Pinacoteca Civica "Graziano Campanini"
Via Rizzoli, 2
Pieve di Cento (BO)
manifattura Barovier & Toso
vaso

vetro/ soffiatura/ decorazione applicata a caldo
cm. 22 (a)
sec. XX (1930 - 1939)
n. 19
Vaso in spesso vetro blu con inclusioni di avventurina, "morise" laterali in cristallo modellato a caldo.

Barovier & Toso è il nome attuale di quella manifattura che, pur sembrando operante dal 1878, nasce nel 1884 con Giovanni Barovier insieme ai nipoti Giuseppe, Benvenuto e Benedetto, assumendo il nome di "Artisti Barovier" e affermandosi ben presto per la raffinatezza di una produzione che tentava di svecchiarsi rompendo in qualche modo i legami con il passato. Per questo è alla Ca' Pesaro, e non alle Esposizioni Biennali Internazionali d'Arte dove partecipava l'arte ufficiale, che compariranno i loro vetri murrini, fra le cose più belle uscite dalla loro fornace. Nel 1919, con l'entrata nella società di Ercole e Nicolò, figli di Benvenuto, e Napoleone, figlio di Giuseppe, diviene "Vetreria Artistica Barovier & C.". Si dimostra subito fondamentale l'apporto di Ercole come direttore artistico e instancabile ideatore di nuovi modelli e tecniche: a lui si deve, infatti, l'introduzione a Murano del vetro spesso e pesante, già in uso in Francia, ma ancora guardato con diffidenza nell' isola. Nascono così i vetri "Primavera" in un materiale bianco finemente retinato accostato al nero lucente dei fili che delimitano gli orli e formano le anse, i vetri "Crepuscolo" o "Gemmati", del 1935-36, che costituiscono le prime prove della tecnica della colorazione a calcio senza fusione, e i "Rostrati" del 1938, dagli effetti di brillante sfaccettato. Nel 1936, separatosi dal fratello Nicolò, Ercole si associa alla "SAIAR Ferro Toso" costituendo la "Ferro Toso e Barovier", che nel 1939 diventerà "Barovier Toso & C." e nel 1942 "Barovier & Toso", fino ad oggi. Nel dopoguerra Ercole si dedica prevalentemente a nuove sperimentazioni sul colore, producendo vetri a tessere dai colori molto vivaci, e alla rielaborazione dì antiche tecniche come quelle del vetro a murrine, con la serie, negli anni '60 e '70, dei "dorici", dei "caccia", dei "rotellati". Nel 1951, quando espone le sue opere all"Angelicum" di Milano, la critica premia il suo impegno riconoscendogli "una fertilità e un'abilità creativa tali da doverlo annoverare fra i nostri migliori vetrai viventi". Muore nel 1974 e nella conduzione dell'azienda gli succede il figlio Angelo che, sulla linea dell'uso invalso a Murano nel Novecento, si avvale della collaborazione di numerosi designers; lui stesso, d'altra parte, è designer e pittore con alle spalle varie esposizioni in Italia ed all'estero.