Biblioteca Classense
via Baccarini, 3
Ravenna (RA)
ambito ravennate
dipinto

tela/ pittura a olio
cm. 23 (la) 29 (a)
sec. XVIII (1700 - 1799)
n. 302116
Vespasiano è ritratto a mezza figura di spalle con il corpo ed il viso nell'atto di torcersi verso l'osservatore. Nella mano sinistra regge il bastone del comando. In evidenza l'elsa della spada retta dalla cintura in basso.

Il dipinto appartiene ad una serie di sei Imperatori Romani copie della serie dei dodici Cesari incisa da Aegidius Sadeler (Anversa, 1570-Praga, 1629) che riproduce il ciclo, perduto, degli Imperatori Romani, realizzato da Tiziano per una sala del Palazzo Ducale di Mantova fra il 1536 ed il 1539. I dipinti subirono una sorte infausta: dopo essere stati venduti a Carlo I d'Inghilterra nel 1627-28 passarono in seguito in Spagna dove andarono distrutti nell'incendio dell'Alcazar avvenuto nel 1734. In realtà solo undici tele erano di Tiziano: quella raffigurante Domiziano e solitamente attribuita a Giulio Romano è invece opera di Bernardino Campi, eseguita nel 1562. Si comprende dunque l'importanza sotto il profilo iconografico delle incisioni di Sadeler e delle numerose copie da esse derivate, anche se prima lo storico Calvacaselle (sec. XIX) e poi Pallucchini (1980) rilevano una certa forzatura retorica nella rappresentazione dei personaggi tanto che essi rasentano il grottesco ed una eccessiva teatralità. La serie di Sadeler, insieme ai ritratti dedicati alle dodici Imperatrici (molto distanti dai lavori di Tiziano, come sottolineava Gori-Gandellini nel 1771), fu probabilmente eseguita a Mantova durante il suo soggiorno avvenuto fra il 1593 ad il 1594. Tutte le ventiquattro stampe vennero acquistate e ristampate da Marcus Sadeler all'incirca nel 1640 e sicuramente furono da questi restaurate e reincise.
Va ricordato che una prima serie di Imperatori risale all'inizio degli anni trenta del Cinquecento, prima che Tiziano ponesse mano alla sua, ad opera presumibilmente di Michele Sanmicheli che scolpì la serie per decorare le chiavi d'arco delle finestre al piano terra del Palazzo Bevilacqua in Verona. Nel 1543 venivano edite a Roma le Vite di Svetonio tradotte da Paolo del Rosso (editore Antonio Blado Asulano), ristampate a Venezia nel 1554 (editore Il Grifio). Palladio, intorno al 1555 commissionava al Vittoria una serie di stucchi per Palazzo Tiene a Vicenza, fra i quali erano raffigurati anche alcuni Cesari; poco dopo a Villa Poiana faceva realizzare a Bernardino India entro alcune nicchie figure intere di alcuni Imperatori. Nel 1561 a Venezia vengono pubblicate le "Vite di tutti gli imperatori" di Pietro Messia mentre nel 1564 (Franzoni 1970, p. 23) per il completamento di Palazzo Bevilacqua a Verona vengono eseguiti altri tre busti di Cesari, ora conservati presso il Museo di Castelvecchio, mai posti in opera. Insomma l'elenco potrebbe continuare a lungo tenendo conto anche di tutte le copie che per tutto il Seicento e oltre si fece della serie degli Imperatori (inclusa la nostra).
Anche questa serie di sei dipinti della Classense con molta probabilità derivano da quest'ultima ristampa. Essi provengono dal Palazzo Spreti di Ravenna come si evince da un elenco dattiloscritto conservato nella Biblioteca Classense (Armadio E. K5 / 32) redatto il 31 dicembre del 1913. In realtà le tele provenienti dalla nobile dimora (30 x 24) erano otto, due delle quali risultano irreperibili. Il confronto con l'altra serie di sei tele raffigurante Cesari, sempre conservata alla Classense, fa subito emergere che trattasi di due mani differenti: la calligrafia di queste piccole tele è corsiva e denuncia una pratica "...espressiva e formale basata sull'accesa densità dei trapassi di luce e colore" (Viroli 1993).
L'iscrizione identificativa si intravede appena ma non è leggibile.