Biblioteca Classense
via Baccarini, 3
Ravenna (RA)
Pronti Cesare detto frà Cesare Baciocchi
1626/ 1708
dipinto murale

intonaco/ pittura a fresco
cm.
sec. XVII (1662 - 1663)
La decorazione è distribuita su tutta la superficie della cupola e delle due imbotti laterali; raffigura architetture dipinte e ornati vari, nonché puttini che sorreggono medaglioni dipinti in monocromo giallastro, che sinteticamente illustrano episodi camaldolesi, alcuni dei quali relativi alla vita di San Romualdo. Nei pennacchi, sotto l'imposta della cupola, quattro ovali in monocromo grigiastro recano altrettanti profeti che esibiscono tabelle con iscrizioni. Alla sommità della cupola e nelle imbotti laterali ad essa è un cielo aperto nel quale sono inserite figurette angeliche volanti.

Gli affreschi che qui si presentano sono collocati in un piccolo vano adiacente la sala che viene definita dalle fonti "nuova sagrestia". Questa, di cui era in opera la sola muratura esterna, venne ultimata tra il giugno 1658 e il maggio 1663: "Nel sud.° Mese di Giugno [1658] si cominciò la fabrica della nuova sagrestia, come appare ne' libri, e scritture del P.re Cam.go [...] Il R.mo P.re Abb.e Marino cominciò la Nuova Sagrestia nel luogo, e vaso, ove prima stavano i Tinacci, riducendolo a quel termine, in che hora [1660] si trova" (Memorie diverse 1628-1688, cc. 48r e 50v). L'ambiente destinato a tale funzione venne così decorato da "due bellissime colonne di Porfido Crinito, trovate sotto l'ombra del campanile di Classe fuori" (Memorie diverse cit., c. 54v), dagli stucchi di mastro Lorenzo da Cesena (1659), da una boiserie che racchiude la Resurrezione di Lazzaro, a memoria dell'antica intitolazione dell'ospedale, di Francesco Zaganelli da Cotignola, da affreschi del padre Cesare Pronti nella cappellina (dicembre 1662- maggio 1663: cfr. 1658. Fabrica della Sagrestia, del Dormitorio Grande e della Libreria, libretto di cc. 47 in Archivio di Stato di Ravenna, Corporazioni Religiose Soppresse, Classe n. 390).
La facilità di esecuzione, visibile a distanza ravvicinata, non è smentita dalla sicurezza usata nella conduzione, sia pur veloce, di un lavoro non raffinato, ma di sicuro effetto. La pluralità dei punti di fuga è in funzione di una complessa enfatizzata realizzazione di una struttura di spazio illusivo. Il fatto che Pronti portasse ad esecuzione da sé interventi che sarebbero stati di competenza di un quadraturista-scenografo, spiega la singolarità di una tipologia unitaria degli schemi spaziali e decorativi da lui adottati nelle sue diverse imprese decorative per la strutturazione degli spazi interni e, in questo caso specifico della sagrestia di Classe, segna l'introduzione di un gusto, che risulterà poi tipico di Pronti, per un andamento delle decorazioni a ritmi sequenziali, scanditi dall'alternanza di elementi quadraturistici a piccole zone di cielo aperto, animate da figurette che goffamente si librano in volo recando cartigli palme e corone. Una simile soluzione la si vede anche nelle volte delle prime due cappelle, a destra e a sinistra, della chiesa di San Romualdo.
Il testo canonico per lo studio della biografia di Cesare Pronti è il libro di Lione Pascoli, Vite de' pittori, scultori ed architetti moderni, in due volumi, che, pubblicato a Roma dal 1730 al 1736 e dedicato ai re Vittorio Amedeo e Carlo Emanuele di Sardegna, ha trovato già nel Settecento critici severi, specialmente nell'erudito Bottari. Del Pronti, Pascoli fornisce soprattutto un medaglione aneddotico, contrariamente alla maggior precisione (o meglio alla volontà di precisione) dimostrata verso gli artisti che considerava come pilastri portanti dell'edificio del grande barocco romano, di cui egli ci rappresenta soprattutto la parte finale. La biografia di Pronti tracciata da Pascoli è corredata solo dalla citazione di qual'che impresa pittorica dell'artista e da qualche giudizio che rivela un atteggiamento benevolo verso il pittore romagnolo. Ma Pascoli, che conobbe personalmente Pronti, si scordò di chiedergli l'esatta cronologia delle opere delle quali gli aveva fornito l'elenco e, per la sopravvenuta morte del pittore, non fu poi più in grado di ricostruirla.
Comunque, Pascoli ricorda che Pronti "colorì l'altare della sagrestia de' monaci camaldolesi di Classe". Dalla sagrestia di San Romualdo proviene, con buona probabilità, la Deposizione di Cristo dalla croce, dipinto in monocromo bruno rossiccio, una tecnica questa frequentemente impiegata da Cesare Pronti, oggi conservato nella Pinacoteca comunale dì Ravenna. Il quadro, ricondotto a Pronti da Corrado Ricci (1914, p. 126) e a lui mantenuto da A. Arfelli (1936, p. 24), da A. Martini (1959, p. 140) e ultimamente da A. Mazza (1988, pp. 129-130), mostra, pur in una composizione di impostazione canonica, quel brio narrativo che è possibile verificare nel ciclo riminese delle Storie di San Gerolamo, pur esso di Pronti, ed è riconducibile allo stesso lasso di tempo, cioè intorno al 1687, anno di composizione dei quadretti riminesi secondo la ricostruzione di L. Tonini (1842, p. 40). Nella Pinacoteca comunale di Ravenna è conservata anche una piccola tela raffigurante una Madonna col Bambino e Santi, pervenuta al museo nel 1899 dalla collezione privata di Enrico Pazzi e attribuita dubitativamente a Cesare Pronti da A. Martini. Forse sarà stata la mancanza di un inquadramento cronologico e di un giudizio veramente critico a relegare il Pronti un po' nell'ombra. Gli studiosi, almeno fino alla breve citazione di Francesco Arcangeli nel catalogo della Mostra della Pittura del '600 a Rimini (1952), lo hanno trascurato e ancor oggi si attende un lavoro complessivo su questo artista. Viroli nel decennio scorso, ha potuto riesumare in Ravenna qualche opera inedita o dimenticata.