pianoforte

legno di abete,
legno di bosso,
legno di ciliegio,
legno/ pittura a finto legno di ebano,
osso,
piombo,
ottone,
pelle
mm
1)
sec. XVIII (1750 - 1799)
n. 614
Tastiera:
la tastiera, di 55 note, ha per ambito si/0 - fa/5. Le leve dei tasti sono ricavate da un pannello di abete. I tasti sono appesantiti con pezzetti di piombo non originali. I tasti sono guidati da un perno anteriore. I tasti diatonici sono ricoperti di lastrine di bosso con doppia traccia a graffietto; i loro frontalini sono lastrine piane di bosso. I blocchetti dei tasti cromatici, di legno ebanizzato, sono ricoperti con lastrine di osso. I tasti presentano due numerazioni, una originale della fine del XVIII secolo e una del secolo successivo. Il telaio è in legno di ciliegio.
Meccanica:
i martelli hanno azione ascendente, indiretta ('Prellmechanik' primitiva): imperniati in sedi ricavate nel lato destro di ciascun tasto, innescano tramite l'urto con la cordiera dello strumento. Alcuni sono originali, altri successivi e quattro mancano del tutto. La corsa discendente è fermata da una guida di filo di ottone. Le teste dei martelli, rivolte verso il fronte dello strumento, sono rivestite di pelle. I martelli sono di ciliegio. Il moto dei martelli, in questo strumento, è generato da un prototipo di 'Prellmechanik'; da cui si svilupperà, in seguito, la cosidetta meccanica 'Viennese'.
Gli smorzatori, la cui sede è evidente, non sono pervenuti.
Lo strumento ha due ginocchiere.
Nella parte frontale destra in basso è fissata una targhetta in ottone con inciso: "SPINETTA DI G.SARTI/DONO CAV. O.RICCIARDELLI".

Pianoforte a tavolo della fine del XVIII secolo, dalla meccanica molto primitiva. Uno strumento con meccanica analoga è conservato al Museo del Castello Sforzesco di Milano. Nessuna firma, data o iscrizione.
Per quanto riguarda la targhetta che compare nella parte frontale, vi è da aggiungere che Giuseppe Sarti (Faenza 1729 - Berlino 1802) fu compositore di buona levatura, soprattutto di opere teatrali di ispirazione napoletana. Organista del duomo di Faenza, passò a Copenhagen, Roma, Venezia e San Pietroburgo. Morì durante il viaggio di ritorno in Italia.
Tuttavia, a parte la targhetta, non sono conservate prove documentarie dell'appartenenza dello strumento che parrebbe non provenire quindi dalla collezione Minardi. Sarti, tuttavia, andò a Copenhagen nel 1753 e non tornò a Faenza. Lo strumento è successivo al 1753, per cui l'attribuzione è perlomeno dubbia.