3 agosto la recinzione in legno che circondava e ricopriva la statua fu distrutta: gli autori del gesto accamparono a loro discolpa il cruccio di non poter ammirare l’opera in tempi brevi, ma forse l’azione sottintendeva una ragione politica legata alla data dell’inaugurazione che ricordava la fine del potere temporale dei papi. Come risposta, in ricordo della breccia di Porta Pia, il comitato decise di aggiungere una corona d’alloro, per la quale fu incaricato Amedeo Colla.
Il 4 luglio 2007, bicentenario della nascita di Garibaldi e primo centenario dell’inaugurazione del monumento a lui dedicato, è stato presentato il restauro dell’opera, curato dal Servizio Beni Monumentali del Comune di Ferrara grazie al finanziamento dell’associazione Ferrari Decus.