MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna
Via Don Giovanni Minzoni, 14
Bologna (BO)
fotografia
carta/ stampa fotografica
cm 59 (la) 49 (a)
sec. XX (1973 - 1973)
n. 4002
Autoritratto con natura morta (dal ritratto del Dr. Gauchet di Van Gogh).


Salvo (Salvatore Mangione) nasce a Leonforte in provincia di Enna nel 1947.
Trascorsa l'infanzia in Sicilia, si trasferisce nel 1956 a Torino.
Sei anni dopo, manifestando un precoce interesse per l’arte, Salvo visita l’importante mostra dedicata a Francis Bacon presso la Galleria d’Arte Moderna e, nell’estate del 1963, all’età di soli sedici anni, partecipa alla 121° Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Torino con un disegno da Leonardo, raffigurante uno studio di una testa di vecchio. Da questo momento dipinge e vende ritratti, copie di opere di Rembrandt e di van Gogh e lavori ispirati agli artisti più disparati da Chagall a Fontana.
E’ questo l’inizio della carriera di Salvo, artista che, negli anni in cui le tendenze artistiche dominanti erano quelle dell’Arte Povera e dell’Arte Concettuale, compie una scelta coraggiosa: ritornare alla pittura partendo dalle sale del museo per ritornare al museo. Prima di arrivare alla pittura, Salvo passa attraverso un fare artistico concettuale estremamente personale e riconoscibile, come documenta la mostra monografica allestita alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino e curata da Pier Giovanni Castagnoli, che ripercorre le tappe fondamentali della carriera dell’artista dagli esordi ad oggi. Ben conoscendo i meccanismi del mercato dell’arte, Salvo parte da un’autocelebrazione e da un’autostoricizzazione costruendosi, anticipatamente, una personale mitografia attraverso la realizzazione di lapidi in marmo su cui incide frasi sentenziose quali “Io sono il migliore”, “Salvo è vivo”, “Amare me” o inserendo il proprio nome a conclusione di una lista di illustri uomini della storia antica e moderna. Di questo percorso, che sottende una forte carica narcisistica e autoironica, fa parte la serie degli autoritratti fotografici in cui l’artista si rappresenta nella forma di Cristo benedicente (Benedizione di Lucerna, 1970 –’75) per esplicitare il ruolo demiurgico dell’artista e la coincidenza di questi con la propria opera. Antecedente dell’uso del mezzo fotografico è la serie dei 12 autoritratti del 1969, esposti per la prima volta l’anno successivo alla nota Galleria Sperone di Torino, in cui l’artista si rappresenta alternativamente in veste di operaio, di guerrigliero, di barista, di soldato americano, di ballerino, ecc… ad indicare la condizione comune dell’essere sociale “uno, nessuno e centomila”.
Proseguendo nel suo percorso progettuale ed ordinatore di arte agita, meditata e scandita nel tempo, Salvo realizza la serie “Tricolore”, ovvero superfici su cui dipinge, tesse o scrive con il neon il proprio nome in bianco, rosso e verde a voler sottendere la totale identificazione della propria arte con la storia artistica nazionale in una forma di orgoglio nazionalistico. L’iniziale rapporto nominale con il passato diventa esplicito con la serie dei d’apres, vale a dire opere pittoriche ispirate a dipinti antichi di Raffaello, Carpaccio, Pollaiolo, Cosmè Tura, El Greco, Paolo Uccello, ecc…in cui Salvo interviene con vistose sottrazioni o con colori decisamente diversi dall’originale giungendo, così, a realizzare dei lavori “simili non identici”. Si spiega quindi il motivo per cui si vede un San Giorgio con il volto dell’artista o un San Martino/ Salvo che divide il mantello con il povero o uno spettacolare svolgimento ad imitazione di affresco parietale di un Trionfo di San Giorgio del 1974 richiamante l’omonima opera di Carpaccio.
Tutta la produzione pittorica di Salvo, da questo momento in avanti, è una volontaria, consapevole e selezionata citazione di stili compositivi e tematici di artisti del passato e di movimenti artistici del Novecento, quali il Futurismo e la pittura Metafisica. Citazioni e richiami che, ogni volta, vengono cristallizzati e assolutizzati in un organigramma ordinatore e in una tavolozza cromatica tenue e tersa (Autoritratto come San Martino, 1973; I giganti fulminati da Giove, 1977; Apollo e Dafne, 1978) o psichedelica e roboante (cicli dedicati a: Rovine, 1978 – ’79; Bar, 1981; Fabbriche 1987; Interni con funzioni straordinarie, 1990; Stazioni, 1992; Città, 2004, ecc…) incontrovertibilmente nello stile del Pictor optimus Salvo.