Museo Internazionale e Biblioteca della Musica
Strada Maggiore, 34
Bologna (BO)
ambito italiano (?)
corno

ottone
mm
diametro campana 270
sec. XIX (1824 - 1824)
I corni e le trombe formano un gruppo di strumenti aerofoni, in cui la generazione della vibrazione e quindi del suono viene causata dalle labbra del suonatore, tese con una certa elasticità, per cui il flusso d'aria proveniente dai polmoni del suonatore è fatto entrare nella cameratura con impulsi periodici. Basta che le labbra del suonatore vengano premute contro l'estremità iniziale della cameratura, quindi senza bocchino. Normalmente gli strumenti appartenenti a questa categoria, però, sono suonati con un bocchino che dà supporto alle labbra e che dirige il flusso d'aria nella cameratura. La forma di tale bocchino può essere tra quella d'un bacino piatto e quella d'un imbuto profondo. Questo gruppo di strumenti comprende i corni in genere (corni da caccia e da orchestra, tube, cornetti, serpentoni ecc.) e le trombe in genere (trombe in senso stretto, tromboni ecc.).
E' difficile fare una netta distinzione tra corni e trombe. Ripetiamo qui l'ipotesi formulata nel 1979 (van der Meer 1979):
un aerofono è un corno quando è storicamente riducibile a uno strumento aerofono fatto di materiale animale: corno di mammifero unghiato, dente (canino d'elefante o di narvalo), o conchiglia elicoidale di gasteropode marino. Invece un aerofono è una tromba quando è storicamente riducibile a uno strumento aerofono fatto di materiale vegetale, generalmente un tronco scavato.
Nell'età del bronzo furono costruiti corni anche di metallo. Sul territorio dell'Italia attuale si sviluppò ad esempio il cornu, un corno in forma di G, con un tubo della lunghezza di più di tre metri, con una cameratura piuttosto stretta e con un'impugnatura in forma di barra che attraversa la G.
Tali strumenti erano raffigurati già dagli Etruschi, dai quali li adottarono poi i Romani.
Anche il Medioevo conosceva corni di metallo, in parte di forma semicircolare - corni di tale forma furono suonati come strumenti militari ancora nel secolo XVIII e all'inizio del XIX - poi con una o più spire quasi circolari dal secolo XIV - di questa forma era generalmente anche il cornetto da postiglione, in uso dal Cinquecento sino all'Ottocento - infine, dal secolo XIX, anche in forma di tromba (i fliscorni). Oltre che nell'esercito e da parte dei postiglioni, tali strumenti erano usati nella caccia.
I corni primitivi di metallo hanno una cameratura con un diametro assai largo, all'ingresso tra 1 e 1,6% della lunghezza del tubo. Con un tale diametro sono possibili, come nel caso dei corni di materiale animale, poche note: il fondamentale e forse il primo armonico. I cornetti da postiglione e i fliscorni hanno diametri iniziali più stretti, intorno allo 0,7 e 1% della lunghezza. Con tali strumenti sono possibili sino a sei o sette note.
I grandi corni da caccia con spire quasi circolari subirono uno sviluppo in Francia nella seconda metà del secolo XVII: tali corni hanno un diametro estremamente stretto. Il diametro iniziale è di 7 mm, mentre nei secoli XVII e XVIII la lunghezza poteva variare tra 2500 e 4500 mm. Il diametro all'ingresso è quindi tra lo 0,3 e lo 0,15% della lunghezza del tubo. Con tali proporzioni il suonatore può produrre un gran numero di armonici, ad ogni modo sino al 16°, con strumenti in tonalità basse addirittura sino al 20°. E anche vero, però, che con una cameratura così stretta è impossibile produrre il fondamentale.
Nel 1680 il conte Franz Anton von Sporck conobbe tali corni in Francia, da dove li importò nel suo paese nativo, la Boemia. Dalla Boemia la conoscenza di questi strumenti si propagò all'Austria e alla Germania, poi agli altri paesi dell'Europa occidentale.
