Musei Civici - Palazzo dei Musei
Via Spallanzani, 1
Reggio Emilia
[ghici]
legno
resina di xanthorrhoea
vetro
cm 1,1 (la) 212 (l)
1871 ante
n. 6
Giavellotto lungo #ghici# costituito da una lunga asta di legno che presenta tracce di resina di Xanthorrhoea alla base. La punta indurita al fuoco venne successivamente rivestita della stessa resina nella quale furono inseriti frammenti di vetro, di forma e dimensioni irregolari. Originariamente, lo si desume dalle tracce lasciate nella resina, i frammenti dovevano essere 12. Attualmente ne rimango solo nove.

usato come arma da combattimento e (soprattutto) da caccia (al canguro, all'opossum e all'emù)
Si contano diversi tipi di #ghici#, variamente complessi. I ghici presentavano in ogni caso un foro all'estremità opposta a quella che feriva, nel quale veniva inserito l'attacco di un propulsore con attacco detto "a maschio".
Da segnalare che le armi che si rompevano entravano a far parte del corredo funebre del proprietario e che venivano poste alle spalle dell'uomo sepolto in posizione fetale. L'utilizzazione del vetro di bottiglia a differenza delle usuali pietre taglienti mostra una fase di passaggio e di contatto con i colonizzatori occidentali. L'oggetto fa parte di un nucleo più ampio di manufatti appartenenti alla cultura degli aborigeni australiani che Don Gaetano Chierici (all'epoca direttore del Museo di Storia Patria) chiese a monsignor Rudesindo Salvado, vescovo di Porto Vittoria, per il Museo di Storia Patria (con l'obiettivo di mettere in pratica il metodo "comparativo" molto in uso nella seconda metà dell'ottocento). Il nucleo di oggetti proviene dalla parte occidentale dell'Australia dove Salvado operò per lunghi anni fra la zona della missione di Nuova Norcia, fondata dallo stesso e la città di Perth. Gli oggetti, grazie alla collaborazione del vicario del vescovo il canonico Martelli, furono donati al Museo. Partiti dalla città australiana di Perth, dove sostarono a lungo, giunsero a Reggio Emilia nel 1871. L'interesse di Chierici per questi oggetti (e la conseguente richiesta avanzata a Salvado di inviarne alcuni in Europa), fu probabilmente suscitato dalla lettura di un libro scritto da Salvado nel 1851 "Memorie storiche dell'Australia particolarmente della Missione Benedettina di Nuova Norcia e degli usi e costumi degli Australiani". La raccolta di oggetti australiani costituì uno dei primi nuclei etnografici del Museo di Storia Patria, oggi Museo "G. Chierici" di Paletnologia. Trasferiti nel cosiddetto Corridoio Venturi, dopo la morte di Chierici, ove sono conservate le altre collezioni etnografiche, nel 1996 furono collocati nelle attuali vetrine, ripristinando l'originaria disposizione dei reperti all'arrivo al Museo.