Museo Internazionale e Biblioteca della Musica
Strada Maggiore, 34
Bologna (BO)
Tieffenbrucker Wendelin
notizie 1591-1611
arciliuto

legno di tasso/ verniciatura parziale,
legno di palissandro,
legno di conifera,
legno di frutto,
legno di mogano,
legno/ verniciatura,
ferro
mm
Misure del guscio: lu. 527//la. massima 358 (a 167 dall'estremità inferiore)//h. 155.,
Misure attuali della tavola: lu. 508//distanza tra l'estremità superiore e il centro della rosetta superiore 139//i centri delle rosette inferiori 197//il bordo anteriore del ponticello attuale 405//catena 7: 58//catena 6: 105//catena 5: 158//catena 4: 19,
Misure del ponticello: la. 17//h. 9.,
Misure delle parti ottocentesche e con queste: lu. del manico 212//la. del manico 101-113//lu. del cavigliere per gli ordini tastabili con la tratta 787//distanza tra il posto per il capotasto sul manico e l'estremità superiore della tratta 766//lu. del c
sec. XVII, sec. XIX (1609 - 1609)
n. 1749
Solo il guscio di questo liuto è di Wendelin Tieffenbrucker. La tavola ed eventualmente il ponticello sono antichi, ma presi da un altro strumento, mentre la sovrastruttura risale al secolo XIX. La cassa ha una sagoma tondeggiante (lu. = circa 1,47 volte la la. massima), ma è piuttosto piatta (11. = circa 0,45 volte la la. massima).
Il guscio sembra essere quello d'un liuto tenore. E composto di 45 doghe di tasso separate da filetti di legno tinto nero. La calotta è composta di cinque doghe di tasso, pure separate da filetti di legno tinto nero. Dove non si estende la calotta, c'è una doga addizionale di palissandro lungo il bordo. Lo zocchetto superiore è quello originale, e conserva ancora buchi per due chiodi con sezione quadrata, con cui il manico originale era fermato. In un'epoca abbastanza recente una travetta di legno di albero da frutta è stata messa sotto lo zocchetto originale. Per fermare la travetta, questa è stata fissata con una vite forgiata a mano. All'estremità inferiore del guscio c'è un occhiello di ferro. La tavola è antica, però non apparteneva al guscio di Wendelin Tieffenbrucker, ma ad uno strumento col guscio più grande, probabilmente ad un arciliuto. Nella tavola di conifera sono ritagliate tre rosette, una più piccola in alto, due più grandi sotto la rosetta piccola. Le rosette sono tagliate su base esagonale.
L'incatenatura della tavola non è quella originale. Ora ci sono sette catene trasversali, molto approssimativamente sulla base della divisione in nove. La catena 5 attraversa la metà inferiore della rosetta superiore, la catena 4 i centri delle rosette inferiori. La rosetta superiore è rinforzata con catenine, le rosette inferiori sono rinforzate con due catene addizionali e con catenine. Prima del restauro mancavano porzioni delle catene 6 e 7 dal lato degli ordini bassi, e c'erano ancora altre catene verso l'estremità inferiore della tavola, evidentemente non originali. Tra le catene la tavola era rinforzata con squadretti, probabilmente neppure essi originali. Le catene 1, 2, 3, 5, 6 e 7 portano una numerazione in inchiostro 1, 2, 3, 4, 5 e 6. All'estremità inferiore dalla tavola ci sono una catena curva dalla parte degli ordini bassi e uno squadretto dalla parte degli acuti. Catene, catenine e squadretti sono di conifera. - Che questa incatenatura non sia quella originale, traspare dal fatto che sulla faccia interna della tavola ci sono tracce di un'altra incatenatura, non più ricostruibile nei dettagli. Si vedono tracce di catene trasversali, e anche di un'altra catena curva dal lato degli ordini bassi, molto più vicino al bordo attuale della tavola, dal che si può concludere che la tavola fu in origine più grande.
Il ponticello di mogano tinto nero con baffi ha fori per 6 ordini doppi tastabili e per 8 bordoni singoli. E un ponticello da arciliuto, e potrebbe appartenere alla tavola. Se questa ipotesi è giusta, il ponticello è stato spostato in alto, perché verso l'estremità inferiore della tavola ci sono altre tracce d'un ponticello. Anche queste ultime tracce conducono alla conclusione che in origine la tavola fu più grande.
La sovrastruttura intera risale probabilmente al XIX secolo, ma non dopo il 1866. Il manico di legno tinto nero è piuttosto grossolano e troppo largo. Non c'è traccia di un'estensione della tavola sul manico. Il manico dà posto a sette legacci; quello originale ne può aver avuto otto, ma allora deve essere stato più lungo di almeno 50 mm. Il manico è piatto davanti; non c'è tastiera separata. Non c'è Capotasto per gli ordini tastabili. Un pezzo di legno tinto nero col cavigliere per gli ordini tastabili e una tratta lunga è applicato dietro il manico. Il cavigliere per i bordoni, pure di legno tinto nero, senza capotasto, è applicato con una vite di dietro all'estremità superiore della tratta. Il cavigliere per gli ordini tastabili dà posto a 6 ordini doppi, quello dei bordoni a otto corde singole. I piroli di mogano hanno una testa in forma di campana con un bottoncino in cima.
Il guscio è verniciato color marrone.

Le cetre in senso generico sono cordofoni semplici. Le altre categorie dei cordofoni sono tutte in qualche maniera composite. Una di queste categorie è formata dai liuti in senso generico, i quali, oltre la cassa, hanno per lo meno un manico. Le corde si trovano a breve distanza dalla cassa e dal manico e corrono parallele a questi. Strumenti appartenenti a questa categoria sono ad esempio il violino, la chitarra, il mandolino napoletano.