Con la possibilità di produrre con questi strumenti almeno 15 note, i compositori pensarono all'utilità di tali corni nell'orchestra, e infatti vari compositori del secolo XVIII diedero voci soliste a corni di questo genere. Si pensi ad esempio al primo concerto brandenburghese di Johann Sebastian Bach.
I nn. inv. 1851 e 1851bis di questa collezione (schede nctn 00000044 e 00000045) sono questi corni semplici. Poiché con tali strumenti è possibile suonare solo gli armonici e le loro varianti, si chiamano corni naturali. Strumenti di questo genere hanno soprattutto due svantaggi. In primo luogo sono possibili solo tra 15 e 20 armonici, la cui intonazione - ad esempio quella del 7°, 11°, 13° e 14° - non è giusta, ma correggibile tramite l'imboccatura. In secondo luogo tale corno naturale ha sempre una determinata tonalità: sono possibili soltanto gli armonici sopra un determinato fondamentale. Quest'ultimo fatto spiega la restrizione delle tonalità nelle opere barocche che includono un corno: sono quasi sempre in Sib, Do, Re o Fa maggiore.
Il primo problema - quello del numero ristretto di note producibili - venne risolto forse già nella prima metà del secolo XVIII, ma la risoluzione venne formulata da Anton Joseph Hampel a Dresda nel suo metodo per il corno solo intorno al 1750. Inizialmente il corno era in genere suonato col padiglione in alto; poi Hampel rovesciò lo strumento: la mano sinistra del suonatore tiene lo strumento, il cui padiglione si trova ora sul lato destro del suonatore, che ci immette la mano destra. Tappando così l'uscita della cameratura, il suonatore può abbassare ognuno degli armonici d'un semitono, d'un tono o addirittura d'una terza minore. Mozart compose le sue opere per corno, specie i suoi concerti per corno e orchestra, e Beethoven la sua sonata per corno e fortepiano per tali strumenti naturali con la mano destra del suonatore che tappa il padiglione. Ovviamente i compositori e gli ascoltatori chiudevano un occhio - o piuttosto un orecchio - sul fatto che le note "tappate" avevano un timbro alquanto nasale contrastante col timbro aperto degli armonici. E' ovvio che il corno inv. 1852bis (scheda nctn 00000046) - ancora un corno naturale - veniva suonato "a mano", dato che il colore nero dentro il padiglione è assai logorato.
Il secondo problema - quello dell'unico fondamentale - fu risolto da un lato da Johann Werner a Dresda intorno al 1750, dall'altro da Anton Kerner a Vienna approssimativamente un decennio più tardi. La soluzione del Kerner consiste nell'applicazione d'una serie di ritorte d'imboccatura. Il principio di tali ritorte che servono per cambiare il corista del fondamentale era già conosciuto nel 1684. L'innovazione del Kerner consiste nel fatto che i corni del tipo da lui inventato possono essere usati praticamente in tutte le tonalità. Tali corni sono accordati in tonalità alte: generalmente in Do alto con un fondamentale teorico di Do1, ma a volte in Sib alto, con un fondamentale teorico di Sib0. La lunghezza del tubo per Do alto è di circa 2450 mm, quella per Sib alto di circa 2725 mm. Per la tonalità più alta s'inserisce solo un cannello d'imboccatura tra il bocchino e il pezzo d'imboccatura. Per realizzare delle tonalità più basse, una serie di ritorte d'imboccatura con spire quasi circolari, da inserire tra il bocchino e il pezzo d'imboccatura, serve per allungare il tubo e così abbassare il fondamentale. Generalmente vi sono ritorte per Sib alto (se il corno è in Do alto), poi per La, Sol, Fa, Mi, Mib, Re, Do basso e Sib basso. In alcuni casi v'è anche una ritorta supplementare per abbassare il fondamentale d'un semitono, con cui è possibile cambiare la tonalità di Do alto in Si alto, di La in Lab, di Sol in Fadiesis, di Re in Reb, e di Do basso in Si basso. Un tale corno a ritorte è il 1852bis di questa collezione (scheda nctn 00000046).
