Museo Civico di Modena
Largo Porta S.Agostino, 337
Modena (MO)
Nocchi Bernardino
1741/ 1812
Altra Attribuzione: Pompeo Batoni
dipinto

tela/ pittura a olio
cm 39,4 (la) 48,5 (a)
sec. XVIII (1794 - 1794)
n. 179
Le due tele (presente scheda e nctn 00000167b), modelletti per opere di maggiori dimensioni, sono state eseguite dall’artista per una comune occasione di committenza. Sono infatti state ordinate dal lucchese Carlo Conti, figura di rilievo nella conduzione della locale Accademia di Pittura e Disegno, protettore dello stesso Nocchi. Conti sarebbe morto suicida nel 1794, proprio quando il pittore si apprestava a concludere le opere commissionategli (GIOVANNELLI 1989, pp. 58-63). L’opera in esame, Mercurio ordina a Calipso di lasciar partire Ulisse (o Il pianto di Ulisse), è il modelletto per un dipinto ora conservato a Lucca, presso il Museo Nazionale di Villa Guinigi. E nel 1959, in occasione della mostra dedicata al Settecento a Roma, che tale dipinto veniva correttamente proposto da Luisa Mortari come di Nocchi. Nell’occasione si ricordava anche il “bozzetto”, segnalandolo però erroneamente come conservato presso le raccolte pubbliche parmensi (Il Settecento a Roma ... 1959, p. 159). L’opera rappresenta Mercurio, spedito da Giove nella grotta di Calipso per ordinare alla dea di lasciare libero Ulisse. Il breve titolo alternativo, di specifico richiamo alla figura dell’eroe omerico, rappresentato piangente sulla sinistra in secondo piano, è confermato nel catalogo del museo toscano. Rispetto al dipinto di grandi dimensioni, che reca il nome dell’artista e la data del 1794, il modelletto si caratterizza per alcune differenze; come è già stato infatti osservato, non presenta il crepaccio ai piedi di Mercurio, e il masso che fa da primo sfondo alle figure è un poco più alto. La fortuna, almeno tarda, del dipinto è confermata dall’esistenza di alcune copie: per una tela di dimensioni analoghe a quelle del modelletto di Modena, in collezione privata, Giovannelli ipotizza l’opera del più modesto Pietro Nocchi; lo stesso studioso riconduce opportunamente la grande tela conservata attualmente a Modena (Palazzo Comunale, ufficio del Sindaco) già ricordata da Ragghianti come replica “un po’ più fiacca di conduttura” (scheda Ragghianti 1939), alla mano di copista di fine Ottocento (GI0VANNELLI 1989, p. 60).
Il percorso conservativo dei modelletti della Collezione Campori è stato ricostruito a partire dalla presenza degli stessi nello studio del pittore. Dopo la morte di questi, i due dipinti venivano valutati insieme ad altri bozzetti dal figlio Pietro in base alle indicazioni di prezzo già fornite nel 1812 da Camuccini, Agricola e Pozzi per la divisione tra gli eredi. A palazzo Campori le opere sarebbero invece giunte passando dalla collezione modenese del marchese Calori Cesi, poi Ferrarini (La Galleria Campori, 1929, p. 38). Nei cataloghi della Galleria Campori sia Il ritorno di Ulisse (cfr. nctn 00000167b) che Il pianto di Ulisse venivano erroneamente attribuita a Pompeo Batoni, in sintonia con quando si indicava per quest’ultimo già nel 1922 in occasione della sua esposizione alla mostra fiorentina della pittura italiana del Sei-Settecento (Mostra della pittura ... 1922, p. 29).