Ex sede INCISA
viale Conforti
Parma (PR)

Cortesi Aurelio (progetto)


Notizie storiche: progetto e costruzione
Situata lungo il torrente Parma, nella zona a sud dello Stradone borbonico in prossimità dell’antico Campo di Marte, la palazzina, destinati agli uffici dei dirigenti e agli spazi di rappresentanza della ditta INCISA, rappresenta al meglio la maniera progettuale dell’autore. Essa infatti dimostra in maniera evidente come i contributi dell’esperienza della cultura milanese del dopoguerra, siano continuamente rinnovabili per effetto dell’influenza dei luoghi. In questo caso, sono i contrafforti del palazzo della Pilotta ad arricchire l’astrattismo di un linguaggio razionalista, comunque presente. Al tempo stesso, la scelta stessa della tipologia della “palazzina” punta all’inserimento omogeneo dell’edificio nel tessuto dell’urbanizzazione puntuale a lotti e casa al centro, sorta nella zona nei primi decenni del XX secolo. Tra queste, lungo lo stesso marciapiede, la residenza privata del proprietario (ing. Corini) realizzata da Franco Albini.
La pianta, suddivisa in tre fasce longitudinali e proporzionata secondo rapporti aurei, è occupata al centro da uno spazio vuoto in cui si trovano le rampe di scale e gli spazi di distribuzione a ballatoio degli ambienti di lavoro, situati nelle parti laterali con affaccio sull’esterno. Questo vuoto si presenta come un taglio nello spazio che “drammatizza” l’ambiente interno attraverso la modulazione della luce e dell’ombra, visibile nel percorso di attraversamento.
Il fronte, rivestito in mattoni con inserti in cemento armato in corrispondenza delle fasce marcapiano, si esprime in un equilibrio di pieni e vuoti dato dal rapporto tra il portico, le logge e le balconate, che rendono “domestica” una composizione di matrice razionalista, ibridazione che appare ancor più significativa se la si pensa applicata a un edificio direzionale. Un ulteriore segno di questa maniera di intendere il linguaggio architettonico, è visibile nella presenza di pilastri tagliati in obliquo, all’interno del rigoroso impaginato del telaio in cemento rivestito, ricordo dell’immagine dei contrafforti del Palazzo antistante. Il volume, infine, è chiuso dall’elemento del cornicione ricurvo, elemento spesso presente nelle opere dell’autore.
(Matteo Sintini)

Un bel giorno fui incaricato del progetto della Direzione della INCISA condotte e strade, di proprietà di un amico che poneva una sola condizione per l’attribuzione della commessa: ch’io proferissi, in segreto, il nome del più grande architetto italiano (all’uopo consigliai lo studio di Franco Albini) per affidare a lui la progettazione della sua propria casa da ubicarsi, con gli uffici, sullo stesso lato di un viale aristocratico di un insediamento sorto sul Campo di Marte. Ubicazioni atte a consentire, ogni volta, una breve passeggiata fra la casa (di Albini, Helg) e gli uffici (il mio incarico), entrambi disposti sullo stesso marciapiede. E’ così che, entrambi, (Abini ed io), fummo incaricati di progettazioni che, di per sé, esprimono i temi e i problemi degli anni sessanta del secolo scorso, interpretando, ognun per sé, quel revisionismo “milanese-lombardo” di cui ancor oggi si parla.
A fine lavori Albini si reca a Parma per una visita a casa Corini -il committente- già finita, e ne rileva l’affettuosa lettura di quella matrice culturale che contraddistingue la sua scuola da sempre, pur puntualizzando, nell’edificio, la propensione all’enfatizzazione del partito decorativo in cotto. Proposto dalla Helg.
Dopo la visita conduco il Maestro all’Incisa e mi soffermo con lui, sulla veduta, in diagonale, dello svolgersi dell’assieme parietale coronato da un cornicione angolare. Albini lo osserva e mi dice, (ed io qui lo dico e l’enfatizzo): “è bellissimo, Lello, è bellissimo!”.
Viganò, da me condotto all’Incisa, quasi per caso, osserva attentamente il medesimo voltatesta all’angolo dell’edificio e sbotta: “io l’avrei fatto in un altro modo”.
Tafuri, dopo la visita alla casa Corini, ove aveva accompagnato una fotografa, osservò il medesimo voltatesta e tacque. Lì, fermo, davanti alla facciata, alla modanatura, al disegno della sagoma, e non disse assolutamente niente.
Guido Canella, che ha visto la costruzione dell’Incisa solo da lontano, aveva anzitempo apprestato con i suoi scritti corsari - redatti a chiarimento della battaglia delle idee generata dai temi delle tradizioni nazionali in architettura- l’orientamento sulle questioni di un revisionismo di cui ho sempre, tenuto conto. E che, a mio avviso ho espresso, anche con le membrature murate dell’Incisa perseguendo i testi, di un Canella ancora studente che scriveva per Casabella “L’epopea borghese della scuola di Amsterdam”.
Contributo, questo, che indirizza, il dibattito degli anni cinquanta sull’identità del Moderno, a partire della disputa controversa in corso negli anni sessanta.
(Aurelio Cortesi)

fonte: Matteo Sintini, Aurelio Cortesi - Mibact - Architetture del secondo '900