Casa ad appartamenti in via Farini
via Farini 13
Faenza (RA)
Monti Filippo progetto
1928/ 2015



Notizie storiche: progetto
Sin dal primo progetto, quello uscito vincitore dal concorso per la chiesa di San Vincenzo de Paoli a Bologna, si notano temi importanti che si sarebbero ripresentati in seguito: l’intreccio tra interni ed esterni, la trasparenza, la fluidità, i campi visuali obliqui, un uso giocoso della geometria e una particolare cura nei dettagli. Gran parte della sua opera consiste in palazzine stravaganti costruite a Faenza: nei quartieri modello - come Santa Margherita o il vicino complesso edilizio in via Ferrari – oppure semplicemente piazzate una dopo l’altra lungo la strada, come in via Farini. Nel giro di due decenni, Monti ha creato una sorta di museo dell’architettura nella sua città natale, da cui è possibile dedurre l’evoluzione del suo linguaggio formale e dell’uso di materiali.,
Il complesso fa parte di una serie di edifici ad uso residenziale che Monti realizza nella stessa via, situata appena fuori le mura della città di Faenza, all’interno di un’area frazionata in una serie di lotti prospicenti direttamente la via di scorrimento principale della città. Nonostante l’assenza di un piano, la presenza di diverse opere dello stesso architetto (le case a schiera denominate le Vele e la sua abitazione privata), fa assumere alla via un aspetto unitario, grazie ai caratteri analoghi dell’edificato realizzato dallo stesso autore.
La Casa ad Appartamenti è costituita da sei abitazioni disposte su tre livelli, servite da un unico vano scala. Il piano terra è sostenuto da pilastri, ciò fa si che il volume più vicino al fronte strada appaia sospeso da terra e lo spazio libero sottostante venga utilizzato come spazio di servizio, con funzione di autorimessa e luogo di passaggio.
Il complesso è composto da due parallelepipedi in dialogo tra loro.
Procedendo a partire dall’ingresso: in primo piano si trova un volume compatto in cui si ritagliano solamente due aperture quadrate con infissi montati a filo esterno; leggermente più arretrato, un secondo volume completamente vetrato e appoggiato a terra, crea un angolo retto con il primo.
Il curtain wall di questo secondo blocco, fa da sfondo ai grandi alberi che crescono nelle aree verdi delimitate dai due corpi di fabbrica, sottolineando quel rapporto esterno-interno, natura-costruito, molto caro al progettista e presente in tutte le sue opere. L’edificio occupa in gran parte l’area e si estende fino al confine sul retro, sfruttando la profondità del lotto al fine di ottenere una maggiore spazialità.
Il lavoro sulla plasticità dei volumi, che in altre opere si risolve in forme organiche, è perseguito qui valorizzando il contenuto astratto della geometria dei piani di facciata dei due corpi, messi in contrasto tra loro attraverso l’accentuazione dei diversi trattamenti dei rivestimenti. Al pieno dell’intonaco si contrappone il blocco vetrato, a cui la colorazione blu conferisce un diverso valore di trasparenza, partecipando al gioco dei volumi quasi alla maniera “neoplastica”.




fonte: Architetture del secondo Novecento - Mibact - Matteo Sintini, Ilaria Cattabriga