Biblioteca Classense
via Baccarini, 3
Ravenna (RA)
Pazzi Enrico
1818/ 1899
statua

marmo bianco/ scultura
cm. 36 (la) 63 (a) 24 (lu)
sec. XIX (1859 - 1859)
n. 302220
Jacopo Landoni è rappresentato in età giovanile con il bel volto, appena ruotato verso destra, sorridente, con capelli fitti e mossi che terminano nelle folte basette.

Il busto raffigurante il poeta Jacopo Bandoni fu eseguito dopo la sua morte per volere del conte Federico Corradini e del dottor Saturnino Malagola, i quali si fecero promotori di una sottoscrizione pubblica per erigere nella chiesa di San Giovanni Evangelista, sotto la prima cappella a sinistra un monumento funebre. Consisteva in una grande lastra marmorea, sormontata da un busto, "cui modellò Tobia Bagioli e mise in opera Enrico Pazzi" (Muratori, p. 93). Sulla lapide era incisa la seguente epigrafe: IACOBO - LANDONIO / POETAE - EDITIS - OPERIBVS
- CLARO / HVMANITATIS - POLITIORIS - DOCTORI / VIRO - INGENIO - ACRI - FESTIVISSIMO / O - XII - KAL - SEXTIL - AN - M - DCCC - LV
/ AETATIS - EIVS - LXXXIII / RAVENNATES / CONLATA - STIPE - POSVERE / MVNICIPI - SVO / PATRIAE - ORNAMENTO. L'opera, citata la prima volta nelle Guida di Ravenna del Ribuffi (1869), secondo Santino Muratori, è molto somigliante e lascia trasparire dal sorriso annunciato e dal volto aperto, l'interna vita dello spirito. Jacopo, uomo affascinante anche a dispetto del il viso leggermente butterato dal vaiolo era alto e dotato di grande vigore. L'effige realizzata da Enrico Pazzi nel 1859, come si evince dalla firma riportata sul fianco destro, è stata spostata alla Classense presumibilmente nel 1920-21, allorché la Basilica di San Giovanni Evangelista fu rimaneggiata e le furono tolti anche gli altari laterali, o in altro periodo successivo a queste date. In una edizione della guida di Corrado Ricci (1917) il busto è segnalato come ancora esistente in una cappella della navata sinistra di San Giovanni Evangelista, nel quale edificio era presente anche la statua al sepolcro Fabiani, sempre dello stesso Pazzi. Invece, nella successiva edizione del Ricci (1923), è ancora ricordata la statua Fabiani ma non si menziona più monumento Landoni. Il busto rappresenta un giovane Landoni dal quale traspare la sua inclinazione all'irrisione ed allo sberleffo, insomma l'umore spiritoso del poeta. Peccato che una scheggiatura presente nella parte terminale del naso ne comprometta un po i bei lineamenti. Jacopo Landoni nacque a Ravenna il 25 luglio 1772. Il padre Luigi esercitava le funzioni di pubblico notaio. Rimasto orfano in tenerissima età, Jacopo venne accolto in Seminario dal quale fu dimesso ben presto poiché non si applicava nello studio. Si recò all'Università di Padova per studiare, anche qui con scarso profitto, medicina. Proprio alla vigilia dell'occupazione francese, ritornò a Ravenna per dedicarsi con molto impegno al movimento rivoluzionario scrivendo anche alcuni libelli in versi contro il Governo pontificio. Durante il breve periodo della Restaurazione del 1799 cercò di fare marcia indietro per non perdere il posto di Maestro di Retorica che aveva conseguito durante il dominio napoleonico; arrivò persino a scrivere inni reazionari e religiosi, ma fu ugualmente dimesso dalla cattedra. Quando ritornarono per la seconda volta i francesi, dovette vivere ancora miseramente perché si era attirato l'ostilità dei nuovi padroni per le sue satire che non risparmiavano le autorità cittadine.
Nel 1806 si trovò nella necessità di doversi trasferire altrove, e precisamente a Bologna dove aprì una scuola privata e ebbe a discepolo il giovanissimo Gioacchino Rossini. Dopo un breve ritorno a Ravenna fu eletto nel 1824 professore di eloquenza a Pesaro dove si dedicò alla traduzione dal latino delle Storie Ravennati di Girolamo Rossi. Di queste diede però alle stampe soltanto il Libro Ottavo. Il nome di Jacopo Landoni è rimasto notissimo a Ravenna come di spirito bizzarro e burlevole e di lui si raccontano ancora oggi molte beffe rimaste popolari nella tradizione ravegnana. Il racconto biografico compiutamente tracciato da Muratori (1907) e l'analisi delle opere di Landoni offrono documenti interessantissimi e tracce importanti del tempo in cui egli si trovò a vivere. Nel luglio 1855 Jacopo fu colpito dal colera che da otto mesi falcidiava l'Italia intera. Morì il 21 luglio, a quasi 83 anni. Fu sepolto in prossimità del muro di cinta del cimitero comunale ed in seguito fu spostato nella già citata chiesa San Giovanni Evangelista. Di Enrico Pazzi va ricordato che, nell'autobiografia pubblicata nel 1887 e ristampata di recente (Scardino 1991), lasciò una laconica memoria di aver scolpito nel 1859 il busto del Landoni.