San Leo

Forte di San Leo
San Leo

via Giacomo Leopardi
San Leo (RN)
tel 0541 926967
Sulle alture del Montefeltro alle spalle di Rimini – tra Romagna, Marche, Toscana e Repubblica di San Marino - l’enorme sperone calcareo di San Leo domina da più di 600 metri il versante orientale dell’alta val Marecchia, che collega l’Adriatico alla Toscana aretina e alla valle del Tevere.

Una postazione strategica
La posizione geografica di cerniera e le insormontabili difese naturali conferirono da tempi remoti primaria importanza strategica al mons Feretri, che forse fortificato già in epoca romana fu presidio ostrogoto durante la guerra greco-gotica, e poi longobardo.
Parte dei territori dati dai re carolingi al Patrimonio di San Pietro, e dedicato all’eremita dalmata compagno di san Marino, il sito è attestato dal IX secolo quale sede vescovile della diocesi montefeltrana, a lungo legata alla Chiesa di Ravenna e poi passata, come quella riminese, alle dirette dipendenze della Chiesa romana.
Tra le maggiori piazzeforti del regno italico, la sua conquista nel 963 da parte di Ottone I di Sassonia dopo un lungo assedio segnò la definitiva sconfitta di Berengario II, qui asserragliatosi ad estrema difesa, consentendo all’imperatore di riunire la corona italica a quella germanica.

La rocca dei Montefeltro
Dal tardo XII secolo furono signori del luogo, traendone il nome, i Montefeltro conti di Montecopiolo, membri di un gruppo consortile comprendente i Malatesta, i Faggiolani e i Carpegna. Di probabile origine ravennate, queste famiglie, emerse nel territorio feretrano dopo l’estinzione dei conti di Bertinoro, furono protagoniste delle lotte politiche di Rimini, a cui i Montefeltro giurarono il ‘cittadinatico’ nel 1228 con i Carpegna, dodici anni dopo i Malatesta e sei prima dei Faggiolani.
Nonostante i tentativi del papa, i cui diritti sulla Romagna vennero riconosciuti dall'imperatore nel 1278, di imporre un controllo diretto su San Leo, tra Due e Trecento i Montefeltro consolidarono il loro potere sulle alte valli feretrane, estendendolo fino ad Urbino con il vicariato imperiale esercitato per conto di Federico Barbarossa, poi con la signoria concessa da Federico II nel 1213 ed effettiva dal 1234.

Le lotte con i Malatesta
Nei due secoli successivi i crescenti contrasti per il controllo della val Marecchia e di quelle contigue con i Malatesta - attestati nella vicina Verucchio e divenuti signori di Rimini poi di Cesena - portarono a ripetuti scontri per il possesso della rocca, più volte passata di mano e riconquistata infine nel 1441 dal giovane Federico da Montefeltro grazie a una ardita scalata delle ripide pareti dello sperone roccioso.
Divenuto duca di Urbino, nel 1462 Federico inflisse a Sigismondo Pandolfo Malatesta – che si era inimicato il papato alleandosi con Venezia, potenza emergente in Romagna dopo l’annessione di Ravenna – una sconfitta decisiva, costringendo in breve tempo i Malatesta a restituire alla Chiesa prima gran parte dei domini riminesi, poi quelli cesenati.

Il forte rinascimentale
Negli anni Settanta il Duca di Urbino affidò all'ingegnere militare senese Francesco di Giorgio Martini – autore anche del palazzo ducale di Urbino - il compito di riedificare la rocca di San Leo per adeguarla alle nuove tecniche militari imposte dall’avvento dell’artiglieria, nel quadro di un progetto complessivo che coinvolse le maggiori strutture militari del Ducato.
Il complesso preesistente – un recinto con mastio centrale circondato da torri quadrangolari scarpate - venne ridisegnato facendo del possente mastio acuminato proteso a est il culmine di un sistema militare che coinvolgeva l’intero massiccio roccioso, imperniato sui principi di una controffensiva dinamica basata su direzioni di tiri incrociati.
Circondato al livello inferiore da una alta cortina di mura a collegamento di due possenti torrioni cilindrici, l’apparato comprendeva una serie di piazzali posti a livelli differenti a raccordo dei diversi corpi di fabbrica, con presidi di artiglieria posti in posizione laterale e diversi avamposti a protezione delle vie di accesso, defilate rispetto alla traiettoria delle artiglierie nemiche. Nella parte superiore della struttura un edificio dedicato a residenza comprendeva l'appartamento ducale dotato di eleganti camini.
Esempio di fortezza militare per Machiavelli, ‘mirabile arnese di guerra’ secondo il Bembo, massimo presidio del Ducato urbinate, il forte rappresentò uno dei maggiori esempi di architettura fortificata rinascimentale e di riuscito raccordo tra parte naturale e costruita.