La soluzione di Werner consiste nell'aggiunta d'un pezzo in forma d'arco (o di U) attraverso la spira principale. I gambi di questo pezzo possono incrociarsi, dove si allontanano dalla spira principale, o meno. Nel pezzo in forma d'arco s'introduce ad ogni modo la pompa generale del corno, con cui è possibile accordare lo strumento. Nel corno di Werner ci sono, però, varie ritorte scorrevoli in forma d'arco, eventualmente con una o più spire piccole alla curvatura. Tali ritorte possono sostituire la pompa generale, hanno lunghezze variabili, e possono così cambiare la tonalità del corno.
La pompa generale per accordare il corno risultò così pratica che un pezzo in forma d'arco (o di U) attraverso la spira principale - con o senza gambi incrociati - con pompa generale venne introdotto anche nel corno del tipo Kerner, in cui, però, la pompa non veniva sostituita con ritorte scorrevoli per cambiare la tonalità, ma in cui la tonalità si cambiava con introduzione di ritorte in forma di spira tra il cannello e il pezzo d'imboccatura. Per tale ragione, il corno 1852bis (scheda nctn 00000046), che è del tipo Kerner con ritorte tra il bocchino e il pezzo d'imboccatura, ha sempre il pezzo in forma d'arco (o di U) attraverso la spira principale, con la pompa generale.
Il vantaggio, sia del corno di Kerner sia di quello di Werner, è che il suonatore può suonare in varie tonalità senza portare con sé una dozzina di corni. Restano due svantaggi. In primo luogo, anche con questi tipi di corno rimane escluso un cambiamento rapido di tonalità. In secondo luogo, tali corni sono sempre strumenti naturali, coi quali le note tra gli armonici possono essere prodotte solo con la mano situata nel padiglione. Resta quindi la qualità nasale di certe note.
Per risolvere questo problema vennero introdotte le valvole. Quando un suonatore aziona una valvola, è aggiunto un pezzo di tubo che allunga la cameratura e abbassa così il fondamentale e tutti gli armonici. Negli strumenti moderni - corni, trombe, fliscorni, tube, a volte anche tromboni - ci sono normalnente tre valvole. La prima abbassa il fondamentale e gli armonici d'un tono, la seconda d'un semitono, la terza d'una terza minore. Quando il suonatore aziona le singole valvole, a volte anche una combinazione di valvole, egli può realizzare una scala cromatica con un ambito di tre ottave e mezzo, per lo meno nei corni. Nel secolo XIX la tonalità normale per un corno a valvole è Fa, ma a volte erano usati corni in Mib. Anche nei corni a valvole c'è il pezzo in forma d'arco (o di U) attraverso la spira principale - con o senza gambi incrociati - con la pompa generale. Secondo il principio del corno del tipo di Werner la pompa generale poteva essere sostituita con una ritorta scorrevole d'una lunghezza differente che poteva cambiare il fondamentale e gli armonici d'un corno a valvole. I pezzi di tubo aggiunti avevano anche pompe per accordare. S'intende che, quando si cambia la tonalità del corno, i pezzi di tubo aggiunti debbono essere cambiati proporzionalmente tramite le pompe delle valvole. Il corno inv. 1840 (scheda van der Mer 85) è uno strumento a valvole con una pompa generale per la tonalità di Fa, che in origine probabilmente poteva esser sostituita con una ritorta scorrevole per la tonalità di Mib.
I primi strumenti a valvole furono costruiti verso il 1815 in Germania. Erano trombe, mentre le valvole furono applicate ai corni e ad altri tipi di strumenti alcuni anni più tardi. Il fatto che il corno esaminato in questa scheda porti la data 1822, prova che esso appartiene ai primissimi strumenti a valvole in genere, ed è probabilmente il primo assoluto in Italia.
I corni invv. 1847 e 1840 di questa collezione (rispettivamente presente scheda e scheda van der Meer 85) hanno valvole cilindriche, il primo d'una forma sinora sconosciuta. I primi strumenti a valvole ne avevano solo due, una per il tono, una per il semitono. Il fatto che i corni suddetti abbiano solo due cilindri, prova che questi strumenti appartengono agli albori degli strumenti a valvole.
Ancora oggi il corno con valvole è suonato con la mano destra nel padiglione, mentre quella sinistra aziona le valvole.