Pinacoteca Civica Domenico Inzaghi
Via Mentana, 32
Budrio (BO)
Passerotti Tiburzio
1553/ 1612
dipinto

tela/ pittura a olio
cm. 23 (la) 29 (a)
sec. XVI (1590 - 1592)
Entro lo spazio delimitato dagli stalli di un coro ligneo oltre il quale si apre un cielo notturno acceso di bagliori, una monaca sta in ginocchio di fronte alla Vergine; stringe a sé il Bambino in fasce, invasa dalla tenerezza: è Caterina Vigri. Nelle "Sette armi spirituali", il libro lasciato a testimonianza del proprio umano cammino di ascesi, è Caterina stessa, spentasi nel 1463 a Bologna poco dopo aver fondato il monastero francescano del Corpus Domini, a scrivere della visione avuta in una notte di Natale; l'episodio assumerà un ruolo centrale nell'iconografia della santa, legandone indissolubilmente il culto alla devozione per il piccolo Gesù. Il modo in cui la scena è qui presentata, con tanto di didascalia che, in versione latina, ne riporta il racconto -l'iscrizione in basso è riemersa a seguito di un restauro eseguito da Maricetta Parlatore Melega nel 1973-74, rimane invece illeggibile quella in alto, sullo striscione- ricorda da vicino la strategia narrativa adottata nel 1594 da Giulio Morina per i 24 disegni riuniti nel Somario Affigurato ora all'Archivio Arcivescovile di Bologna: non è da escludere che la piccola tela, a una data molto prossima al tempo del primo tentativo di canonizzazione della Vigri e alla sua inclusione nel Martirologio romano (1592), facesse parte anch'essa in origine di una serie dedicata ad illustrare vita, morte e miracoli della venerata santa (I. Graziani, S. Biancani, A. Zacchi in Vita artistica nel monastero femminile. Exempla, a cura di V. Fortunati, Bologna 2002, pp. 221-243, 203-219, 245-263). All'interno del percorso noto di Tiburzio Passerotti, cui l'opera è stata riferita da Daniele Benati (parere orale), un confronto probante va a stabilirsi con la grande tela raffigurante L'Elezione al patriarcato di Lorenzo Giustiniani compiuta per il Palazzo Ducale di Venezia entro il 1589: il gusto per un'illustrazione piana e simmetrica, il modo di impaginare la composizione per superfici squadernate in successione prospettica dal proscenio al fondo, le sagome larghe e bombate delle figure da cui spuntano mani affusolate e inconfondibili testine, di minuta e un po' uniforme caratterizzazione, sono elementi che, pur nella disparità del registro dimensionale, ritornano con precisione nel quadretto di Budrio. Esso condivide poi similitudini stringenti -si vedano ad esempio gli scatenati angioletti- e una cronologia analogamente ascrivibile ai primi anni Novanta del XVI secolo, con dipinti quali la perduta Assunzione della Vergine (già Bologna Santa Maria della Mascarella) e la Madonna in Gloria con i santi Brigida, Giovanni Evangelista e Giacomo in collezione privata a Bologna (già in San Petronio). Ciò stabilito, si devono tuttavia rilevare anche forti tangenze ferraresi: in effetti la tangenza a certi esiti del Bastianino o di Domenico Mona, in particolare in esempi di piccolo formato, o ancora i paragoni istituibili con motivi non marginali presenti in opere di Gaspare Venturini e di Giulio Cromer, appaiono tali da non poter essere liquidati come semplici coincidenze; singolare si rivela la sintonia con quella sorta di Koinè linguistica che emerge a Ferrara in special modo attorno all'ultima commissione ducale, la decorazione di alcuni ambienti di Palazzo dei Diamanti (alla quale, in posizione peraltro distaccata e rimanendo a Bologna, parteciparono anche i Carracci).