MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna
Via Don Giovanni Minzoni, 14
Bologna (BO)
Rossi Ilario
1911/ 1994
dipinto
tela/ pittura a olio
cm 71 (la) 111 (a)
sec. XX (1958 - 1958)
n. 28652

I primi dipinti di Ilario Rossi (Bologna 1911 – 1994) e la produzione grafica, sempre coltivata anche se non come filone principale, ne rivelano già l'innata qualità, forgiata dal costante riferimento alla figura di Giorgio Morandi, che nel 1930 ottiene la cattedra di Incisione presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, dove Rossi si diploma nel 1933. Paesaggi, nature morte, figure vengono così interpretati attraverso una vena intimistica che stempera il rigore del tonalismo morandiano. Dipinti che gli valgono premi e riconoscimenti e che presenta con regolarità alle Biennali di Venezia a partire dal 1936 e alle Quadriennali romane dal 1939. In una situazione che risente dei sommovimenti artistici introdotti da "Corrente", Ilario Rossi è tra i fondatori, nel primo dopoguerra, della Galleria Cronache, che svolge un fondamentale ruolo di aggiornamento della cultura bolognese. Accanto a lui sono gli amici con i quali dal 1942 partecipa alla redazione di riviste culturali e alle mostre della Galleria Ciangottini: Aldo Borgonzoni, lo stesso Giovanni Ciangottini, Pompilio Mandelli, Luciano Minguzzi e il più anziano Carlo Corsi. Nel corso degli anni Cinquanta Rossi elabora una forma di astrattismo vicina all'Informale dimostrando di avere recepito tempestivamente le più innovative suggestioni internazionali; si può dire che la sua vicenda corre parallela, anche se a distanza, a quella degli Ultimi Naturalisti e la qualità dei dipinti di questi anni induce Francesco Arcangeli a compierne un'accurata e sottile lettura: egli coglie in Rossi la conciliazione tra "l'espansione di ricchi strati di sensibilità" e "le gamme chiare accompagnate dall'eleganza quasi francese di sottili grafie". Altri importanti critici dedicano all'artista la loro attenzione, come Maurizio Calvesi, che ne presenta le opere alla Galleria La Medusa di Roma nel 1959, Gian Carlo Cavalli, Roberto Tassi, Marco Valsecchi, Luigi Carluccio, Adriano Baccilieri, Franco Basile. Nel 1964, presentato da Marcello Venturoli, Ilario Rossi ha una sala personale alla Biennale di Venezia, dove espone opere che segnano un altro importante passaggio della sua evoluzione, caratterizzato dal rinnovato interesse per la figura umana. Nel 1965 vince il concorso e la cattedra di pittura all'Accademia di Belle Arti di Bologna, di cui diventa direttore nel 1970, nel 1971 è chiamato a insegnare all'Accademia di Brera in Milano. Nel 1976 Luigi Carluccio gli dedica una importante monografia. Le ultime fasi del lavoro di Rossi si manifestano come una rinnovata elaborazione dei temi che da sempre sono al centro della sua pittura, ancora nel segno della composizione, tale da tollerare elaborati grafismi e estenuate evanescenze, e del virtuosistico uso del colore, che risolve in equilibri armonici l'azzardo di tinte talvolta innaturali. Nel 1992 Franco Basile, con un'altra importante monografia, ne ha dato puntuale riscontro ripercorrendo l'intero iter creativo dell'artista. Ancora Franco Basile nel 1994, , pubblica, dopo la morte del pittore, un libro per ricordarne l'ultima estate. Del 1999 è la pubblicazione di un testo, a cura di Franco Basile e Adriano Baccilieri, insieme agli amici e colleghi di Rossi, Clemente Fava, Pompilio Mandelli e Vittorio Mascalchi, sulla attività incisoria di Ilario Rossi.