Patrimonio culturale dell'Emilia-Romagna

Non sorprende che per questo ritratto, di qualità insolitamente alta, Bodmer pensasse a un pittore bolognese dell'800: oltre al costume, con quel copricapo di crinolina, la posa prelude di fatto a certa ritrattistica ottocentesca. In precedenza Arfelli (1935) lo aveva riferito al XVIII secolo; in favore della scuola bolognese o emiliana del Settecento si sarebbero espressi Sorrentino (1949), Codicè Pinelli (1967) e Bernardini (1989). Il copricapo non deve però fuorviare poichè l'uso di cuffie è ampiamente attestato già nell'ultimo quarto del XVII secolo (cfr. R. Levy Pisetzky, 1978) Una volta sgombrato il campo da questo equivoco è più facile comprendere le ragioni che, a parere di chi scrive, indirizzano verso l'area bolognese, a una data che non si inoltra forse nemmeno nel XVIII secolo. Per il particolare uso della preparazione rossastra sotto gli incarnati e per la trasparenza con cui sono rese le stoffe il dipinto si mostra ancora in dipendenza dalle soluzioni introdotte a Bologna da Lorenzo Pasinelli, la cui attività nel campo del ritratto ci appare ora, dopo l'importante restituzione del Ritratto della famiglia Campeggi del castello di Dozza, assai più vasta di quanto non fosse fino a solo qualche anno fa. Dal punto di vista dell'impianto compositivo, caratterizzato da un aulico taglio a tre quarti di figura, risulta particolarmente convincente il confronto con il Ritratto di Euride Manfredi Gozzadini dell'Opera Pia dei poveri Vergognosi a Bologna, la cui palese discendenza pasinelliana mi ha suggerito un riferimento a Giovanni Antonio Burrini. Per la pur nobile tela di Budrio converrà tuttavia, dato il livello qualitativo meno alto e stanti le difficoltà ancora in essere nella ricostruzione della vicenda del ritratto a Bologna tra XVII e XVIII secolo, mantenere un riferimento solo generico.