Museo Interreligioso di Bertinoro
Via Frangipane, 6
Bertinoro (FC)
ambito russo
icona

tavola/ pittura a olio
cm. 28.5 (la) 23 (a)
sec. XVIII (1700 - 1799)
n. 153
La sacra icona (dal greco eikon: immagine) è la forma più semplice della coscienza di fede del Cristianesimo ortodosso. Lontana da qualsiasi forma di idolatria, il culto delle sacre icone si basa su saldi presupposti teologici. Testimoni di una realtà un tempo visibile, così come di una realtà, quella di Dio Padre, che non fu mai visibile per propria natura, le Sacre Scritture sono le fonti dell'icona. I fatti ed i personaggi della Redenzione sono trasposti da un sistema scritto ad uno icastico: la Parola Divina è proferita attraverso l'immagine che, essendo connaturata all'uomo, trasmette la verità rivelata in modo più immediato. Si può asserire che l'icona è convalidante della Parola, in riferimento alla storicità dei fatti e delle persone riportati dalle Sacre Scritture: i testimoni della Rivelazione predicarono e riportarono quello che avevano udito e visto. Gli iconografi, dunque, forniscono al fedele una testimonianza ottica degli eventi della Redenzione, attraverso l'utilizzo di colori, forme, espressioni, movimenti e gesti. Operando in modo commemorativo sul fedele, l'immagine non si limita solamente alla reminescenza dei fatti e delle persone legate al progetto salvifico: la memoria di Dio infatti indica la presenza dell'azione divina nella storia, implicando da parte del fedele la partecipazione e l'accettazione della veridicità degli avvenimenti. Le icone coniugano la realtà soprasensibile e quella storica attraverso un linguaggio che rivendica una propria dignità nei confronti della parola, così come ammoniva Giovanni Damasceno: "mediante la contemplazione carnale che ascendiamo a quella spirituale poiché la nostra costituzione è duplice: d'anima e di corpo; impossibile quindi a noi pervenire al grado intellettivo senza partire da quello carnale". Si tratta dunque di un'arte che non rappresenta la natura o la storia tout-court, ma di una pittura che si concentra esclusivamente sugli eventi della redenzione: da un punto di vista teologico, ogni pittore attraverso le particolarità contenute in ogni icona fornisce un personale contributo esegetico.
Fondamentale è poi la preparazione materiale del dipinto, che avviene secondo una metodologia tecnica ben precisa: la tavola deve essere incavata e coperta di strati di gesso, colla e tela, mentre i colori sono minerali, ai quali si accompagna il rosso d'uovo e la foglia d'oro. La sacra icona è inoltre la testimonianza della vittoria dell'Ortodossia sulle eresie ed in particolare su quella iconoclasta che travagliò l'impero romano d'oriente dall'inizio dell'VIII secolo fino alla metà del IX. L'iconoclastia in parte fu dovuta alla necessità dello Stato bizantino di riorganizzare la propria politica fiscale andando a colpire alcuni privilegi di cui godevano i monasteri, anche se, come sottolineato dall'Ostrogorsky, in questo periodo si avvicendano sul trono di Costantinopoli imperatori di stirpe siriaca, tra i primi Leone III l'Isaurico, che provengono da regioni profondamente influenzate dalla cultura araba e giudaica sostanzialmente aniconiche. Le persecuzioni contro gli iconoduli portarono alla nascita in Italia Meridionale di numerosi monasteri fondati grazie ai religiosi fuggiti dall'impero bizantino. L'iconoclastia andava a colpire uno dei cardini più antichi della spiritualità ortodossa: la tradizione attribuisce a san Luca evangelista il primo ritratto della Vergine con in braccio il Bambino. Onorata con il titolo di Theotokos, cioè Madre di Dio, secondo la tradizione l'icona dell'Odighitria ("Colei che mostra la via") giunse a Costantinopoli da Gerusalemme all'inizio del V secolo: murata nel convento del Pantocrator durante le persecuzioni iconoclaste, questa icona divenne il palladium della città sotto la dinastia dei Paleologhi. Il modello dell'Odighitria si diffuse rapidamente in tutto il mondo cristiano: l'esemplare conservato presso il Museo Interreligioso di Bertinoro risale alla fine del XVIII secolo e proviene dalla Russia. La Vergine regge il Bambino e lo mostra con la destra ai fedeli: sul capo Maria porta la triplice croce a forma di stella, antico simbolo siriaco di verginità. Il viso di Maria, nobile e sereno, avvolto in un maphorion decorato da un fitto ed elegante ricamo, riflette lo splendore classico bizantino. Gesù, invece, è avvolto nel grande himation regale è benedicente e regge nella mano destra il rotolo della Legge che in lui trova compimento. Maria è stata infatti chiamata a svolgere un compito unico in tutta la storia: essere madre del Salvatore. In lei i cristiani vedono l'immagine più pura della Chiesa: Maria è in un certo senso la Chiesa già realizzata. La figura di Maria poi raccoglie un grande rispetto anche dalla tradizione ebraica, che vede in lei una donna 'fedele' e aperta ai progetti divini, ed una particolare venerazione nella tradizione coranica, dove compare come vergine e madre del grande profeta Gesù.