Sul manico le corde possono essere raccorciate anche senza una tastiera speciale, ma in tal caso è difficile raccorciarle oltre il manico sulla tavola armonica della cassa. In certi casi le corde vengono raccorciate anche oltre il manico, sulla tavola armonica della cassa. In questi casi è sovrapposta al manico una tastiera che si estende sopra la tavola della cassa. Si pensi alle chitarre e ai mandolini dal secolo XIX in poi, alle cetere, e a quasi tutti gli strumenti ad archetto (le pochettes, le lire da braccio e da gamba, le viole da gamba, le viole d'amore e le viole da braccio, tra cui è noto soprattutto il violino). Un caso intermedio è da registrare ad esempio in molti liuti anche senza tastiera speciale. Tali strumenti possono avere alcuni tasti fissi (si veda sotto) oltre il manico sulla tavola armonica.
Dove devono essere raccorciate le corde sul manico o sulla tastiera per ottenere determinate note? In certi casi non c'è sul manico o sulla tastiera alcuna indicazione di dove raccorciare, ed è la pratica del suonatore che gli fa mettere le dita nelle posizioni giuste. Tali casi sono ad esempio la viola d'amore e il violino. In altri casi le posizioni in cui le corde devono essere raccorciate per la produzione di determinate note sono indicati sul manico o sulla tastiera per mezzo di tasti. Questi possono essere di minugia e in tal caso legati attorno al manico o alla tastiera. Allora si chiamano legacci, che incontriamo ad esempio nei liuti, nella maggior parte dei mandolini del vecchio tipo, nelle chitarre prima della seconda metà del secolo XVIII, nelle lire da gamba, nelle viole da gamba. I tasti possono anche essere d'un materiale poco elastico (metallo, legno, avorio), e allora essere inseriti nel manico o nella tastiera, come nelle chitarre più recenti, nelle chitarre battenti, nei mandolini napoletani, nelle cetere.
La tastiera è un elemento che s'incontra anche nelle cetre in senso generico (monocordi, cetre in senso specifico), ma in tali casi si tratta sempre dell'adozione d'un elemento di per sé tipico per i liuti in senso generico.
Sino al tardo Medioevo non è sempre possibile distinguere nettamente tra strumenti a corde pizzicate, e strumenti a corde strofinate. A partire dal secolo XVI si sviluppano tipi specifici nel quadro delle due categorie. Pertanto facciamo qui la distinzione netta tra:
1. liuti in senso generico a corde pizzicate;
2. liuti in senso generico a corde strofinate.
Nella categoria dei liuti in senso generico a corde pizzicate sono da distinguere per lo meno nove tipi. In questa sede trascuriamo gli strumenti assai rari che ad ogni modo non sono rappresentati in questa collezione (la pandora, il penorcon, l'orpharion, il colascione) e ci limitiamo a trattare i gruppi seguenti:
- liuti in senso specifico;
- mandolini del vecchio tipo,
- chitarre e le chitarre battenti;
- mandolini napoletani;
- cetere.
I liuti in senso specifico almeno per due secoli e mezzo sono stati strumenti di assai grande importanza, persino gli strumenti a pizzico più importanti e usati. Nel corso di questo periodo (i secoli XVI, XVII e la prima metà del secolo XVIII) risulta una differenziazione molto ramificata, ma generalmente tutti questi differenziati strumenti hanno due caratteristiche in comune: sono composti d'un guscio e d'un manico con cavigliere, e hanno corde attaccate al ponticello. In casi molto rari si trovano liuti in senso specifico con corde attaccate all'estremità inferiore della cassa, e liuti senza guscio con elementi della kithàra.
Circa la trattazione dei liuti in senso specifico con guscio e con corde attaccate al ponticello si rinvia al paragrafo 3.1.2.1.1.1 del catalogo di van der Meer (pp. 95- 100).
Wendelin Tieffenbrucker fu membro della famiglia Tieffenbrucker proveniente dalla regione intorno a Füssen, e più esattamente dal villaggio di Tieffenbruck. Non c'è dubbio che a Padova lavorassero dei Tieffenbrucker come costruttori di liuti e di lire da gamba. Ci sono, però, incognite biografiche.
Ci sono tre tipi di etichetta. Nel primo il costruttore si chiama "Vendelinus Tieffenbrucker". (Wendelin è un nome tedesco piuttosto frequente nel meridione, etimologicamente non un diminutivo, ma indicante un rapporto coi Vandali.) Tali etichette s'incontrano solo dopo il 1559. - Il secondo tipo porta la dicitura "Vvendelio Venere de Leonardo Tieffenbrucker". Qui è menzionato un Leonardo Tieffenbrucker, di cui "Vvendelio" fu "venere" (forse "genero"). Tali etichette s'incontrano dal 1551 al 1590. - Nel terzo tipo il costruttore si chiama semplicemente "Vvendelio Venere". Questa etichetta di trova in strumenti dal 1591 al 1611. Per complicare la situazione, ci sono due marchi a fuoco. Uno strumento del 1595 porta il marchio WT, mentre un certo numero di strumenti che sembrano risalire al secolo XVII (uno porta la data 1611) ha il marchio WE.
Con questi dati è impossibile arrivare a una conclusione ineccepibile. Sembra, però, che ci fossero per lo meno due costruttori: Vendelinus o Vvendelio che fu forse genero di Leonardo Tieffenbrucker, che lavorò approssimativamente sino al 1595 e che usava il marchio WT, e Vvendelio Venere - forse un figlio del primo - che lavorò dal 1591 al 1611 e che usava il marchio WE. Se questa ipotesi corrisponde ai fatti, lo strumento descritto sopra con la data 1609 proviene dalla bottega del secondo costruttore.