Dai Dalla Rovere allo Stato della Chiesa
Occupato a due riprese nel 1502, per breve tempo, da Cesare Borgia, San Leo tornò dopo la sua sconfitta a Guidobaldo da Montefeltro.
Estinto nel 1508 il casato montefeltrano, il forte passò con il Ducato agli eredi Della Rovere, che lo recuperarono nel 1527 dopo un decennio di occupazione fiorentina; sotto il governo roveresco San Leo perse la sede diocesana, divenuta suffraganea di Urbino nel 1563 e trasferita a Pennabilli nel 1569.
Il declino di San Leo divenne definitivo dopo la devoluzione del ducato di Urbino allo Stato della Chiesa nel 1631: persa nel nuovo contesto politico ogni funzione militare, come già era accaduto alle altre fortezze romagnole, la rocca venne adibita a carcere - tra i prigionieri celebri l’alchimista esoterista conte di Cagliostro e il patriota Felice Orsini - divenendo poi dal 1906 al 1915 alloggio militare.

Il Forte oggi
Importanti interventi di restauro, accompagnati da indagini archeologiche promosse dall’Università di Urbino e dalla Soprintendenza competente hanno consentito l’apertura al pubblico della Fortezza, che ospita anche un museo dedicato alla storia dell’architettura militare nel Montefeltro e alle vicende storiche di San Leo, insieme a una raccolta di mobili e armi quattro-ottocentesche.

VISITA
Posta al culmine dell’altissimo sperone roccioso, la fortezza sovrasta il borgo con la cattedrale di San Leone, il palazzo mediceo, la torre civica e la pieve.
L’accesso dal borgo mostra due poderosi torrioni circolari e il paramento murario a scarpa con cordolo e fasciatura a beccatelli. All’interno della cinta si accede a una corte aperta interna, dalla quale si entra nel torrione maggiore che accoglie una raccolta di armi antiche di varie epoche, cannoni, alabarde, balestre, armature. Il torrione settentrionale è dovuto a una ricostruzione ottocentesca dell’architetto Giuseppe Valadier.
All’interno, la parte di ponente del castello, la più antica, è dominata da due torri quadrangolari sporgenti; la parte di levante termina con un saliente ad angolo acuto, imbricato con la roccia strapiombante.
All’interno, la residenza ducale rinascimentale ospita raccolte varie; il piano nobile presenta arredi d’antiquariato di epoche diverse e una piccola pinacoteca. Al livello superiore, un tempo carcere e alloggio militari, sono gli spazi espositivi ed una raccolta di armi novecentesche. Una torretta quadrata racchiude la cella ove fu recluso Cagliostro.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Marecchia,
via Marecchiese Aretina
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Montefeltro,
Malatesta,
Dalla Rovere
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Le fortificazioni 'alla moderna'
Bibliografia
via Giacomo Leopardi
San Leo (RN)
tel 0541 926967
Sulle alture del Montefeltro alle spalle di Rimini – tra Romagna, Marche, Toscana e Repubblica di San Marino - l’enorme sperone calcareo di San Leo domina da più di 600 metri il versante orientale dell’alta val Marecchia, che collega l’Adriatico alla Toscana aretina e alla valle del Tevere.

.
Una postazione strategica
La posizione geografica di cerniera e le insormontabili difese naturali conferirono da tempi remoti primaria importanza strategica al mons Feretri, che forse fortificato già in epoca romana fu presidio ostrogoto durante la guerra greco-gotica, e poi longobardo.
Parte dei territori dati dai re carolingi al Patrimonio di San Pietro, e dedicato all’eremita dalmata compagno di san Marino, il sito è attestato dal IX secolo quale sede vescovile della diocesi montefeltrana, a lungo legata alla Chiesa di Ravenna e poi passata, come quella riminese, alle dirette dipendenze della Chiesa romana.
Tra le maggiori piazzeforti del regno italico, la sua conquista nel 963 da parte di Ottone I di Sassonia dopo un lungo assedio segnò la definitiva sconfitta di Berengario II, qui asserragliatosi ad estrema difesa, consentendo all’imperatore di riunire la corona italica a quella germanica.

La rocca dei Montefeltro
Dal tardo XII secolo furono signori del luogo, traendone il nome, i Montefeltro conti di Montecopiolo, membri di un gruppo consortile comprendente i Malatesta, i Faggiolani e i Carpegna. Di probabile origine ravennate, queste famiglie, emerse nel territorio feretrano dopo l’estinzione dei conti di Bertinoro, furono protagoniste delle lotte politiche di Rimini, a cui i Montefeltro giurarono il ‘cittadinatico’ nel 1228 con i Carpegna, dodici anni dopo i Malatesta e sei prima dei Faggiolani.
Nonostante i tentativi del papa, i cui diritti sulla Romagna vennero riconosciuti dall'imperatore nel 1278, di imporre un controllo diretto su San Leo, tra Due e Trecento i Montefeltro consolidarono il loro potere sulle alte valli feretrane, estendendolo fino ad Urbino con il vicariato imperiale esercitato per conto di Federico Barbarossa, poi con la signoria concessa da Federico II nel 1213 ed effettiva dal 1234.

