Città Metropolitana di Bologna
via Zamboni, 13
Bologna (BO)
Galli Ferdinando detto Bibiena
1657/ 1743
dipinto

tela (?)/ pittura a tempera,
legno intagliato,
legno dorato
cm. 465 (la) 213 (a)
sec. XVIII (1700 - 1740)
n. 152
In un vasto ambiente architettonico si snoda il trionfo di un personaggio in costume cinquecentesco nero issato su di una quadriga e circondato da armigeri vestiti di rosso. Aprono il corteo, sulla destra, dei musici e dei vessilliferi con insegne del Senato romano. Un gruppo di figure in nero ai piedi d'una scalinata attendono il corteo, al quale assistono spettatori dalle balconate. Cartigli ed iscrizioni fanno riferimento alla romanità. Sul lato destro del dipinto si staglia una statua equestre su alto piedistallo riportante iscrizione frontale: sotto il portico si scorge una statua di Ercole vista da tergo. Sul fianco sinistro del dipinto, sotto un'ampia volta a lacunari, si svolge un'altra scena con gruppo di persone sopra una scalinata. Il dipinto appare opera di due mani distinte: l'una per la prospettiva, l'altra per le figure. La tela è racchiusa in una pregevole cornice in legno intagliato e dorato con motivi di fogliame a volute.

Il dipinto è elencato nell'arredo ceduto da Aldobrandino Malvezzi de'Medici all'Amministrazione Provinciale nell'atto d'acquisto del palazzo di via Zamboni n° 13. Atto registrato a Bologna il 17 giugno 1931.
Secondo l'estensore della scheda del dipinto (in corso di pubblicazione, catalogo Marsilio ed.), d.ssa Silvia Medde, l'opera faceva parte "ab antiquo" della collezione di quadri dei Malvezzi de' Medici e che proprio la famiglia bolognese ne abbia commissionato la realizzazione, anche se il quadro non compare mai negli inventari dei beni compilati nel XVIII secolo. Viste le rilevanti dimensioni e la conseguente scarsa adattabilità del pezzo ad altri ambienti, è assai probabile che la sua attuale collocazione coincida con quella originaria, cioè il grande salone delle feste dell'appartamento nobile del palazzo.
Secondo la d.ssa Medde la matrice bibienesca, evidente nelle dimensioni monumentali e nella magniloquente articolazione degli spazi della raffigurazione, è riconducibile alla diretta influenza e, con ogni probabilità, alla paternità di Ferdinando Bibiena. Insieme ai numerosi elementi lessicali che, grazie agli insegnamenti da lui impartiti presso l'Accademia Clementina di Bologna divennero tipici della scuola bolognese. Esiste un innegabile riferimento a un rame de "L'Architettura Civile preparata sulla geometria e ridotta alle Prospettive" del 1711. Ad esso è ispirata l'organizzazione della rappresentazione, ed in particolare l'elegante edificio che fa da sfondo alla narrazione. Consonanze stilistiche si possono inoltre ravvisare con le pitture note di Ferdinando o riconducibili ai suoi collaboratori più immediati, ad esempio il dipinto raffigurante "Atrio Magnifico" della Pinacoteca Civica di Fano, le cui tinte tendenti al monocromo e l'indubbia resa bidimensionale dei partiti architettonici richiamano puntualmente le caratteristiche della grande tela in esame.
Sempre secondo l'estensore della scheda, l'attività del Bibiena per i Malvezzi de' Medici può essere contestualizzata nell'ambito dei lavori di rifacimento della scala nobile del palazzo della famiglia, commissinati dal Marchese Giuseppe intorno al 1725. Sebbene rivendicato dall'architetto Torreggiani e riferita da alcuni studiosi a Francesco Bibiena, la sua ideazione è stata attribuita a Ferdinando dal Malaguzzi Valeri che potè consultare i disegni autografi, non più rintracciabili presso il fondo familiare.
Il dipinto, arricchito da una pregevole cornice intagliata e dorata su fondo originariamente laccato di nero, è evidentemente dedicato all'illustrazione di un episodio di storia familiare e di intesa quindi a celebrarne il nobile casato. E' certo di qualche importanza il fatto che proprio il già ricordato Marchese Giuseppe Malvezzi ereditò il cognome ed i beni del ramo de' Medici nel frattempo estintosi per motivi di discendenza. Dovendo ricercare il soggetto della raffigurazione in ambito cinquecentesco, come sggerisce l'abbigliamento dei suoi protagonisti, è plausibile che esso si riferisca a Lorenzo di Battista, capostripite del ramo Malvezzi de' Medici grazie al privilegio concessogli da Papa Leone X nel 1520, ed in particolare alla importante ambasciata di cui venne incaricato dai bolognesi presso il pontefice Giulio II a Roma nel 1512, al fine di riallacciare i rapporti fortemente compromessi a seguito del rientro dei Bentivoglio in città.
Con l'intento di celebrare l'impegno civico del Malvezzi e, di riflesso del suo lontano successore, egli è raffigurato forse nel momento del rientro a Bologna, scortato dagli armigeri ed atteso dai colleghi che avevano precedentemente fallito la missione, chiamato a riferire delle notizie provenienti dall'Urbe (il corteo è infatti preceduto da due uomini con vessilli su cui è scritto S.P.Q.R.) in un ideale Campidoglio dedicato alla memoria del tirannicida Giunio Bruto.