Colonia ENEL
lungomare Torino
Riccione (RN)
De Carlo Giancarlo progetto
1919/ 2005



Notizie storiche: progetto e costruzione
La realizzazione della nuova colonia di soggiorno marino è decisa dalla SIP (poi passata in proprietà all’ENEL) nel 1960, per ampliare quella già esistente nel vicino quartiere di Miramare, sempre a Riccione. L’area prescelta è già sede di numerosi insediamenti analoghi, realizzati anche in precedenza, come la Colonia Italia e la Mater Dei.
Il progetto è elaborato da G. De Carlo in quattro versioni fino al 1962. Fin dalle prime elaborazioni, l’impianto è incentrato su uno spazio centrale aperto sul mare intorno a cui sono organizzati i corpi di fabbrica disposti a “U”, secondo logiche differenti da quelle gerarchiche e monumentali delle colonie realizzate tra le due guerre. A una pedagogia perseguita attraverso la rigorosa (e a volte coercitiva) regolazione del rapporto tra spazi e attività educative, si sostituisce qui la volontà di plasmare un ambiente a misura di bambino. Ciò passa attraverso la rottura volumetrica dei corpi di fabbrica, scomposti in aggregati cellulari ciascuno indipendente e identificabile in un luogo dedicato, protetto, e al tempo stesso in contatto con le restanti parti. Grande importanza è, infatti, attribuita agli spazi collettivi, a partire dalla corte centrale, anch’essa progettata secondo una suddivisione in diversi settori mediante cordoli e variamente pavimenta con erba o sabbia per differenziare l’uso degli spazi.
Il progetto definitivo, salvo alcune modifiche imposte dagli uffici comunali inerenti, ad esempio, la distanza del fronte dalla strada, rispecchia la seconda versione elaborata da De Carlo, che si cimenta qui, per sua stessa ammissione, con il primo progetto di una certa consistenza dimensionale.
La parte centrale verso via Torino ospita alcuni spazi di servizio, oltre all’ingresso a doppia altezza si trovano: l’infermeria, gli ambienti per l’isolamento, la cucina, l’alloggio del custode e del personale. In un volume isolato sul tetto si trova l’ufficio del direttore.
Gli spazi abitativi veri e propri della colonia, si trovano ai lati sui fianchi della corte, organizzati per “case”, composte da un’aggregazione di cellule reciprocamente slittate in pianta, che costituiscono un profilo scalettato dei fronti. Si frammenta in tal modo la tradizionale unità dei grandi dormitori e refettori, in una sequenza di spazi più piccoli ma in collegamento diretto gli uni rispetto agli altri.
Ciascuno di questi moduli è suddiviso in due parti dalla scala posta al centro, una rivolta verso la corte, l’altra, verso l’esterno.
La prima distribuisce un locale per la refezione da usare anche come sala gioco, anticipato da un portico al piano terra, mentre ai piani superiori si trovano i dormitori ognuno per dodici bambini. La seconda parte del modulo, sfalsata in sezione di un mezzo piano, ospita i locali igienici e le stanze degli assistenti, definendo un modello che De Carlo approfondirà in opere più mature come il quartiere Matteotti o i collegi universitari di Urbino. Il dislivello è ben dichiarato anche nella sequenza delle finestre scalettate, che asseconda la generale esperienza visiva del luogo caratterizzata da una molteplicità di punti di vista di volta in volta variabili. Il disegno delle facciate, il rivestimento in ceramica colore turchese e la sottolineatura della linea delle finestre mediante i davanzali in pietra bianca, risente poi di una ricerca estetica basata sulla geometria e i pattern, a cui De Carlo è in questi anni molto vicino, influenzato dalle correnti d’avanguardia milanesi dell”Arte concreta”.




fonte: Matteo Sintini - Mibact - Architetture del secondo '900 - immagini Marco Ranocchi