Le lotte con i Malatesta
Nei due secoli successivi i crescenti contrasti per il controllo della val Marecchia e di quelle contigue con i Malatesta - attestati nella vicina Verucchio e divenuti signori di Rimini poi di Cesena - portarono a ripetuti scontri per il possesso della rocca, più volte passata di mano e riconquistata infine nel 1441 dal giovane Federico da Montefeltro grazie a una ardita scalata delle ripide pareti dello sperone roccioso.
Divenuto duca di Urbino, nel 1462 Federico inflisse a Sigismondo Pandolfo Malatesta – che si era inimicato il papato alleandosi con Venezia, potenza emergente in Romagna dopo l’annessione di Ravenna – una sconfitta decisiva, costringendo in breve tempo i Malatesta a restituire alla Chiesa prima gran parte dei domini riminesi, poi quelli cesenati.

Il forte rinascimentale
Negli anni Settanta il Duca di Urbino affidò all'ingegnere militare senese Francesco di Giorgio Martini – autore anche del palazzo ducale di Urbino - il compito di riedificare la rocca di San Leo per adeguarla alle nuove tecniche militari imposte dall’avvento dell’artiglieria, nel quadro di un progetto complessivo che coinvolse le maggiori strutture militari del Ducato.
Il complesso preesistente – un recinto con mastio centrale circondato da torri quadrangolari scarpate - venne ridisegnato facendo del possente mastio acuminato proteso a est il culmine di un sistema militare che coinvolgeva l’intero massiccio roccioso, imperniato sui principi di una controffensiva dinamica basata su direzioni di tiri incrociati.
Circondato al livello inferiore da una alta cortina di mura a collegamento di due possenti torrioni cilindrici, l’apparato comprendeva una serie di piazzali posti a livelli differenti a raccordo dei diversi corpi di fabbrica, con presidi di artiglieria posti in posizione laterale e diversi avamposti a protezione delle vie di accesso, defilate rispetto alla traiettoria delle artiglierie nemiche. Nella parte superiore della struttura un edificio dedicato a residenza comprendeva l'appartamento ducale dotato di eleganti camini.
Esempio di fortezza militare per Machiavelli, ‘mirabile arnese di guerra’ secondo il Bembo, massimo presidio del Ducato urbinate, il forte rappresentò uno dei maggiori esempi di architettura fortificata rinascimentale e di riuscito raccordo tra parte naturale e costruita.

Dai Dalla Rovere allo Stato della Chiesa
Occupato a due riprese nel 1502, per breve tempo, da Cesare Borgia, San Leo tornò dopo la sua sconfitta a Guidobaldo da Montefeltro.
Estinto nel 1508 il casato montefeltrano, il forte passò con il Ducato agli eredi Della Rovere, che lo recuperarono nel 1527 dopo un decennio di occupazione fiorentina; sotto il governo roveresco San Leo perse la sede diocesana, divenuta suffraganea di Urbino nel 1563 e trasferita a Pennabilli nel 1569.
Il declino di San Leo divenne definitivo dopo la devoluzione del ducato di Urbino allo Stato della Chiesa nel 1631: persa nel nuovo contesto politico ogni funzione militare, come già era accaduto alle altre fortezze romagnole, la rocca venne adibita a carcere - tra i prigionieri celebri l’alchimista esoterista conte di Cagliostro e il patriota Felice Orsini - divenendo poi dal 1906 al 1915 alloggio militare.

Il Forte oggi
Importanti interventi di restauro, accompagnati da indagini archeologiche promosse dall’Università di Urbino e dalla Soprintendenza competente hanno consentito l’apertura al pubblico della Fortezza, che ospita anche un museo dedicato alla storia dell’architettura militare nel Montefeltro e alle vicende storiche di San Leo, insieme a una raccolta di mobili e armi quattro-ottocentesche.

VISITA
Posta al culmine dell’altissimo sperone roccioso, la fortezza sovrasta il borgo con la cattedrale di San Leone, il palazzo mediceo, la torre civica e la pieve.
L’accesso dal borgo mostra due poderosi torrioni circolari e il paramento murario a scarpa con cordolo e fasciatura a beccatelli. All’interno della cinta si accede a una corte aperta interna, dalla quale si entra nel torrione maggiore che accoglie una raccolta di armi antiche di varie epoche, cannoni, alabarde, balestre, armature. Il torrione settentrionale è dovuto a una ricostruzione ottocentesca dell’architetto Giuseppe Valadier.
All’interno, la parte di ponente del castello, la più antica, è dominata da due torri quadrangolari sporgenti; la parte di levante termina con un saliente ad angolo acuto, imbricato con la roccia strapiombante.
All’interno, la residenza ducale rinascimentale ospita raccolte varie; il piano nobile presenta arredi d’antiquariato di epoche diverse e una piccola pinacoteca. Al livello superiore, un tempo carcere e alloggio militari, sono gli spazi espositivi ed una raccolta di armi novecentesche. Una torretta quadrata racchiude la cella ove fu recluso Cagliostro.


Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione, propri e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.