Musei di San Domenico
Piazza Guido da Montefeltro, 12
Forlì (FC)
Palmezzano Marco
1455-1463/ 1539
dipinto

tavola/ applicazione su supporto/ pittura a tempera
cm. 215 (la) 221 (a)
altezza con cornice 238//larghezza 225
sec. XVI (1506 - 1506)
n. 42
In un'arcata decorata da grottesche su fondo oro si svolge la scena della Comunione degli Apostoli. Gli apostoli sono inginocchiati davanti al Cristo in piedi. San Giovanni tiene il calice in mano e Cristo ha l'ostia.

L'opera si trovava in origine sull'altare maggiore del Duomo di Forlì. Dalla Cronca Albertina e dalla Cronaca di Andrea Bernardi si ricava che l'ancona fu posta sull'altare grande il primo ottobre 1506, in occasione della visita di Papa Giulio II. Verso la fine del Seicento, durante il vescovato di Giovanni Rasponi, fu tolta dall'altare e dimenticata fino al 1812 quando, per ordine del Vescovo Baratti, fu restaurata da Paolo Angeli e collocata nella Cappella di San Valeriano. Nel 1840 fu trasferita nel Palazzo Vescovile e nel 1880 fu ceduta alla Pinacoteca. Il Vasari ricorda della pala una predella con storie di San'Elena, perduta. La cimasa con la Pietà è nella Galleria Nazionale di Londra. Lo stesso Vasari nella "Vita di Jacopo da Palma e di Lorenzo Lotto" ne fa menzione come opera di Nicolò Rondinelli, poi, nella "Vita del Genga", corregge l'errore restituendola al Palmezzano. Il dipinto fu esposto alla mostra sulle opere del Palmezzano del 1938 e in quell'occasione Gnudi (1938) scrisse: "Fu considerata a lungo il capolavoro dell'artista. E' una delle sue opere di maggiore impegno, ma di quelle che d'altra parte già più rivelano i suoi limiti. Lo spazio determinato dell'architettura scenografica non serve ai personaggi affastellati in primo piano. Si è perduto l'equilibrio delle pale di Faenza e di Matelica: l'intenzione scoperta del grandioso contrasta con la scarsa consistenza plastica delle figure e con la insufficiente determinazione spaziale. Il colorismo è giunto ad un massimo di risonanza e di violenza di accostamenti, su di una superficie compatta quasi di smalto. L'opera è importante perché segna la svolta del Palmezzano verso la magniloquenza compassata e vuota di tante opere tarde, determinata dall'insufficienza, che si fa in lui tanto più palese quanto più egli si allontana dal ricordo del maestro, a sostenere con coerenza un ritmo intenso e grandioso".