Musei di Arte Antica - Palazzina Marfisa d'Este
Corso Giovecca, 170
Ferrara (FE)
manifattura di Oudenaarde
arazzo

lana,
seta
cm. 290 (la) 315 (a)
sec. XVII (1600 - 1635)
Arazzo, trama di lana e seta, densità dell'ordito: 4 fili per cm. Ricomposto, integrato e consolidato nel 1971-1972, l'arazzo è in buone condizioni, ma mostra evidenti tracce dei danni subiti in passato. La campitura figurata presenta numerose integrazioni e, nell'angolo inferiore destro, una toppa formata da più pezze riportate da una bordura; taluni dettagli risultano sbiaditi e confusi; le cromie verdi sono virate verso il blu. Quanto alla bordura, il montante laterale sinistro, il fregio superiore e il tratto più alto del montante destro sono sbiaditi e qua e là integrati, ma non radicalmente rimaneggiati; i due terzi inferiori del montante destro sono formati da due pezze originali riposizionate nel 1971-1972, dopo essere state precedentemente spostate nel fregio inferiore; il fregio inferiore è integralmente ritessuto.
Raffigura la decapitazione di Oloferne da parte di Giuditta, alla presenza dell'ancella che tende un sacco entro cui verrà celata la testa mozzata. In primo piano sono le figure dei soldati assiri e fungono da quinte alla scena. In fondo è una veduta delle case e delle torri della città di Betulia assediata. La bordura presenta motivi floreali , figurette grottesche e un pappagallo. Nei tre tondi al centro dei fregi laterali e superiore sono illustrati: la Fenice ad ali aperte tra le fiamme che la rigenerano, tre uccelli in volo e due cervi davanti a un paesaggio, da intendersi come allegorie di tre Elementi (Fuoco, Aria e Terra); l'Acqua doveva essere illustrata nel perduto medaglione del lato inferiore.

I rimaneggiamenti sono gli effetti di un restauro eseguito da Alfredo Clignon a Firenze, presso il Gabinetto restauri arazzi e stoffe della Soprintendenza alle Gallerie di Firenze. Le vicende più antiche dell'arazzo sono ignote. Rientra tra gli acquisti di antichi arredi effettuati nel 1938 da Nino Barbantini per le stanze della Palazzina Marfisa. Era di proprietà Bachiero a Venezia. Esposto nel 1938 nella Sala del Camino della Palazzina Marfisa, è stato successivamente collocato presso la Sala della Giunta del Palazzo Comunale di Ferrara.
Barbantini, che pubblica quest'ultimo per la prima volta, lo giudica fiammingo, del secolo XVI. La critica successiva ne precisa la cronologia alla seconda metà di quel secolo e ne ravvisa l'origine in un atelier di Bruxelles. Ma la fattura grossolana del panno, la trama per lo più di lana, con una minima quantità di seta, la gamma limitata di colori, lo stile figurativo tardo-cinquecentesco, l'ornato affastellato della bordura escludono un'origine di Bruxelles. Si tratta sicuramente di una manifattura provinciale delle Fiandre meridionali, probabilmente a Oudenaarde.
Pare che il tema Giuditta e Oloferne fosse un cavallo di battaglia degli arazzieri di Oudenaarde attivi tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII secolo, come testimoniano manufatti conservati a Dussen, a San Francisco, in collezione privata francese.