Museo Arcivescovile
Piazza Arcivescovado, 1
Ravenna (RA)
manifattura costantinopolitana
Altra Attribuzione: manifattura egiziana (alessandrina)
manifattura locale
manifattura antiochena
cattedra episcopale
Cattedra di Massimiano

avorio/ intaglio
cm. 65 (la) 150 (a)
sec. VI (546 - 556)
La forma si riallaccia alla tipologia dei troni vescovili paleocristiani: con un alto schienale semicircolare e braccioli con pomelli. La decorazione eburnea percorre tutte le pareti della cattedra: il bancale, lo schienale, i braccioli, rivelando nella esecuzione delle tavolette, pur mantenendo sempre un'armoniosa unità di alto livello qualitativo, la partecipazione di diversi artefici, seguaci di diverse tendenze stilistiche. Nella fronte del bancale vi sono cinque tavolette: quattro evangelisti e al centro san Giovanni Battista, in alto al centro il monogramma di "Maximianus episcopus" tra motivi decorativi vegetali e animali. Fasce con medesimi motivi ornamentali percorrono anche la fiancate dei braccioli e lo schienale in tutta la sua altezza. Nelle fiancate dei braccioli vi sono cinque formelle per parte relative a Giuseppe l'ebreo. Della parte anteriore dello schienale restano solo cinque tavolette, mentre del tergo se ne conservano sette (delle sedici originarie), relative a episodi cristologici. La raffigurazione di Cristo entro un clipeo completa la fascia decorativa centrale nella parte anteriore. Le formelle in avorio sono state montate su una struttura in plexiglass.

Secondo la tradizione questa cattedra sarebbe un dono dell'imperatore Giustiniano al vescovo e poi arcivescovo di Ravenna, Massimiano, che ricoprì tale carica dal 546 al 556, come confermerebbe il monogramma nella fronte del bancale. Aveva destato qualche perplessità il fatto che un sì prezioso manufatto non fosse ricordato da A. Agnello (metà IX secolo) nella vita del suddetto presule. La prima fonte scritta che ne parla è Giovanni Diacono nella sua "Cronaca veneziana" nel passo in cui ricorda che il doge Pietro Orseolo II, nel 1001, donò all'imperatore Ottone III, allora residente Ravenna, una cattedra in avorio, e che quest'ultimo a sua volta l'avrebbe lasciata in custodia a Ravenna; occorre precisare, tuttavia, che non tutti sono concordi nell'ammettere che si tratti del medesimo oggetto. E' stato anche supposto che il dono del doge debba essere considerato come una restituzione alla città da cui la cattedra sarebbe stata asportata. Le guide storiche di Ravenna la ricordano in duomo, nella sagrestia indi è stata portata nell'attuale collocazione del museo arcivescovile. Nel corso dei secoli lo schienale dovette essere smontato e questo causò la dispersione e la perdita di alcune formelle, ben nove, di cui tre anfigrafe, ossia intagliate su entrambi i lati, cosicchè vengono a mancare ben dodici episodi relativi agli episodi cristologici. Grazie però ai disegni ed agli scritti del Bacchini e del Muratori si conoscono i soggetti mancanti. L'originaria disposizione delle tavolette è stato oggetto di discussione e di diverse ipotesi. Si deve al contributo di studiosi, soprattutto del Gerola, del Cecchelli e del Cervellini la proposta, secondo la quale, le tavolette dovevano essere collocate all'orgine seguendo un ordine "bustrofedico", ossia da sinistra a destra, da destra a sinistra, ecc., nello stesso modo con cui si eseguono i solchi nei campi. Nel 1884 la cattedra fu malamente raccorciata, allorchè fu quasi del tutto fatta scomparire l'originaria armatura in ebano. Tra la fine del secolo scorso e l'inizio di questo sono state restituite alla cattedra quattro formelle. Nel 1919, sotto la supervisione di G. Gerona, soprintendente ai monumenti, fu condotto un sapiente restauro. Nel 1956 l'originale armatura in legno d'ebano è stata sostituita da una struttura in materiale sintetico (plexiglass) e le formelle mancanti sono state integrate da fogli di pergamena che ben si intonano al colore dell'avorio.